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Il vero potere dei Gesuiti in America (1549-1767)
(Yuri Leveratto)
Sette uomini si riunirono nel 1534 a Parigi nell’intento di fondare l’ordine che diverrà succesivamente il piú importante della Cristianità: quello dei Gesuiti. Il loro capo era il basco Ignacio de Loyola. Erano cinque spagnoli, un francese e un portoghese, che fecero voto di povertà, castità e obbedienza incondizionata al papa. La creazione dell’ordine fu proclamata sei anni dopo, nel 1540, a Roma. Inizialmente il papa Paolo III sancì che l’ordine non potesse superare le 60 unità. Già dal suo principio temeva che il potere dei Gesuiti potesse ampliarsi a dismisura, fino a minacciare interi stati e la stessa Chiesa Cattolica.
Alla base della politica di evangelizzazione dei Gesuiti vi era una ferrea lealtà e una cieca obbedienza al papa, che nel secolo XVIII causò anche la sua decadenza ed infine la sua soppressione temporanea. Già dal 1542 uno dei sette fondatori, lo spagnolo Francisco Javier, si recò a Goa, e quindi in Giappone, con il fine di evangelizzare quella parte di mondo (fu seguito poi dal gesuita italiano Matteo Ricci, in Cina). Ma furono soprattutto le Americhe, che nel secolo XVI erano dominate territorialmente da due regni cristiani, quello spagnolo e quello portoghese, l’obiettivo principale dell’evangelizzazione e quindi di una vera e propria colonizzazione gesuita. I Gesuiti, proprio perché l’ordine fu fondato solo nel 1540, entrarono tardivamente in America, (nel 1549, in Brasile). Nel Nuovo Mondo erano già attivi i quattro principali ordini religiosi della Chiesa Cattolica: Francescani, Dominicani, Agustiniani e Mercedari.
Nel 1566 i Gesuiti iniziarono la loro opera di evangelizzazione in Florida en el 1568 giunsero in Perú, a Lima. In quel periodo il Viceregno del Perú era un territorio smisurato che formalmente si estendeva dall’Oceano Pacifico fino alla Linea di Tordesillas, un meridiano che cadeva in piena Amazzonia, ad ovest dell’estuario del Rio delle Amazzoni. Ad est di quella linea vi era il dominio del Portogallo, che diverrà in seguito il Brasile.
I conquistadores spagnoli avevano sottomesso gran parte del continente sud americano, eccetto una parte: l’Amazzonia. Le difficoltà climatiche e orografiche, il caldo umido, le malattie portate dagli insetti e l’ostilità degli indigeni della giungla li avevani fermati, vinti, piegati.
I miti dell’El Dorado e del Paititi li avevano spinti ad attraversare le più alte montagne delle Ande e li avevano indotti ad esplorare le giungle impenetrabili dell’Amazzonia, ma con i loro metodi bruschi e poco astuti avevano fallito.
Vi furono varie spedizioni che risultarono in perdite di vite umane ed enormi fallimenti economici: quella di Pedro de Ursua, che discese il Rio Huallaga alla ricerca dell’El Dorado risultò in una mattanza perpetrata dal sanguinario Lope de Aguirre; quelle di Pedro de Candia e Pedro Anzures Enriquez de Campo Redondo, alla ricerca del Paititi nella zona dell’attuale Madre de Dios e nella zona tropicale di Puno; ed infine la grande spedizione di Juan Alvarez Maldonado alla ricerca del Paititi, nel fiume Madre de Dios, che fu un parziale fallimento e terminò addirittura in scontri tra spagnoli per aggiudicarsi il controllo dell’accesso all'Amazzonia.
Queste spedizioni non avevano dato risultati: non solo non si era trovata la mitica civiltà d’oro, ma non si erano nemmeno fondati villaggi, in pratica la colonizzazione dell’Amazzonia non aveva progredito.
A questo punto il Viceré Francesco de Toledo cambiò strategia. Capì che continuare ad autorizzare spedizioni di avventurieri, che avevano come scopo il rapido arricchimento personale non era più proponibile.
Per poter attuare una duratura colonizzazione dell’Amazzonia, c’èra bisogno di persone saggie che avrebbero potuto conquistare, non con le armi, ma con la croce, le anime dei nativi. I Gesuiti, recentemente arrivati a Lima, erano i più indicati. In quel tempo i due Gesuiti più prominenti erano lo spagnolo Josè de Acosta e il peruviano meticcio Blas Valera, che in seguito fu l’autore del controverso libro “Exul Immeritus Populo Suo”.
Alcuni Gesuiti (come Andres Lopez), già nel 1572 avevano viaggiato fino a Cusco e La Paz, e avevano intrattenuto corrispondenza con gli spagnoli di Santa Cruz, villaggio recentemente fondato dal conquistador Nuflo de Chavez.
Nel 1586 i Gesuiti giunsero a Quito e da quella città andina iniziò la lenta penetrazione nell’Amazzonia, sulle rive dei fiumi Marañón e Ucayali.
Fu nel 1619 che a partire dal villaggio di Borja, i Gesuiti chiesero l’autorizzazione a fondare una missione propria nel territorio del Río Marañón, che fu concessa nel 1632. Nel 1685 giunse in Ecuador il Padre Samuel Fritz, che fu uno dei più instancabili evangelizzatori e colonizzatori della zona amazzonica del Rio Marañón. Là dove non era riuscita la colonizzazione dei conquistadores capeggiati da Pedro de Ursua, i Gesuiti avevano trionfato.
Anche nell’attuale Amazzonia boliviana ci fu una lenta avanzata dei Gesuiti che fondarono vari villaggi nella zona appartenente oggi al dipartimento del Beni (Trinidad fu fondata nel 1687).
La zona dell’America del Sud dove però i Gesuiti furono più attivi fu l’attuale Paraguay, e le zone attigue del Brasile e dell’Argentina, dove dal 1600 al 1760 fondarono una specie di regno utopico, controllato da un capo gesuita sotto la stretta osservanza di severe regole militari. In questo caso gli indigeni Guaraní furono indottrinati al cattolicesimo, ma la loro lingua fu rispettata, e infatti ancora oggi si parla in Paraguay.
In pratica i Gesuiti attuarono con astuzia, evangelizzavano, ma rispettavano, anzi valorizzavano le lingue e la cultura locale, e soprattutto dominavano economicamente gli immensi territori che controllavano; le missioni del Paraguay, della Bolivia e dell’Amazzonia. Il voto di povertà fatto originariamente dai sette fondatori, si riferiva all’arricchimento personale e non a quello della compagnia.
Amministravano con sagacia le loro immense proprietà agricole, e producevano mais, ortaggi, vino, cioccolato, tabacco, vetro, e altri beni che esportavano con successo in Europa. La loro gestione economica era straordinariamente avanzata per l’epoca, e la cosa curiosa fu che i lavoratori delle loro terre non scappavano, e non si sentivano sfruttati, ma giustamente ricompensati per le mansioni svolte. In pratica quella dei Gesuiti fu una delle prime multinazionali, (in concorrenza con la Compagnia brittannica delle Indie orientali), che operava però in modo meno appariscente.
Nel secolo XVIII i Gesuiti avevano aquisito un enorme potere anche in Europa, sia dal punto di vista finanziario che politico. Le grandi monarchie europee fecero pressione sul papa per la soppressione dell’ordine e iniziarono ad attuare l’espulsione dei Gesuiti dai loro domini.
La corona di Spagna, che dominava gran parte del continente americano, percepiva come ingombrante la presenza dei Gesuiti in America, che non solo dominavano economicamente immense porzioni di terre, ma vigilavano anche sugli atti dei governanti politici. In pratica erano visti come agenti del papa in America, quasi in contrapposizione con le due corone, in quanto appunto si sottomettevano solo al papa, ma non ai re.
Si procedette pertanto all’espulsione dei Gesuiti da tutta l’America.
Nel 1754 furono esplusi dal Brasile, e in seguito nel 1759 furono accusati, in Portogallo, di aver organizzato un attentato contro il re.
Nel 1767 furono esplulsi da tutta l’America spagnola, perché accusati, in Spagna di aver organizzato delle congiure. Ma questi furono solo pretesti, le vere ragioni furono economiche e di potere.
Sucessivamente, nel 1773 il papa Clemente XIV decise, sotto pressione del re di Spagna Carlo III di Borbone, di sciogliere l’ordine.
I Gesuiti però non si sciolsero. La maggioranza di essi ripiegarono in Russia dove si riorganizzarono.
Quarantuno anni dopo, nel 1814, il papa Pio VII restaurò l’ordine dei Gesuiti, che, anche se con cambiamenti al suo interno e varie modifiche, esiste ancora oggi.
- Bibliografia parziale: El Marañón y Amazonas, historia de los descubrimientos, Manuel Rodriguez.
(Autore: Yuri Leveratto. L'articolo si trova, in originale, nel sito dell'autore, al link: https://yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=446)