DANIMARCA: Copenhagen
Misteri dal passato
(Marisa Uberti)
Con l'occasione di partecipare al Board Game Colloquium XX, tenutosi all'Università di Copenhagen, abbiamo approfittato per visitare la capitale danese, perlomeno nei suoi aspetti principali, per il tempo che abbiamo avuto.
Copenhagen è situata su due isole collegate tra loro, occupando infatti la costa orientale dell'isola di Siaelland e in parte la prospiciente isola di Amager; è affacciata sull'Øresund, di fronte alla città svedese di Màlmò. Le due nazioni (Danimarca e Svezia) sono unite da questa tratta spettacolare (ponte stradale e tunnel sottomarino ferroviario), che si congiunge ad un isolotto artificiale. L'opera fu realizzata nel 2000 e inaugurata dal re svedese Carlo XVI e dalla regina danese Margherita II. Copenhagen è quindi collegata con Màlmò da questa "tratta" di oltre 15 chilometri. Anche gli automezzi transitano, per circa 4 km, sotto il livello del mare. Il porto di Copenhagen è il più importante della Danimarca.
Il modo più interessante di conoscere una città è visitare i suoi Musei, dov'è raccolta la storia e lo sviluppo della cultura che ad essa appartiene e noi abbiamo pensato, anche in base al tempo che avevamo, di ripercorrere le tracce di questa capitale nordica attraverso il Museo Nazionale della Danimarca e la Carlsberg Glyptotec.
- Il Museo Nazionale della Danimarca (Nationalmuseet): misteri dal passato
E' il più importante e vasto museo di storia e cultura della Nazione; ha sede nel Prinsens Palais, edificio settecentesco di proprietà della famiglia reale danese, adiacente al Canale di Frederiksholm, nel cuore cittadino. L'elegante dimora fu realizzata da Federico V (1723-1766) come propria abitazione. L'istituto museale ospita mostre permanenti e temporanee.
Particolarmente interessante la tematica sulla Preistoria della Danimarca, terra leggendaria e mitica: che popoli l'hanno abitata? Diversi. I reperti datati tra 8.000 e 6.000 a.C. parlano di genti che affidavano alla musica e alla magia la risoluzione di molte faccende quotidiane. Probabilmente erano gli Sciamani ad accompagnare i loro rituali con danze sfrenate per indurre uno stato alterato di coscienza (trance) in cui lo spirito dello sciamano stesso migrava in "altri mondi". Sono esposti curiosi manufatti che potrebbero avere avuto una funzione magico-musicale-rituale. Le genti erano perlopiù pescatori e cacciatori.
Particolarmente affascinanti per la loro bellezza e levigatura sono le asce rituali o sacrificali, che non furono mai usate per lavori manuali ma per essere gettate nei laghi sacri (che poi, prosciugandosi, hanno dato origine alle "torbiere", divenute deposito di preziosi ritrovamenti archeologici in epoche recenti). Questo avvenne soprattutto nella parte settentrionale del Paese (Jutland). Bellissime le collane e i monili di ambra ritrovati proprio in queste zone e risalenti al 3.800-3.300 a.C.;l'ambra in perline era anche cucita sui vestiti, forse con valenza salubre, e veniva anche offerta come sacrificio ai "poteri superiori". Intorno al 3.200 a.C. l'industria ceramica era già fiorente e a volte mostra pezzi complessi.
Nel corso di duemila anni (intorno al 4.000 a.C.) si assistette ad un'ondata migratoria di agricoltori dal Mediterraneo, e si eressero fattorie isolate (villaggi), fenomeno che è perdurato nei millenni.
- Le camere dei giganti
La tipologia funeraria del periodo consta di enormi tumuli (tombe megalitiche dell'Età della Pietra), riservate probabilmente ai soli personaggi importanti. Si trattava di lunghi corridoi scavati nel terreno con orientazione Est-Ovest e con camere sepolcrali che contenevano i defunti e il loro corredo. Successivamente (3.500-3.200 a.C.) si sviluppò la tipologia a dolmen, con grandi blocchi di granito; inizialmente erano singoli, in seguito si allungarono con un corridoio per consentire la deposizione di più individui. In Danimarca sono stati recuperati più di 2.300 dolmen, ma questo è soltanto un decimo di quello che erano in origine. Quasi contemporanee furono le tombe a corridoio, in danese "jaettestuer", che significa "camere dei giganti" perchè, secondo le credenze popolari, si riteneva che fossero state costruite da personaggi con poteri soprannaturali, come i giganti. Ciò per via della loro monumentalità. Tale leggenda fu alimentata dal primo obiografo della Danimarca, Saxo Grammaticus (1150 ca.- 1220), secondo il quale "in questa terra un tempo abitavano i giganti, come testimoniato dalle immense pietre, unite ad antichi tumuli o grotte".
- I misteriosi vasi-faccia
In epoca megalitica furono anche prodotti i misteriosi vasi-faccia; si tratta di vasi (o pentole) che presentano due occhi con sopracciglia che osservano chi li guarda...Elemento decorativo o qualcosa di più simbolico? Secondo alcuni, tale motivo indicherebbe un culto verso la Dea Madre. Queste "decorazioni" sono appellate "Stile Bundsø", in Danimarca, ma è stato riscontrato in altre parti d'Europa.
- " The Stone-packing graves", le tombe senza corpi
Tra il 3.100 e il 2.800 a.C. furono realizzate le misteriose "stone-packing graves", scoperte sempre nello Jutland settentrionale e specialmente occidentale: in una sorta di fossa si trovano due depressioni riempite di pietre (in cui veniva deposto il defunto), accanto ad una piccola "casa mortuaria", l'unica in cui sono stati scoperti alcuni oggetti probabilmente appartenenti a un corredo funebre, come asce di selce o in pietra verde di alta qualità e scalpelli. Sono stata avanzate diverse teorie, come quella secondo cui la vera tomba fosse la "casa mortuaria" e le due altre fosse ricolme di pietre fossero per i buoi. Oppure che fossero tombe di famiglia. Tutta la struttura era poi ricoperta da uno strato di pietre; certuni pensano che - esaurita la loro funzione sepolcrale - la copertura sia stata rimossa e le tombe riempite di pietre come a sigillarle. Nuovi studi potranno forse dare risposte più precise ma, per la loro atipicità, sono considerate tra le più enigmatiche tombe preistoriche in Danimarca. Altro mistero (che ricorda i nostri "Massi Avelli") è che nessun corpo è stato ritrovato, forse a causa dell'eccessiva acidità del terreno, che ha disgregato completamente le ossa? Le depressioni contenenti pietre sono state svuotate dagli archeologi in seguito agli scavi.
Le strutture venivano realizzate le une vicine alle altre, in lunghe file parallele (in un caso arrivavano fino a 1700 metri di lunghezza!). E'stato osservato come le file parallele si trovino lungo antiche vie di passaggio dei carri (?). Questa teoria è stata confortata dal ritrovamento delle tracce di ruote più antiche della Danimarca (a ovest di Viborg), e collegata al fatto che, forse, si trattava di una sorta di "cammino" dei defunti verso il regno dei morti?
Proseguendo il notro tour museale, sempre più affascinati e sorpresi da queste scoperte, incappiamo nella "Single Grave Culture", che si sviluppò verso la fine della cosiddetta "Età della Pietra" e trae il nome dalle migliaia di tombe singole costruite in bassi tumuli. Tale cultura mostra similitudini con quella della ceramica cordata che andò sviluppandosi nell'Europa centrale, orientale e settentrionale. Va poi ricordato il periodo "Dagger", caratterizzato da un particolare tipo di pugnali (con lama sottile) e impugnatura a coda di pesce. In questo periodo si intensificano i rapporti con altre civiltà, e si migliorano le strutture delle imbarcazioni.
- Il "Carro solare di Trundholm" (Solvognen)
L'Età del Bronzo danese copre un periodo compreso tra il 1.700 e il 500 a.C. e coincise con nuovi collegamenti con il Nord e con il Sud. Dagli angoli più remoti del continente giunse il nuovo metallo, il bronzo, che sostituì la pietra e la pietra focaia per la realizzazione di moltissimi utensili quali le armi. In questo periodo si mise in evidenza un nuovo tipo di religione legata al Sole. Emblematico è lo stupendo "Carro del Sole" di Trundholm. Lo avevamo visto soltanto in fotografia e trovarselo davanti agli occhi è stato davvero molto emozionante!
A sinistra, l'intero manufatto, a destra il dettaglio degli splendidi motivi spiraliformi che caratterizzano tutta la superficie sorata
Il tema religioso principale dell'Età del Bronzo è infatti sempre incentrato sul mito del Sole e il viaggio eterno che esso compie. Tale concetto è meravigliosamente espresso nell'opera d'arte nota in danese come "Solvognen", in cui un cavallo divino traina il disco solare, entrambi posti su un carro con ruote aventi quattro raggi. Il reperto fu ritrovato nel settembre 1902, durante l'aratura di un campo di Trundholm Mose (nord-ovest di Copenhagen, che allora si chiamava Zelandia). Gli studiosi lo hanno datato al 1400 a.C. e ritengono provenga da una manifattura svedese, per via dell'elegante ornamentazione a spirale che caratterizza il disco del sole, dorato davanti e senza doratura dietro. Nel 1998 sono state trovate nuove parti del reperto (per mezzo di un metal-detector), nello stesso campo in cui era stato ritrovato nel 1902, che sono esposte nelle vetrine di questa sala. Anche se non esistono fonti scritte in merito al reperto, gli studiosi pensano che la popolazione che lo ha prodotto ritenesse, come molte altre culture contemporanee e geograficamente distanti, che il Sole venisse trasportato lungo il cielo da oriente a occidente durante il giorno, presentando il suo lato luminoso alla Terra (la doratura), mentre di notte avrebbe compiuto il viaggio in senso inverso, mostrando alla Terra il suo lato oscuro (infatti la faccia posteriore del disco non è dorata). Entrambe le facce presentano gli stessi motivi a cerchi e spirali. Il manufatto fu realizzato con la tecnica delle cera persa; il diametro del disco solare è di circa 25 cm e una sorta di spesso anello unisce le due piastre. C'è anche la teoria che questo reperto sia un calendario dell'Età del Bronzo (v. questo link).
Gli elmi Viksø
Motivi solari (cerchi, spirali, intrecci, ruote), insieme ad imbarcazioni, sono predominanti in quest'epoca, sia incisi su roccia o pietra che su manufatti, utensili, armi, elmi, scudi, gioielli, ecc. Nella sala relativa sfilano sotto gli occhi meravigliati dei visitatori alcuni oggetti unici: a titolo esemplificativo citiamo gli elmi Viksø, con lunghe corna, cui potevano essere aggiunti altri elementi come capelli o simboli sacri, Essi sono unici nel loro genere nella Scandinavia meridionale ma non furono molto utilizzati in guerra per via della scarsa praticità; venivano invece utilizzati in vari rituali religiosi. Questi elmi, infatti, potevano essere dotati di occhi e un becco ricurvo, collegati ad animali totemici come il bue (simbolo celeste), il cavallo o uccelli d'acqua, ricollegabili al Sole. Così come la rappresentazione di navi sugli elmi.
I "Lur". Straordinari aerofoni a bocchino, che oggi sono classificati nella famiglia delle trombe naturali ma la cui origine è avvolta nel mistero. Furono strumenti distintivi del Nord Europa. Di questi curiosi esemplari ne esistono 56: 35 in Danimarca, 4 in Norvegia, 11 in Svezia, 5 nel Nord della Germania, 1 in Lettonia. Quelli esposti al Museo Nazionale risalgono all'Età del Bronzo (ca 1200-700 a.C.); si sa che emettevano un suono in grado di generare tra gli otto e i dodici toni naturali. Questo fatto è interessante perchè - impiegati in cerimonie religiose di cui sappiamo pochissimo - avrebbero potuto indurre uno stato di trance. E' probabile che non venissero usati da soli, ma insieme ad altri strumenti come il flauto di Pan e strumenti ritmici noti nelle zone a sud del mar Baltico. Vi era anche un piccolo sonaglio vicino al bocchino (forse generava un suono anch'esso). La piastra terminale presenta, generalmente, otto "borchie", contornate da piccoli cerchi concentrici. Veramente spettacolari!
- Il Calderone di Gundestrup
Continuando a viaggiare nel passato e spostandoci sempre più nel tempo, ci ritroviamo nell'Età del Ferro danese (500 a.C. - 400 d.C.), isuddivisa in tre periodi:
-Età pre-romana o celtica (500-1 a.C.)
-Età del Ferro (1-200 d.C.)
-Età del Ferro romana (200-400 d.C.)
L'epoca fu caratterizzata dall'estrazione del ferro dalle miniere locali e da diversi eventi storici. Le popolazioni vivevano in piccoli villaggi. Nella tarda età del Ferro compare un nuovo metallo, l'argento. Un magnifico rappresentante è il Calderone di Gundestrup, trovato nel 1891 durante il taglio della torba a Fox Bog, vicino al villaggio di Gundestrup, nello Jutland. E' costituito da 13 lamine d'argento sbalzato ad alto rilievo e parzialmente dorato, di cui 5 rettangolari interne, 7 quadrate esterne (un ottavo pannello è andato perduto). Il fondo è costituito da un pannello circolare; il simbolico reperto è alto 42 cm, diametro di 69 cm e ha un peso di 9 chili. Il "Calderone" è misterioso per diversi aspetti, il primo dei quali è: da dove proviene, visto che non è un artiginato locale? Certamente è una fusione di elementi celtici e traci (attuale Bulgaria). In pole position c'è la Gallia centrale (che all'epoca era celtica), in cui alcuni dei motivi presenti sul Calderone sono frequentissimi, dall'altro lato stile e lavorazione appartengono all'area del basso Danubio.
Anche sull'epoca vi è una certa approsimazione cronologica: chi lo data al II sec. d.C. chi tra il III-IV secolo d.C. Oggi l'ipotesi ritenuta più valida è quella che possa essere appartenuto alla tribù celtica degli Scordisci, che per un certo periodo(III secolo d.C.) convissero pacificamente nella regione del Basso Danubio con le tribù Trace dei Triballoi.
Rimane il mistero di come il Calderone sia finito in Danimarca: dai germani Cimbri? Questi ebbero contatti con gli Scordisci e quando vennero sconfitti dai Romani nel 110 a.C., emigrarono in parte verso il nord, stanziandosi proprio nell'Himmerland, dove venne ritrovato il Calderone. Ma se quest'ultimo fu realizzato secoli dopo, questa teoria ha qualcosa che non va...
Quasi totalmente d'argento, lo splendido manufatto presenta anche dell'oro e dello stagno per le saldature; gli occhi delle figure umane sono di vetro. Sembra che non sia stato realizzato tutto in una volta perchè è stato osservato che le varie parti che lo compongono appartengono ad epoche diverse, addirittura a diversi secoli, forse! L'analisi al microscopio a scansione ha permesso di rilevare quindici differenti punzoni utilizzati sui pannelli, ripartiti in tre set di strumenti distinti, correlabili a tre diversi argentieri che, verosimilmente, lavorarono in tempi diversi.
L'osservazione critica delle scene raffigurate sui pannelli esterni e quelli interni lascia dedurre, inoltre, che almeno due furono gli artisti che si dedicarono a questo lavoro. I primi, caratterizzati da una forma quadrata e dominati da figure centrali, lisce, in pose statiche e simmetriche, presentano infatti uno stile diverso dai secondi, di forma rettangolare, con scene complesse e "in movimento", rifinite finemente. Il Calderone fu anche restaurato e riparato, in antico. Il fondo del Calderone, circolare, secondo gli studiosi potrebbe essere stato saldato in un successivo momento per riparare un foro. Tale pannello poteva essere stato una phalera (disco decorativo per armature o finimenti dei cavalli). Ad ogni modo, sul fondo è rappresentato il sacrificio di toro che doveva essere visto dall'alto (per la prosepttiva che ha).
L'attuale sequenza delle scene pare però sia erbitraria; quando venne trovato era smontato, con le placche singole, che erano originariamente applicate verosimilmente ad un supporto di legno. Contestualmente vennero ritrovati frammenti dei tubi argentei che formavano l'intelaiatura e un pezzo di ferro che forse era inserito come anello all'interno dei tubi medesimi. Le lamine erano impilate accuratamente le une sulle altre, come se il prezioso oggetto fosse stato smontato e nascosto. Ma chi lo aveva usato? E perchè? Non fu infatti utilizzato per funzioni pratiche, quanto per scopi rituali.
La ricostruzione fu determinata dall'archeologo danese Sophus Otto Muller (1846-1934), che si basò sulle tracce di saldatura presenti sul bordo del bacile. All'esterno la sequenza prevede l'alternarsi di figure maschili e femminili (manca una figura femminile). Sulla ricostruzione di Muller non tutti gli archeologi sono d'accordo. Il "Calderone di Gundestrup" viene spesso associato a cerimonie iniziatiche di morte e trasformazione; in tale ottica sarebbe una sorta di "athanor" in cui avvengono i processi trasmutativi della materia. Che cosa è rappresentato sui singoli pannelli? Invitiamo i nostri lettori a consultare siti specifici che ne forniscono un'ampia trattazione, ad esempio questo.
- Una misteriosa sfera di cristallo
Una piccola quanto enigmatica sfera di cristallo di rocca fu collocata tra il corredo di una tomba femminile ad Årlslev (Funen), datata al 300 d.C. Presenta un'iscrizione greca, come si può vedere dai tredici caratteri presenti (italianizzati sarebbero ABLANAQANALBA). Ad ogni modo la loro lettura resta invariata da destra a sinistra e da sinistra verso destra, qualificandosi come una parola palindroma. Si tratta di un incantesimo: Ablana/Analba è noto da alcuni amuleti del bacino del Mediterraneo ed è correlato al culto del dio Abraxas. Il significato del testo è "Tu sei nostro padre". Sotto l'iscrizione vi è una piccola ancora, simbolo paleocristiano, che potrebbe alludere alla speranza dell'anima (nel caso della defunta, la salvezza della sua anima la quale, dopo un viaggio periglioso nell'aldilà, getta l'ancòra in un porto sicuro). Il cristallo di rocca, suggerisce il pannello in loco, era considerato possedere proprietà curative (può placare la sete e la febbre fredda); se poi si osserva attraverso la trasparenza della sfera, si può vedere il mondo capovolto, da qui deriverebbe l'ulteriore senso magico conferito all'oggetto, che è unico nel suo genere ad essere stato ritrovato in Danimcarca. Furono forse i romani ad importarlo da regioni "esotiche" (la scritta è greca): nella società danese (che era nell'età del Ferro) nessuno sapeva leggere i caratteri greci, sconsciuti probabilmente a tutti. E allora chi era la donna seppellita con questa sfera? Nella sua tomba sono stati scoperti corredi provenienti da diverse parti d'Europa (anche dal Mar Nero e dalla Russia meridionale). Probabilmente la circolazione di nuove genti e merci favorì anche matrimoni tra etnie diverse.
Tra il corredo spiccano questi sette pendenti d'oro identici e particolarissimi, costituiti da un tondo con una maschera di leone, cui segue una doppia catenella di oro fino, cui si attacca una piastra in lamina d'oro con tre granati ( pietre semipreziose). Due piccoli fori ai lati delle teste dei leoni farebbero ritenere che i pendenti fossero destinati ad essere cuciti sui vestiti. Lo stile depone per un' origine dall'Europa orientale. La donna di Årlslev aveva con sè nell'oltretomba anche due splendide spille (fibule), una d'oro massiccio e una d'argento pallcata d'oro, con granati. I due gioielli non appartengono alla stessa officina artigianale. E' chiaro che la signora apparteneva ad un ceto elevato nella società del tempo e forse si interessava di arti magiche...
- Le pietre runiche vichinghe
Le "Pietre Runiche" vichinghe sono una delle attrazioni che ci hanno affascinato maggiormente (il museo è imperdibile sotto tutti gli aspetti). Nella sala sono collocati grandi "menhir" ricoperti di caratteri runici, che formano delle frasi e sono talvolta accompagnati da simboli tipici della cultura vichinga. Questi popoli dediti ai commerci ma passati poi alla storia come abilissimi navigatori e temibili avversari ebbero, in Danimarca, una delle loro patrie spirituali e storiche. Anche se le loro radici affondano in epoche anteriori (nessun popolo nasce dal nulla), con il termine "epoca vichinga" si intende quella collocata tra il 793 e il 1066 d.C. e appannaggio di una cultura propria della Scandinavia, che nel tempo occupò altre parti europee. In particolare "vikinghi" è il termine con cui si indicano le popolazioni costiere insediate nei fiordi (vik=baia) e dedite alla pirateria. Tra le loro imprese, i Vichinghi raggiunsero per primi il Nord-America, alla fine del X secolo. Non solo arrivarono alla Groenlandia (attualmente danese), ma fino ad Anse aux Meadows (isola di Terranova, Canada). Cinque secoli prima di Cristoforo Colombo, pertanto, è ormai certo che gli Europei fossero arrivati e stanziati in questo continente. Con l'avvento del Cristianesimo in Scandinavia, i viaggi dei Vikinghi diminuirono tra la fine del X e l'inzio dell'XI secolo e l'epopea di quel popolo si considera conclusa nel 1066, dopo la battaglia di Stamford Bridge (con la conquista normanna dell'Inghilterra). Ciò è anche un paradosso se si pensa che gli stessi Vikinghi fossero normanni, originariamente.
La religione vichinga contemplava varie divinità: Odino, Thor e Freyr, dalla forma umana e incarnazione di quelle qualità che quel popolo ammirava (in primis la forza). Leggende e saghe dovevano servire per illustrare come un vichingo doveva comportarsi. Odino era il capo degli dei e presiedeva alla Saggezza; i suoi animali totemici erano due corvi imperiali (Hugin, il pensiero e Munin, la Memoria), che raccoglievano informazioni per suo conto. Thor (=tuono), figlio di Odino, era il dio più venerato ed era protettore degli umani contro ogni male. Il rombo del tuono annunciava il suo passaggio con il cocchio mentre i fulmini erano le scintille scagliate dal suo mantello (Mjollnir). Nelle foto: statua di Odino e statua di Thor nella NY Carslberg Glyptotek di Copenhagen.
Freyr, dio della fertilità, assicurava buoni raccolti e prole sana e forte. Gli si sacrificavano cinghiali e stalloni, simboli di virilità. Il dio aveva una sorella gemella, Freya, che era la sua controparte femminile.Nel Museo si possono vedere alcuni rituali funerari che depongono per una credenza nell'aldilà: il defunto veniva seppellito con i suoi beni e le modalità erano diverse. Alcuni personaggi di rango furono adagiati su imbarcazioni insieme ai loro averi, tra cui anche cavalli, mobilia e perfino servitù! La tipologia ad inumazione mostra tombe poco profonde che venivano probabilmente ricoperte di terra a formare dei cumuli (tumuli). I corredi che sono stati scoperti consistono in spade, scudi, coltelli per gli uomini, e gioielli e spille per le donne.
Le Pietre runiche conobbero la maggiore concentrazione tra il X e l'XI secolo e la maggioranza si trova in Svezia. Molte di esse riportano viaggi di Vichinghi in luoghi sparsi per il mondo, mentre altre registrano la morte di persone che avevano partecipato a quelle spedizioni. Si capisce, quindi, l'importanza che rivestono queste speciali pietre, che diventano documenti storici a tutti gli effetti. Alcune pietre runiche riportano maledizioni.
Sappiamo dalle iscrizioni che i Vichinghi si spinsero in terre lontanissime come Bath, la Grecia, la Persia, Gerusalemme, l'Italia (Langobardland), la Russia, l'Ucraina e, come abbiamo detto, Groenlandia, dove il norvegese Eric il Rosso fondò l'insediamento di Brattahlid alla fine del X secolo (vedi qui un articolo pubblicato in questo sito a firma di Adriano Gaspani) e Terranova.
Le Pietre runiche esposte in questo Museo appartengono a ricchi personaggi, maschi e femmine, in memoria dei parenti dello stesso clan familiare; erano collocate in posizione preminente lungo strade di passaggio o lungo i fiordi ed erano originariamente dipinte in brillanti colori. In Danimarca l'usanza di erigere pietre iscritte si intensificò dopo l'introduzione del Cristianesimo (dopo il 970 d.C.). Le più antiche pietre runiche nella società pagana riportano invocazioni a Thor (es. la Kirkeby stone), mentre quelle più recenti riportano preghiere cristiane (es. Tarnborg stone). Con l'avvento del Cristianesimo le pietre runiche vennero collocate vicino alle sepolture, per accentuare lo status del defunto. Nella foto sono ritratta accanto alla pietra runica di Tirsted, fu eretta in memoria di un vichingo che morì in Svezia, e secondo un'interpretazione, combatté nel gruppo Freygeirr.E' il primo documento scandinavo che cita la Svezia, assieme ad appena altre due pietre.
L'alfabeto runico dell'epoca vichinga danese (800-1050 d.C.) si compone di 16 lettere, il che significa che un certo simbolo doveva coprire diversi elementi correlati. In poche parole, per esempio la runa K valeva per K ma anche per "g", la "i" valeva per "i" ed "e". Attorno al Mille, è stato aggiunto un punto a queste rune, per rappresentare suoni differenti. Ad esempio una I con un punto in mezzo al tratto verticale significava "e" mentre una y con un puntino in mezzo era uguale alla "g". Questa tipologia è definita "rune punteggiate" o "rune puntate" (ad esempio Sundby)
Pietra runica Sandby, a sinistra, e disegno fedele dell'iscrizione in caratteri runici puntati (XI secolo d.C.)
La Pietra Snoldelev (località dove fu rinvenuta) è un esempio di iscrizione runica pagana (VIII-IX secolo d.C.); il disegno riproduce fedelmente i caratteri e i simboli presenti sul menhir: una Swastika, a sinistra in alto, e i "tre corni potori" incrociati (noti come il triplo corno di Odino). La frase, nell'antico alfabeto runico, recita:"Pietra di Gunnvaldr, figlio di Hròaldr, recitatore di Salhaugar" (la parola "recitatore" forse si riferisce ad un sacerdote...)
Pietra runica Egå (!000 d.C. ca), a sinistra, e la sua iscrizione fedelmente riportata sul pannello. Essa dice: "Alkvil e i suoi figli eressero questa pietra in memoria di Manne, loro parente, che era governatore di Ketil il Norvegese"
La Pietra runica di Tryggevǽlde (Siǽlland) presenta dei grossi fori lungo i lati verticali, che la trapassano da parte a parte. La loro natura e scopo sono ancora sconosciuti
La pietra runica Kirkeby (X secolo d. C.) reca un'iscrizione con invocazione al dio Thor; in essa si legge che la pietra fu eretta in memoria di Asgot suo fratello (manca la citazione del committente, perchè mutila, n.d.r.) ed (egli) morì a Go (tland). Possa Thor salvare (queste) rune.
Del periodo Vichingo si possono trovare innumerevoli pezzi di magnifica fattura, dai torchon d'oro alle imbarcazioni con equipaggiamento recuperato grazie alla conservazione nell'ambiente delle torbiere del nord. Interessantissime le conservazioni di scheletri o parti di corpi naturalmente mummificati. Particolarmente interessante la sezione dedicata all'insediamento vichingo in Groenlandia (980 d.C.). Qui venne eretta anche una diocesi. L'insediamento perdurò fino alla seconda metà del 1400 circa e poi si spopolò, per motivi che rimangono misteriosi (forse un mutamento climatico sfavorevole alle condizioni di vita, nonchè le mutevoli condizioni socio-economiche in Europa).
Al primo piano del Museo si sviluppano la storia e la cultura artistica della Danimarca nel Medioevo e nel Rinascimento. Il Medioevo danese copre un periodo che va dal 1000 al 1536 (cronologia diversa dalla nostra), e inizia con l'instaurarsi della monarchia per terminare con la Riforma Protestante, che soppiantò la Chiesa cattolica Romana controllata dal Papa. Numerosi e preziosi i pezzi risalenti al periodo religioso medievale, quando la Chiesa giocava un ruolo importante in molti livelli della società. I manufatti provengono da chiese cattoliche che furono trasformate in luterane, le quali esigono una certa austerità nell'arredamento e non avevano bisogno di tenerli. Inoltre, Copenhagen subì un grave incendio alla fine del 1700 a causa della guerra con gli inglesi, con la perdita di molte testimonianze dei periodi precedenti. Per questo i reperti medievali assumono un'importanza ancora maggiore. Il re danese era capo anche della Chiesa protestante e nominava i sette vescovi della Nazione.
Il Rinascimento danese (1536-1660) inizia con l'instaurarsi del Luteranesimo e termina con l'inizio della Monarchia Assoluta. Durante questa epoca, si distinsero due grandi sovrani: Federico II (1559-1588) e suo figlio Cristiano IV (1588-1648). Essi, oltre a circondarsi di un magnifico e costoso stile di vita, furono mecenati della conoscenza, dell'arte, della cultura, dell'apertura verso terre straniere. Furono protettori della cultura protestante in patria e oltre i suoi confini. La scoperta ufficiale dell'America nel 1492 aprì nuovi orizzonti e nel periodo di "rinascita" danese i re (e non solo) subirono il fascino dell'esotico; vennero create diverse collezioni di oggetti rari, costosi e insoliti. Come la "Camera segreta", che si considera l'embrione del Vecchio Museo, ora conosciuto come Museo Nazionale di Danimarca!
Attraverso le varie, bellissime esposizioni, si attraversano epoche e tempi, stili e mutamenti politici, economici, sociali. Così si impara senza annoiarsi.
La Monarchia assoluta danese resistette per un periodo di circa due secoli (1660-1848); nel 1660 ci fu una guerra contro l'odiata Svezia (che aveva conquistato tutta la Danimarca eccetto Copenhagen) e moltissimi oggetti preziosi d'argento vennero nascosti dalla popolazione, nel tentativo di sottrarli alle ruberie. Vi erano tuttavia molti contrasti sociali, dalla ricchezza sfrenata alla più cruda miseria. I movimenti liberali, all'inizio del 1800, si fecero sempre più pressanti finchè, nel 1849, si tenne un' Assemblea Costituzionale Nazionale, che portò alla formazione di uno Stato Nazionale. Il 5 giugno 1849 venne emanata la prima Costituzione danese (Grundloven), che abolì la Monarchia assoluta. Lo Stato Nazionale durò nemmeno un secolo (1848-1915), per lasciare il posto allo Stato Sociale (Welfare State, 1915-2000), Il Museo accoglie anche una sezione sull'occupazione Nazista (1940-1945).
La monarchia danese si fa risalire al re Vichingo Harald Denteblu (com'è riportato su una pietra runica di Jelling) che, intorno al 1000, regnò su una Danimarca unita. Da allora in poi la stirpe si è succeduta fino ai giorni nostri, in cui regna Margherita II.
Se qualcuno crede che il Museo si fermi qui, si sbaglia! Visitare per credere...
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