Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo (VT)
Parte prima
Ricorre quest’anno (da intendersi il 2023, N.d.R.) il V Centenario della nascita del signore di Bomarzo, artefice del Sacro Bosco di Bomarzo e delle sue enigmatiche sculture che costituiscono ancora oggi una delle forme dell’immaginario ermetico-alchemico del XVI secolo, il cui significato resta difficilmente comprensibile per noi moderni.
Se il Sacro Bosco, dopo i primi decenni dalla sua creazione, rimase per secoli ignorato o disprezzato dagli studiosi fin quando non fu riscoperto nel XX secolo, la storia della vita di Vicino Orsini e soprattutto la sua personalità e i suoi moventi nel costruire sia il Castello Orsini di Bomarzo sia, in particolare, il Sacro Bosco solo dalla prima metà del Novecento sono stati oggetto di ricerche e di studi sempre più approfonditi e dettagliati, con risultati non sempre consoni alla reale figura di questo singolare esponente dell’Ermetismo della Tuscia laziale. Tra tutti i ricercatori che hanno cercato di sciogliere i tanti nodi legati alla storia di Vicino Orsini, da Giuseppe Zander a Eugenio Battisti, da Josephime von Hennenberg a Jacqueline Theurillat e Horst Bredekamp, a mio parere il migliore è il testo di Maurizio Calvesi[1], la cui analisi storica ed artistica mi sembrano le più precise e interessanti.
- La vita di Vicino Orsini
Vicino Orsini nacque il 4 Luglio 1523 a Roma da Gian Corrado , degli Orsini del ramo di Mugnano, e da Clarice Orsini, omonima della Clarice sposa di Lorenzo de’ Medici, anch’essa del ramo di Monterotondo, figlia del cardinale Franciotto Orsini e di Violante Orsini, ambedue del ramo degli Orsini di Monterotondo. Il nome, Pierfrancesco II detto Vicino, gli era stato dato dai genitori in segno di riconoscenza nei confronti di Pierfrancesco I Vicino, nonno materno di Clarice, dal quale alla sua morte nel 1503 Gian Corrado aveva ricevuto in eredità il feudo di Bomarzo, in quanto parte dei suoi feudi per fidecommesso testamentario andava in successione per esclusiva linea maschile[2]. Nella foto: 1 –Pastorino de’ Pastorini: medaglione di Pierluigi II Orsini detto Vicino, sec. XVI (British Museum, n° G3,IP.1131 – pubblicazione per uso non commerciale).
Non ci si stupisca sulla complessità dei rapporti genealogici che vado esponendo, perché è solo con la conoscenza dei rapporti interparentali che è possibile comprendere chi fosse Vicino Orsini e quali conoscenze e amicizie fossero parte integrante della sua, per così dire, “rete di contatti”. I legami dovuti alla politica matrimoniale dei diversi rami della famiglia Orsini (v. Albero Genealogico reelizzato dall'autore) consentì di collegarsi a due famiglie di grande importanza per questo secolo: i Medici di Firenze, che sosterranno in molti modi gli Orsini, e i Colonna dei due rami di Paliano e di Palestrina, a cui apparteneva Francesco, l’autore secondo Calvesi e molti altri studiosi della Hypnerotomachia Poliphili, uno dei testi da cui Vicino Orsini prese spunto sia nella costruzione del Castello di Bomarzo che del Sacro Bosco.
Ma Vicino intrecciò anche rapporti con molti artisti e intellettuali del suo tempo dei quali sarebbe lungo fare l’elenco, basti citare Bernardo Tasso, che nella grande schiera di re e di condottieri che salgono “al sommo dell’altiero colle” vede “quel Vicino / ch’ha di pregiato allor cinta la fronte”[3]. I poemi cavallereschi dei Tasso padre e figlio e di Ludovico Ariosto sono considerati dal Calvesi tra le probabili fonti delle sculture del Sacro Bosco.
- Il periodo della vita militare
Vicino nacque in una famiglia di condottieri e di guerrieri e questa fu la prima attività della sua vita, ma accompagnata dai primi studi e conoscenze che gli consentirono più avanti negli anni di giungere alla fondazione del Sacro Bosco.
Della sua vita militare ricorderò soltanto che dal 1545 (ma il Calvesi pensa di poter retrodatare l’inizio della sua carriera alla battaglia di Perpignano del 1542) fu al servizio della Curia di Roma e degli Spagnoli suoi alleati fino all’abbandono della vita militare intorno al 1557.
In precedenza, forse nel 1543[4], Vicino aveva soggiornato per alcuni mesi a Venezia, città che forse già conosceva perché il padre vi si era rifugiato al tempo del sacco di Roma nel 1537 forse (ma non è certo) con tutta la famiglia. In quest’anno aveva partecipato alle riunioni di un circolo che faceva capo a Pietro Aretino, di cui facevano parte una poetessa famosa al suo tempo, Franceschina Baffo, elogiata dagli scrittori del suo tempo tra cui Giuseppe Betussi, a cui si deve tra l’altro il Dialogo amoroso, in cui elogia più volte Vicino Orsini, e la pubblicazione commentata del Della genealogia degli dei del Boccaccio, e Anton Francesco Doni, illustre letterato fiorentino, al quale si deve la volgarizzazione in lingua toscana delle Epistole di Seneca, autore ben conosciuto da Vicino a cui spesso si rifà nelle sue lettere, soprattutto in quelle indirizzate al suo più grande amico, l’ecclesiastico Giovanni Drouet[5].
Nel 1545 venne chiamato al suo primo incarico di carattere militare (guarda caso, lo stesso anno in cui aveva sposato Giulia Farnese dei Farnese di Làtera, parente sia pure alla lontana del papa Paolo III, discendente del ramo collaterale dei Farnese di Castro), come membro della commissione che doveva studiare le nuove fortificazioni del Borgo intorno al Vaticano insieme a Torquato Conti di Poli, poi suo cognato[6], e questo lo mise in diretto contatto con il papa Paolo III Farnese, che gli aveva conferito l’incarico, grande conoscitore di Ermetismo e Alchimia che aveva sicuramente imparato all’Accademia neoplatonica di Firenze del Ficino e di Lorenzo il Magnifico, che aveva frequentato in gioventù, come si vede dal simbolismo ermetico delle opere da lui create prima a Caprarola con il Palazzo Farnese (lavori conclusi dal nipote, cardinale Alessandro farnese “il giovane”) e poi a Roma, in particolare nella Torre del Campidoglioe negli appartamenti pontifici di Castel S. Angelo[7].
L’anno seguente, nel 1546, prese parte con il Conti ad una spedizione in Germania per l’Imperatore cattolico contro i principi tedeschi protestanti della Lega di Smalcalda. Ebbe così occasione di frequentare il vescovo di Trento Cristoforo Madruzzo, il cui nome comparirà in delle iscrizioni del Sacro Bosco.
Nel 1557 avvenne l’episodio più oscuro della vita militare di Vicino: la strage di Montefortino, oggi Artena pochi chilometri a sud di Palestrina. I monfortinesi, fedeli ai Colonna, i quali erano nemici della Curia romana, avevano accettato la sottomissione al papa Paolo IV Carafa, successore del Farnese, ma quando giunse un corpo di cento fanti inviati per insediarsi nel paese dall’Orsini allora comandante della piazza di Velletri, nel cui territorio ricadeva Montefortino, essi li uccisero tutti in un agguato. Il papa comandò così una rappresaglia nella quale furono sterminati gli abitanti del paese, uomini donne e bambini e raso al suolo l’abitato[8], dimostrando in tal modo che il concetto di rappresaglia sui civili non è esclusivo del XX secolo.
- Il ritiro nel castello di Bomarzo
Dopo tre anni Vicino abbandonò ogni incarico militare per ritirarsi a Bomarzo, probabilmente a seguito della morte della moglie Giulia: caduto nella depressione e nello sconforto abbandonò quasi del tutto i contatti con il mondo rimanendo in contatto con pochi amici e conoscenti, tra cui il cardinale Farnese il giovane e il suo segretario Annibal Caro, e soprattutto con il suo più caro amico, Giovanni Drouet, con il quale ebbe un lungo scambio di lettere da cui emergono alcuni tratti distintivi dell’Orsini.
L’epistolario consente di ricostruire la personalità di Vicino nella seconda parte della sua vita: da esse emerge uno spiccato scetticismo ironico nei confronti degli uomini, che il Calvesi definisce “scetticismo esistenziale, tipicamente romano, di chi tante ne aveva viste e che tanti idoli dell’autorità religiosa, politica o culturale aveva ben conosciuto da presso”[9], “idoli” che Vicino dileggia scrivendo all’amico: “Alla fin fine questi barboni bianchi ch’hanno nome de savii danno nel coglionorio più che gl’altri”, Il concetto di “giusto mezzo”, il medium tenere beati scritto sulla parete di una delle terrazze del Castello e tratto dall’Hypnerotomachia Poliphili[10], rappresenta il filo conduttore del pensiero di Vicino in questo periodo della sua vita, una concezione epicurea della vita come egli stesso riconosce nelle sue lettere al Drouet, il giusto mezzo nel godere di tutto, cibo e sesso[11], ma senza eccedere in nulla, con un’attenzione particolare per la salute sia spirituale che fisica. Di quest’ultima, anzi, l’Orsini sembra quasi ossessionato, chiede consigli all’amico Drouet, che dimostra una conoscenza approfondita nella farmacopea (argomento nel quale disdegna la nuova tendenza a rifarsi alle idee di Paracelso) e nella dietetica.
Il rapporto con il Drouet fu anche importante per la vita culturale di Vicino: impossibilitato a trovare i libri che potevano interessargli in un piccolo paese come Bomarzo, egli fa affidamento sull’amico per farsi inviare i testi che gli interessano o le novità pubblicate, ricambiando con generosi doni di cacciagione, salumi e botti di vino. Tra i libri inviati ve ne sono alcuni di argomento alchemico (il Drouet era anche astrologo e alchimista, probabilmente spagirico, visto che fa uso nei suoi preparati di rosa e rosmarino, due vegetali tipici della farmacopea alchemica); tra i titoli che emergono dall’epistolario si trovano opere di Levino Lemnio[12], la Vita di Apollonio di Tiana di Filarco, il De triplici vita sana di Marsilio Ficino[13]. Ma sicuramente le letture di Vicino erano più estese: oltre a un’approfondita conoscenza dei classici latini e in particolare delle opere di Seneca, di certo aveva letto le Symbolicarum quaestionum[14] di Achille Bocchi[15], fondatore dell’Accademia Hermatena di Bologna, e la Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, suo parente acquisito visto che sia Francesco che suo fratello Giovanni avevano sposato una Orsini. Questo lo si può dedurre dalle scritte da lui fatte apporre sia nel castello di Bomarzo sia nel Sacro Bosco e da alcune statue del giardino, come la figura femminile alata sul globo o l’elefante con la torre sul dorso, ispirati dalle immagini dell’opera del Colonna[16].
[1] Maurizio Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura, Bompiani, Milano 2000.
[2] https://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterao/Orsini/orsini-mugnano.htm, consultato 29/05(2023.
[3] “E presso lor Paolo Giordano Ursino / di Santa Fiora l’honorato conte; / Ascanio della Cornia e quel Vicino / c’ha di pregiato allor cinta la fronte” (Bernardo Tasso, Amadigi, canto C). Paolo Giordano I Orsini, del ramo degli Orsini di Bracciano, era il marito di Isabella de’ Medici, matrimonio in cui Vicino aveva avuto gran parte (Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo, p. 77); Ascanio della Cornia non faceva parte in modo particolare della cerchia dei conoscenti della casa Farnese ma la sua residenza a Castiglion del Lago ebbe come architetto il Vignola, che aveva lavorato in più occasione con i Farnese e in particolare con Alessandro il giovane per il Palazzo di Caprarola. Federico Zuccari, che con il fratello Taddeo aveva affrescato questo Palazzo (ad ambedue si deve il noto affresco della Hermatena iniziato da Taddeo e completato da Federico dopo la morte del fratello), nel suo Palazzetto Zuccari a Roma, ora sede della Biblioteca Hertziana, il cui ingresso era costruito a somiglianza del cosiddetto Antro dell’Orco di Bomarzo, dipinse L’ascesa al tempio della Virtù, dell’Onore e della Fama, nel quale si vedono alcune piccole figure salire verso il tempio dopo aver superato un drago e un leone che sorvegliano la via di accesso al tempio alla base del monte . Reminiscenza dei versi del Tasso?
[4] Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo, p. 35.
[5] L’ecclesiastico Giovanni Drouet, nato in Francia nella regione dello Champagne, era entrato a far parte della Curia romana sotto il pontificato di Paolo III Farnese, collaborò con Ugo Boncompagni, poi papa Gregorio XIII, nella preparazione del Concilio Tridentino. Assegnato alla Dataria pontificia insieme con il suo amico Mathieu Cointrel (italianizzato come Matteo Contarelli), anch’egli nato in Francia, ma dopo due anni ne fu cacciato per sospetta corruzione, accusa che fu mossa anche al Contarelli dopo la sua morte. Si ritirò a vivere in un suo possedimento in campagna. Nel corso della carriera curiale ebbe modo di stringere rapporti, tra gli altri, con i cardinali Alessandro Farnese il giovane e Giovanni Francesco Gàmbara, edificatori delle “dimore filosofali” rispettivamente di Caprarola e di Bagnaia.
[6] Il Conti sposò Violante Farnese, sorella di Giulia moglie di Vicino. Nella sua dimora di Poli Conti riprese negli affreschi alcuni temi particolari quale quello della cosiddetta Teoria dei Danzanti, tipici dell’arte voluta dal papa Paolo III di cui era un sincero seguace.
[7] Rimando al mio articolo L’Emetismo di papa Paolo III Farnese: dalla Tuscia a Roma, di prossima pubblicazione sul sito della Fondazione.
[8] Altre fonti riferiscono che i soldati spagnoli si erano attestati nel paese e che alcuni monfortinesi di nascosto si recarono presso l’armata pontificia dichiarando di voler sottomettersi al papa e al re di Francia, ma che una volta che i soldati inviati entrarono a Montefortino furono attaccati di sorpresa dagli spagnoli e sterminati.
[9] Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo, p. 56.
[10] Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo, p. 90, il quale sottolinea come il motto fosse stato anche usato da Alessandro Farnese il giovane.
[11] Per tale motivo Vicino riprende l’amico, che per i suoi eccessi amorosi finirà per contrarre la sifilide.
[12] Levino Lemnio (1505-1568), alchimista e medico alunno del Vesalio: tra le sue opere la più conosciuta, pubblicata in numerose edizioni e tradotta in altre lingue, è il De occulta naturae miracula.
[13] Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo, pp. 50-51.
[14] Achille Bocchi, Achillis Bocchii Symbolicarum quaestionum de universo genere, quas serio ludebat, libri quinque… Bononiae 1555.
[15] Per i rapporti tra il Bocchi, Paolo III Farnese, Alessandro Farnese il giovane e i centri ermetico-alchemici di Bologna, Roma e Genova rimando a Paolo Galiano, Il Palazzo Farnese di Caprarola, note sull’affresco della Hermatena, pubblicato il 19 Marzo 2023 sul sito www.simmetriainstitute.com.
[16] Una dettagliata descrizione in Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo.
- Questo articolo si pubblica in data 13/06/2024 nel nostro sito, dietro autorizzazione dell'autore, dr. Paolo Galiano. Vietata la riproduzione senza consenso dello stesso.