Buongiorno, mi spiace per il ritardo di 11 anni nel commentare il suo articolo molto interessante , non sono uno studioso ma un operaio perditempo che al momento è disoccupato e si annoia molto a casa . Dal mio punto di vista cioè di un lavoratore (si fa per dire ) che ha sperimentato diversi lavori insoliti di vario genere , il Dodecaedro romano e semplicemente uno strumento ad uso alimentare quotidiano abbellito nel tempo ed impreziosito per i vari ceti sociali , dal soldato semplice all'imperatore questo ne determina sia i materiali di costruzione e sia gli intarsi spesso diversificati . Era comodo da portare nelle borse sia durante una marcia e sia per nave o da tenere sulle tavole da pranzo o in cucina . Il Dodecaedro romano era un cuoci uova e anche un porta uova , dodici proprio come una dozzina di uova , e svariati fori per passare dalle uova di quaglia a quelle di piccione , gallina , anatra , oca , ecc ecc . Non solo era comodo adagiare sopra le uova bollite e sbucciarle e mangiarle sode ma anche mangiale con il cucchiaino cochlearium romano , appena sbollentate e ovviamente dal tipo di uovo corrispondeva la misura adeguata del foro per tenerlo immobile . E non è tutto , le cinque protuberanze a ogni lato servivano per rialzarlo affinché per coloro che fossero in viaggio o in marcia o non avessero a disposizione una pentola d'acqua , bastava accendere un piccolo fuoco e appoggiare il dodecaedro munito di uovo in alto, alla brace o al fuoco , le protuberanze o "piedini ", permettevano di far passare l'aria per il fuoco dal basso cosi da cuocere dolcemente l'uovo , mentre gli altri fori evitavano fumo inutile ottimizzando la ventilazione e i materiali più i piedini sottostanti rendevano il Dodecaedro freddo al tatto e si poteva prelevare senza scottarsi le mani e mangiare tranquillamente l'uovo . Credo fosse possibile anche adagiarlo sopra a delle lampade ad olio nel caso alla sera si sentisse il desiderio di mangiare qualcosa in fretta senza faticare troppo ed essendo le lampade già accese per casa , sopratutto per madri con bambini piccoli o per anziani con una dieta particolare , era uno strumento indispensabile a quei tempi , cosi come per i soldati al freddo nelle campagne militari , in tenda oppure per nave dove accendere un fuoco non era sempre possibile . Lampada più Dodecaedro più uova , uguale rimediare una cena o una colazione ovunque vi si trovi e non importa di che uova si tratti , ovviamente struzzo a parte. I rimani amavano le uova , amavano la cucina , e il Dodecaedro e stato trovato ovunque ed era molto diffuso , se era uno strumento militare o di misurazione o divinazione , avrebbero descritto sicuramente questo oggetto per vantarsi della grandezza di Roma e non sarebbe stato un mistero irrisolto fino ad oggi . Credo fortemente che essendo per quei tempi ormai un oggetto ( comune e banale ad uso alimentare come oggi per noi la grattugia del formaggio ) nessuno abbia perso tempo a spiegarne l'uso anche perché era impensabile che l'impero romano sparisse . Per quei tempi comunque era uno strumento portabile molto evoluto non solo per cucinare le uova velocemente o senza scottarsi le mani ma in qualsiasi posto ed in qualsiasi situazione avversa , ed era predisposto per appoggiare sopra qualsiasi uova dal più comune al più raro e pregiato , utilizzato dalle persone più povere in strada fino alle più ricche ed influenti in sontuosi banchetti e durante cerimonie e feste in villa . E sono dell'idea che si potesse usare anche appoggiando sopra intingoli , cere o miele da scaldare rapidamente usandolo come fornello da appoggiare sopra una lampada e su di esso adagiare un piccolo contenitore con dentro quello di cui serviva al momento . ad esempio un soldato che deve scaldare una medicina fatta di grasso animale da spalmare sui muscoli o sui piedi doloranti , una donna che vuole del miele caldo , o scaldare del trucco da mettere sugli occhi , o fragranze di fiori mischiate a cera da sciogliere e profumare in stanza dopo i bisogni fisiologici perpetrati in stanza da letto durante la notte . Certamente non era necessario usare il Dodecaedro per questi ultimi potendo usare direttamente la lampada , ma la comodità nel rimanere sollevato e freddo al tatto e gli appositi piedini che rendevano l'appoggio orizzontale perfetto per ogni contenitore o piccolo tegame , lo rendevano sicuramente utile anche per le cose più disparate . Persino i cerchi e i solchi intorno ai fori servono per non far colare l'uovo scottato e sporcare o perdere il prezioso nutrimento , sopratutto all'immersione della prima cucchiaiata nel uovo . Ovviamente e quello che immagino io dopo aver visto oggi questo strano oggetto e averci ragionato per quasi mezz'ora , a mio parere e l'opzione migliore che ho trovato ,ma sicuramente e la mia esagerata immaginazione a farmi immedesimare con quell'oggetto tra le mani ai tempi di Roma . Spero di essere stato utile ,un abbraccio anche se in ritardo da Delia Christian .
L'ennesima ipotesi riguardo il misterioso Dodecaedro romano
(Giuseppe Sgubbi)
Nonostante il pronunciamento di un nutrito gruppo di studiosi e di professori il Dodecaedro, un reperto di epoca romana, sta passando alla storia come un “oggetto misterioso”. Codesto oggetto ha 12 facce pentagonali, ognuna delle quali ha un foro circolare o ellitico, di diametri diversi.
Al riguardo sono state fatte varie ipotesi, ma solo quella della professoressa Amelia Carolina Sparavigna (Politecnico di Torino) è sembrata particolarmente interessante (1), a suo parere potrebbe trattarsi di uno strumento ottico per misurare le distanze, cioè un telemetro.
A seguito di un approfondito studio effettuato su un dodecaedro, la Sparavigna ha potuto spiegare molto bene ed in modo molto convincente la sua possibile utilizzazione. Una sua affermazione mi ha particolarmente colpito; ruotandolo su sé stesso, era possibile ricavare 6 misure diverse. Questa è stata la “molla” che mi ha permesso per effettuare una ulteriore ipotesi: tale oggetto ben si prestava ad essere usato dagli agrimensori romani, per tracciare la centuriazione.
Più volte mi sono chiesto con quali strumenti gli agrimensori romani effettuassero le necessarie e complesse misurazioni riguardante tale pratica, e probabilmente ho trovato una possibile risposta.
Dodecaedro conservato nel Museo Archeologico di Leiden (Rijksmuseum of archaeology in Leiden, Olanda meridionale), proveniente da Hartwerd (Hartwert), nei Paesi Bassi
- Approfondiamo un po' l'argomento
Una delle prime cose che facevano i romani dopo aver conquistato un' area era quello di bonificarla e di dividerla in appezzamenti, dette centurie, con lo scopo di consegnarle ai coloni.
Come è noto, con un attrezzo detto Groma, tracciavano una strada detta Decumano Massimo (da Est ad Ovest), ed una altra, detta Cardine Massimo (da Sud a Nord). Parallelamente ed equidistante a queste strade, per tutta l'area che intendevano centuriare, ne venivano tracciate delle altre (2).
A seguito di queste operazioni il territorio diventava una scacchiera con identici quadrati o rettangoli, detti centurie, che a sua volta erano oggetto di ulteriori suddivisioni interne.
Le centurie più comuni erano di 20 x 20 Actus, cioè aventi un lato di circa 705 metri ed una superficie di circa 50 ettari, ma in considerazione del fatto che per un insieme i motivi venivano pure tracciate centurie di diverse misure, risulta evidente che vi era la necessita di effettuare moltissime e diverse misurazioni.
Vediamo anzitutto quale era il sistema da loro usato per misurare le distanze lineari.
Le loro misure erano basate sul
- piede (cm 29,57),
- sul passo, che era un doppio passo, 5 piedi (m. 1,48),
- sulla pertica, dieci piedi(m.2,95),
- sull'actus, 120 piedi(m. 35,5 ,
- sul miglio, 1000 passi (1480 metri).
Dal Corpus Agrimensorum (il più importante trattato sulla centuriazione) e da altre fonti, è possibile conoscere lcuni strumenti che gli agrimensori usavano per misurare: il già ricordato asso, la già ricordatePertica, il già ricordato Groma, il poco noto Hodometrom ( uno strumento formato da ingranaggi che, adattato alle ruote di un veicolo, permetteva di misurare le distanze effettuate, più o meno come un conta chilometro) e naturalmente delle funi.
Grazie a tutti questi strumenti, specialmente sui terreni ben livellati, era possibile effettuare delle misurazioni quasi perfette, ma che dire quando ci si trovava di fronte a terreni accidentati, in presenza di corsi di acqua, oppure altri ostacoli naturali? Ecco che sarebbe stato utilissimo poter usufruire di uno strumento che permettesse misurazioni “ad altezza d'uomo”, per esempio un Dodecaedro, purchè provvisto di fori.
Se l'ipotesi della Sparavigna risultasse credibile, non si vedrebbe la ragione per cui gli agrimensori romani, seppur molto preparati ed organizzati per superare le varie difficoltà, potendo disporre di un Dodecaedro, non l'avrebbero usato.
Se questa mia ipotesi trovasse conferma, il Dodecaedro non sarebbe un telemetro, ma piuttosto un telepassus oppure -ancor meglio- un teleactus.
Il Dodecaedro ritovato a Elst (Gelderland), conservato al Museo Archeologico di Leiden, Olanda
- Alcune importanti considerazioni.
Come è noto molti autori di epoca greca (Platone, Pitagora, ecc.), ricordando il Dodecaedro, lo descrivono come una figura geometrica con 12 facce, ma senza fori. Perciò i fori non possono che essere stati aggiunti solo in epoca romana. Da questi antichi scrittori abbiamo pure appreso l'importanza che rivestiva il numero 12, e che da tale numero è derivata la parola Dodecaedro.
Non si può affatto escludere che, grazie a tale derivazione, i romani possano aver scelto fra i solidi Platonici ed adattato alle loro esigenze, proprio un Dodecaedro, strumento che oltre a permettere di disegnare perfette figure geometriche (angolo, rettangolo, quadrato ecc., cosi importanti per la pratica agrimensoria), contiene come numeri di base sia il 12 che il 5, le misure “auree” della centuriazione e dell' astronomia.
Contrariamente alla convinzione generale, il Decumano, la più importante strada della centuriazione, non deriva da Decimano (10) ma da Duodecimano (12), in quanto il percorso di questa strada corrisponde al tragitto effettuato dal sole in occasione dell'equinozio di primavera, perciò divisione del giorno in due parti.
Alla luce di queste considerazioni, e di altre che sicuramente scaturiranno da ulteriori approfondimenti, l'ipotesi ne esce rafforzata.
Note del webmaster:
1) Lo studio della prof.ssa Amelia Carolina Sparavigna (Politecnico di Torino) "Il dodecaedro romano come un telemetro" è scaricabile qui in formato pdf.
2) Si veda l'articolo dell'autore sul "Quintario"
- (Autore: Sgubbi Giuseppe (archeologo dilettante e studioso della centuriazione romana)Joselfsgubbus@libero.it
Pubblicato in dicembre 2013