Mostra a Vercelli "La Magna Charta"
Guala Bicchieri e il suo lascito
(report di visita a cura di duepassinelmistero)

Il 14 Aprile abbiamo visitato l'irripetibile mostra dedicata alla famosa e storica "Magna Charta Libertatum" (Grande Carta delle Libertà), documento duecentesco custodito in sole quattro copie, di cui la meglio conservata si trova nell'archivio capitolare della Cattedrale di Hereford in Inghilterra. Ed è proprio quest'ultima la protagonista della mostra: è la prima volta in assoluto che tale pergamena esce dalla sua patria e viene concessa per un'esibizione. "Come mai è giunta a Vercelli?", si chiederà qualcuno. Il sottotitolo della mostra stessa è un indizio fondamentale: Guala Bicchieri e il suo lascito. Il personaggio (nato a Vercelli nel 1150 e morto nel 1227) fu cardinale e diplomatico presso la Santa Sede, nonchè fondatore della Basilica di Sant'Andrea, di cui nel 2019 ricorrono gli 800 anni dalla fondazione.



La mostra
E' stata inaugurata il 23 marzo e terminerà il 9 giugno 2019, tra pochissimi giorni dal momento in cui stiamo scrivendo. E' allestita nella ex- chiesa di San Marco, attuale polo espositivo Arca. Con la visita alla mostra abbiamo anche potuto ammirare l'antica e sconsacrata chiesa di S. Marco (XIV-XV secolo), che presenta affreschi meravigliosi. Il percorso celebrativo non si limita a questa sede: prosegue infatti (per chi lo desidera) nell'Archivio di Stato di Vercelli, nel Museo Leone, nel Museo del Tesoro del Duomo e nel Museo Borgogna.
In questa sede dell' Arca sono esposti, oltre alla "Magna Charta", alcuni documenti e oggetti appartenuti a Guala Bicchieri o a lui connessi strettamente e che ne rievocano in vario modo le gesta e la fama. Oltre a un paio di ritratti postumi del cardinale (un dipinto di Giovan Battista Ferrari del XVII secolo e un ritratto del 1847 di Pietro Narducci), possiamo conoscere come fossero le sue fattezze reali tramite un sigillo di cera conservato nella Bodleian Library di Oxford, eseguito quand'egli era ancora vivo: si tratta di una riproduzione fotografica fedele all'originale di uno dei sei sigilli esistenti al mondo, che Guala usava per gli atti diplomatici ufficiali. Sul sigillo volle impressa la sua figura, in modo che oggi possiamo avere un'idea di quale volto avesse. Tutti i sigilli sono conservati in Inghilterra, e sono associati a copie della Magna Charta, non ne esiste uno in Italia...
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Tre raffigurazioni di Guala Bicchieri: 1) ritratto in un dipinto di Giovan Battista Ferrari del XVII secolo; 2) un ritratto del 1847 di Pietro Narducci; 3) sigillo in cera naturale del primo quarto del 1200, eseguito quando il cardinale era ancora in vita e considerato il ritratto più attendibile. Il prelato è raffigurato imberbe, con indosso la mitria e la veste pontificale, le braccia aperte in segno di preghiera. Manca il bastone pastorale, che non gli spettava essendo un cardinale presbitero e non un cardinale vescovo
Dagli oggetti in mostra appartenuti al Bicchieri, possiamo intuire che gusti avesse: raffinati e colti. Probabilmente fu un collezionista di oggetti artistici preziosi della sua epoca. Si ritiene che egli, portando con sè gli oggetti raccolti durante i suoi viaggi, abbia importanto il gusto gotico dall'Europa settentrionale a Vercelli. Guala visitò Poitiers, Limoges, Parigi, Canterbury, Oxford, Londra, Salisburgo e da ciascuno riportò un considerevole numero di oreficerie, smalti, reliquiari, paramenti sacri e codici miniati, un vero e proprio tesoro.


In realtà in mostra vi sono 9 medaglioni, ma due di essi appartenevano sicuramente al cofano di cui è mostrata la foto poco sopra. Internamente sono di rame sbalzato con il disco esterno in smalto champlevé con motivi a girali in rame reservé, completati da dischi decorati da motivi floreali. Il cuore dei medaglioni reca coppie di draghetti, con occhi in paste vitree blu, affrontati o sovrapposti; una delle coppie tiene tra le fauci un pesce. Gli altri sette probabilmente provengono da uno o due dei sei cofani appartenuti a Guala perchè presentano uno stile e una tecnica esecutiva simile a quella del fronte del cofano. Al centro sono rappresentati animali, figure fantastiche e un uomo che lotta con un drago, mentre il disco esterno in smalto blu champlevé reca motivi fitomorfi (tipologia che si diffonde a partire dal primo quarto del 1200). I motivi illustrati sui medaglioni del cofano sono estremamente interessanti perchè, oltre ad essere dei capolavori di microscultura dei primi anni del XIII secolo, rimandano alla corte plantageneta, che Guala Bicchieri conosceva bene perchè l'aveva frequentata.
"La serratura in rame sbalzato, traforato, inciso e dorato, raffigura due creature ibride, degli uomini-aquila – con volto e torso maschile e parte inferiore del corpo piumata, con zampe d’uccello – che si affrontano con clave e scudi bombati; le code di questi due esseri terminano con fioroni esotici a tre petali, le cosiddette palmettes-fleurs, un motivo ornamentale proprio del gôut plantagenêt, cioè il gusto raffinato della corte dei sovrani Plantageneti, che nel Medioevo, dopo il matrimonio di Eleonora d’Aquitania con Enrico II Plantageneto nel 1154, esercitarono il loro dominio sulla regione dell’Aquitania nel sud-ovest della Francia, entro i cui confini si trovavano sia Conques che Limoges" (fonte).
Nelle foto seguenti ammiriamo invece i quattro medaglioni che si trovano su uno dei lati corti del cofano esposto in mostra. Abbiamo ritagliato l'immagine per mostrarli a due a due:

Un falconiere a cavallo (a sinistra) con minuziosa descrizione dei dettagli (sella, sottopancia e staffe) e una scena di combattimento di cavalieri a piedi (uno si copre il volto con uno scudo rosso su cui campeggia una stella a sei punte)

Un cacciatore di lepri che porta sulle spalle la trappola di legno e i bastoni che gli sono appena serviti per catturare e uccidere la lepre che tiene nella mano sinistra, e una scena di combattimento di cavalieri a piedi
Sull'altro lato corto troviamo un uomo armato che combatte un leone, un cavaliere e una dama che si abbracciano, una dama che saluta un cavaliere già montato a cavallo, un uomo che uccide un grosso agnello o ariete. Sul cofano di Guala sfilano dunque quei motivi romanici che già occhieggiavano al gusto gotico; motivi militari ma anche legati al tema dell’amor cortese e alla poesia trobadorica, particolarmente apprezzata presso la corte d’Aquitania all’inizio del Duecento. Mancano simboli prettamente religiosi.
Tutto ciò che possedeva Guala, compresa la ricca biblioteca, fu lasciato con legato testamentario all'abbazia di S. Andrea e da lì poi disperso in varie sedi.

La sua funzione non è però quella di arma da offesa ma si ritiene fosse quella di tagliare il pane eucaristico in occasione di Messe solenni, come usava fare nelle abbazie benedettine.
La sua forma è curiosa: guardate la lama... E osservate il breve manico, cioè l'impugnatura: vi si srotolano tre registri con il ciclo dei mesi (4 sul primo, 4 sul secondo, 4 sul terzo). Un lavoro di grande abilità e raffinatezza!
La cosa più enigmatica di tutte, però, è la frase riportata sul coltello, un avvertimento: «Apporterò sventura a chi volesse farmi suo, farò felice chi mi tiene. Nessun altro quindi mi voglia. Bene ciò si intenda anche se sono poca cosa". Un'ammonizione che sembra stridere con la funzione eucaristica dell'oggetto.
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Il coltello eucaristico di Guala Bicchieri visto in alcuni dei suoi dettagli: 1) il manico in legno di bosso finemente intagliato da un abilissimo artigiano esperto nella lavorazione dell'avorio; su tre registri sono rappresentati i mesi dell'anno ripartiti in quadrimestri, con particolare attenzione al ciclo del grano (la semina (Ottobre), l'eliminazione delle erbe cattive (Giugno), la mietitura (Agosto) e la battitura (Settembre); 2) iscrizione latina in distici elegiaci; 3) parte terminale dell'arnese


Altro importante codice in mostra sono le Concordanze bibliche attribuite a Tommaso Gallo (quest'ultimo fu nominato da Guala come suo successore e, di fatto, primo abate di S. Andrea).

Cosa confermata da un ennesimo documento, la "Carta dello studio e degli scolari iscritti nello studio di Vercelli" del 1228, in cui si gettavano le basi per la futura Università che prevedeva il trasferimento a Vercelli dello Studium di Padova. Questo spostamento da parte di rettori e scolari doveva durare almeno 8 anni, utilizzando i 500 alloggi messi a disposizione del Comune vercellese.
Questi documenti sono riuniti, insieme ad altri, in due codici chiamati Biscioni, che sono da sempre conservati nell'Archivio Comunale di Vercelli.
Al termine della visita a questa mostra che ci ha tenuto incollati alle vicende del cardinale Bicchieri, che conoscevamo poco, alla "Magna Charta" (che probabilmente non rivedremo mai più dal vivo), e alle curiosità che abbiamo imparato attraverso i suoi oggetti e i documenti, possiamo riflettere su chi fosse Guala, sulla sua opera di dipomazia ma anche sulla sua personalità sicuramente emancipata, intrisa di un medioevo che- lungi dall'essere buio - fu ricco di scambi ideologici tra nord e sud Europa e oltre (non dimentichiamo che era anche il periodo delle Crociate in Terrasanta). Su quella Via Francigena egli fondò, ricco del bagaglio culturale accumulato nei viaggi e nei rapporti intrapresi, quanto di più bello e utile potesse avere una città aperta al mondo come la Vercelli del XIII secolo.

- E' d'obbligo una visita alla sede dell'esposizione, la ex chiesa di S. Marco, di cui ci limitiamo a pubblicare alcune immagini degli affreschi recentemente recuperati.