Il Giardino massonico-templare di Villa Cittadella Vigodarzere Valmarana a Saonara (PD)
Poco dopo l’Equinozio di Autunno del 2023, approfittando di una delle rare visite guidate a questo particolare “giardino romantico”, ci siamo recati a Saonara, un comune a est di Padova, con cui confina. La data è da tenere presente per via di un fenomeno luminoso che vedremo quando saremo nella parte più segreta del Giardino, la Sala del Giuramento. Ma che cosa si giurava? Per capirlo dobbiamo fare un necessario inquadramento storico e soprattutto ricavare un profilo dei personaggi che realizzarono villa e giardino massonico, con tanto di Cappella dei Templari.
Tutto ebbe inizio nel 1816 quando il Cavalier Antonio Vigodarzere (1766 – 1835) proprietario di una decina di campi agricoli a Saonara (193 pertiche, 17 ettari di terreni) - decise di contrastare la drammatica situazione carestósa della popolazione, offrendo lavoro nei suoi domini: i campi sarebbero stati trasformati in un immenso Giardino e sarebbe sorta una villa signorile; ci sarebbe stato guadagno per molte famiglie per diversi anni. Incaricato del progetto fu l’architetto Giuseppe Jappelli (1783- 1852), amico fraterno del committente: entrambi appartenevano a una loggia massonica padovana, La Pace[1], e Jappelli – si dice – era affiliato anche a una loggia veneziana[2]. Seppure autore di innumerevoli opere architettoniche tra Padova e Venezia ma anche oltre, il complesso di Saonara rimase sempre nel cuore di Jappelli che vi tornò moltissime volte, apportando aggiustamenti continui. Villa e Giardino furono completati nel 1862, quando Antonio Vigodarzere era già morto da tempo ma a continuare il progetto fu il figlio adottivo (e nipote) Andrea Cittadella (1804-1870; era figlio della sorella di Antonio, che aveva sposato un Cittadella). Dopo l’adozione, Andrea aggiunse al proprio cognome quello di Vigodarzere (per sé e per i suoi discendenti).
Egli fu documentatamente massone. Il risultato della sinergia tra committenza e progettista fu uno dei migliori esempi di Villa Veneta, tanto insolita perché non solo non sorse sulle rive del Brenta (come quasi tutte le altre) ma fu costruita nella prima metà del 1800, un’epoca in cui non era più in voga costruire ville da parte del patriziato veneziano (la Repubblica di Venezia capitolò definitivamente nel 1797, sotto il giogo francese; in seguito arrivarono gli austriaci). Il Giardino fu da subito considerato in grado di competere con i maggiori d’Italia ma rimase sempre poco conosciuto, rispetto ad altri del suo genere; forse il suo carattere “segreto” portava ad accogliere ospiti selezionati, affratellati tra loro.
Durante la seconda guerra mondiale la tenuta fu occupata prima dai tedeschi e poi dagli inglesi; come si può immaginare, il parco subì in quel periodo gravissimi danni e la perdita di quasi la metà delle essenze arboree. Ad andare purtroppo in parte distrutta fu la zona delle grotte segrete dove si tenevano i rituali iniziatici: di quel complesso di caverne ipogee oggi resta una sola grotta e un piccolo ipogeo. Anche la gigantesca statua del Baphometto fu ridotta a pezzi (tant’è che oggi non la troviamo più), per non parlare della Cappella Templare con il Sepolcreto dei Cavalieri Templari, oggi molto alterata. Tra l’altro in origine si entrava dalla Cappella per proseguire l’itinerario iniziatico mentre oggi essa è l’uscita di quel percorso, il quale ha chiaramente perso il suo carattere primitivo.
Vi viene voglia di andare velocemente a vedere questo luogo misterioso e affascinante ma dobbiamo fare un percorso graduale. Come ogni “cammino” di purificazione e conoscenza, anche questo ha un inizio, uno svolgersi e una conclusione (un percorso che assumeva una valenza altamente significativa per gli iniziati). Ogni operazione veniva svolta spiritualmente (la massoneria moderna, del resto, è speculativa) e niente fu lasciato al caso. Tra tante distruzioni, fortunatamente si è salvato uno scritto del 1838 intitolato “Il Giardino di Saonara”[3] in cui il conte Giovanni Cittadella (1806-1884), parente di Andrea (il figlio adottivo di Antonio Vigodarzere e proprietario della tenuta), descrisse accuratamente il Giardino, le costruzioni, le grotte e i loro contenuti, i significati delle piante (sinergiche al percorso iniziatico). Egli, insieme ad altri due amici (l’uno il conte Agostino Sagredo di Venezia, l’altro il marchese Pietro Estense Selvatico di Padova), una sera di fine luglio decise di far visita al cugino Andrea a Saonara. Questi fu ben lieto di accompagnarli in quello che a tutti gli effetti era “un vero e proprio viaggio iniziatico in chiave massonica”, come lo ha definito l’amico Paolo Galiano in un suo lavoro, che consigliamo vivamente di leggere[4]. Naturalmente è da leggere prioritariamente la descrizione del Cittadella del 1838, magari prima di accingersi a visitare la tenuta: ci si renderà conto delle differenze, di ciò che è mutato e ciò che ancora è “leggibile”. Ma state certi che non resterete delusi!
- La famiglia
Andrea Cittadella Vigodarzere sposò nel 1859 la Contessa Arpalice Papafava Antonimi dei Carraresi. Lui morì nel 1870 e la tenuta passò a suo figlio Gino; in seguito – non avendo eredi diretti – fu trasferita alla nipote Pia, figlia di Giustina Valmarana. Da lei passò al conte Ludovico che l’ha lasciata al figlio Andrea, tutt’ora proprietario e che si occupa in prima persona - con i familiari e diversi collaboratori– della conduzione e manutenzione della villa e del giardino. Nella visita non è compresa la villa, che si può osservare esternamente.
- Il luogo
"NATURAE MUNERA ET ARTIS", Dono della natura e dell’arte, è scritto in lettere capitali sopra il cancello d'ingresso del Giardino iniziatico[5]. Ed è proprio così. La Villa non si vede dall'esterno, ben nascosta dall'alto muro di recinzione come il parco, del resto, di cui si intuisce la vastità aggirandone il perimetro, costeggiando la Strada Provinciale. L'edificio che invece è ben visibile a chiunque transiti da qui è il bellissimo oratorio neoclassico pertinente la villa. E’ qui che facciamo la conoscenza del conte Andrea Valmarana, persona affabile e foriera di racconti ed esperienze in qualità di tenutario di questa villa e del suo particolarissimo giardino. L’oratorio è detto anche "Pantheon", un po' per la sua architettura e soprattutto perché ospita le tombe di Antonio Vigodarzere e di suo fratello, morto nel 1845. Il tempietto fu progettato da Angelo Sacchetti e venne realizzato dopo la morte del Vigodarzere (1835) che, sul bassorilievo del sepolcro, è mostrato sul letto di morte mentre stringe con la mano destra un crocifisso e con la sinistra saluta il figlio adottivo Andrea. L'opera è di Rinaldo Rinaldi eseguita su consiglio di Pietro Selvatico e commissionata da Andrea Cittadella stesso, riconoscente verso il padre. Il Pantheon è l'inizio del percorso per i moderni visitatori. La pianta è quadrata, sormontata da una cupola semisferica con oculo centrale (unione della Terra con il Cielo); vi sono due cappelline laterali.
- Il percorso massonico-templare
La visita è rigorosamente guidata, non è prevista l’esplorazione in autonomia (anche perché si rischierebbe di perdersi). Dall'interno del tempietto si intraprende il percorso accedendo al Giardino, abbastanza alterato rispetto a quello concepito e realizzato da Jappelli. Egli concepì grandiosamente il parco costituendovi due nuclei: uno ellittico, dove sarebbe sorta la Villa e i suoi annessi, l’altro costituito dal lago, scavato sul retro a circa 200 metri, che fornì all’architetto tutti quei materiali di riporto necessari per creare gli ondulamenti del terreno.
Quest'ultimo, infatti, è caratterizzato da depressioni e collinette, di vuoti e di pieni. Vi sono viali progettati in maniera tale da non consentire di vedere mai troppo avanti: geniale! A ogni curva arriva una sorpresa o la sensazione che vi sia. Ponticelli uniscono le varie zone mentre il patrimonio arboreo fu scelto con precisi significati simbolici. Ogni tanto, ma sicuramente in origine al posto giusto, si incontrano statue zoomorfe o di divinità mitologiche significative. Ad aree aperte e luminose si contrappongono fitte zone boscose fino a raggiungere il lago artificiale. Ed è proprio sull’isoletta emergente dalle acque che comincia il viaggio iniziatico descritto dal Cittadella nel 1838.
“Saonara… questa villa è lontana da Padova forse un ora, sicchè vi giungemmo quando, declinato il giorno, la luna pioveva argento… fu qui che noi entrammo… Oh la mite soavità d’una sera estiva in campagna a chiaror di luna! Profittiamo disse Andrea, del delicato suo lume e andiamo a correre il lago… Digradammo alla riva… discendemmo tutti e quattro nello svelto laghetto… e ci fermammo nel bel mezzo… tutto il lago era un lago di luce… vedevamo salire un colle negrissimo di alberi… inarcarsi il ponte contesto di tronchi rusticani, e legare insieme due poggi e sotto devolversi il fiumicello che dà vita al lago… in quella alternanza di luce, di buio”[6]. Il giorno successivo splendeva il sole e i ragazzi visitarono l’oratorio (che era appena stato concluso), passando dalla villa e percorrendo una parte del Giardino: “In sul dinanzi della casa stendesi circa morbida verzura piegata in elisse… (una) veneziana laguna, vaghissimi gruppi di fiori… (una) chiesetta, ove riposano le ceneri del cavaliere suo padre. Doppio filare di thuie foggiate a cipresso, segna il cammino al tempietto… piccolo Pantheon”. “Usciti dal tempietto… placide macchie di siringhe, miti robinie… valliate… mimose… mentre l’olmo, il platano, il frassino levati in cime severe, colorati di bruna verdezza… sotto un pioppo vedi Ercole appoggiarsi a una clava”. Ercole è il simbolo delle prove iniziatiche, è l’allegoria delle varie fasi trasmutative che l’iniziato deve attraversare per realizzare la Grande Opera.
Giungiamo al Boschetto di bambù, che non era presente in origine. Non è stato infatti piantato da Iappelli (morto nel 1852) né dal suo committente ma fu piantato da un suo discendente, il Conte Ludovico perché il bambù è stato importato in Italia dall'Oriente intorno al 1880. Il bambù rappresenta la determinazione perché cresce velocemente e perentoriamente, non lo ferma niente e nessuno. Da qui in poi inizia una zona più in ombra, come se il giardino volesse preparare gradualmente e spiritualmente il visitatore. Attraversato un Ponticello (unione di due mondi, di due dimensioni), si vede un po' di siccità o suolo infecondo “con cui si potrebbe alludere al deserto spirituale che l’anima sperimenta prima dell’ultimo passaggio sulla via iniziatica (Galiano, I parte, cit.) e incontriamo Il Casone o capanno con il tetto in cannuccia palustre: qui – in origine - trovava posto l'ingresso alle grotte usate per i rituali iniziatici. Durante l’occupazione coatta della soldataglia durante gli eventi bellici furono abbattute tre Grotte.
L'ingresso era coperto, era nascosto, ipogeo. Abbiamo la testimonianza del Cittadella del 1838 che ci dice come fossero, ma per noi è ancora presto per arrivarvi, anche se siamo davvero vicinissimi. Quando i soldati se ne andarono, l’area dove prima vi erano le grotte rimase vuota e quindi il conte Ludovico pensò di riempirla facendo costruire uno chalet e facendolo ricoprire comunque con la stessa cannuccia palustre intrecciata. Il casone viene utilizzato tutt'oggi perché è dotato di bagno, di cucina, di soggiorno; c'è anche un barbecue e viene usato dai proprietari nelle serate estive come una sorta di dépendance. Funge anche da ricovero per le piante durante la brutta stagione; durante la stagione invernale vi vengono riparati i gerani e altre piante che temono il gelo; invece di portarle in serra vengono portate qui. Inoltre vengono portate sotto l’arco alcune grosse piante in maniera tale che gli uccelli palustri possano trovare riparo e anche nutrirsi perché vengono messe delle granaglie. Questa dépendance è stata costruita come i Casoni ottocenteschi molto diffusi in Veneto, anche se questo chalet fu costruito nel corso del 1900.
L’ingresso alle grotte, un tempo, doveva avvenire dal lago, come sembra di capire dalla descrizione del Cittadella del 1838. Mentre si trovavano sull’isoletta artificiale in mezzo al laghetto, uno dei tre indicò l’antro: “E poi, mirate là, ci disse Agostino… la grotta penetrata dall’acqua, la grotta che funge antica ricetta ai cavalieri del tempio, quando vi ministravano i riti loro ravvolti di tenebre… Vi scorgi il riposo di lunghi secoli”. Tuttavia, come già accennato, l’ingresso al percorso massonico avveniva dal Sepolcreto dei Templari o Cappella gotica: “Come noi procedevamo… la natura vestitasi di bruno; ai pini succedevano i bossi, i tassi, i cipressi… vedemmo addentrato in un monte il sepolcreto dei Templari, bello di quelle forme svelte ed aguzze che sollevano l’architettura normanno-araba a degno albergo della religione mistica contemplativa” (Cittadella, 1838). Con il percorso moderno la vedremo invece alla fine.
Superato un arco di pietra, arriviamo al primo ambiente, la Grotta legata al percorso massonico. Oggi lo vediamo come un unico ambiente (aperto) ma in realtà queste grotte erano cinque ed erano tutte collegate in modo sotterraneo. La Massoneria è un sistema iniziatico e in questo luogo il committente si ispirò ai supposti riti di una elite di Cavalieri Templari[7]. In questo primo ambiente avveniva il battesimo degli elementi, ci dice la guida; dovevano esserci quattro bassorilievi - uno per ciascun elemento Aria, Acqua, Terra, Fuoco – ma ne restano due, il bassorilievo del battesimo d'acqua e quello del battesimo del fuoco. Sono lastre appoggiate a terra in due punti differenti della caverna. Il Cittadella ne fornisce la seguente descrizione: “Nel discendere dal sommo della grotta incontrammo le tracce di due battesimi ad acqua ed a fuoco, che… purgavano i loro iniziati, imitando le prove d’acqua e di fuoco praticate nei misteri di Mitra. Vedemmo l’urna con accostato il basso rilievo che… raffigura il neofita ripiegato fuori colla persona all’ingiù, colle braccia pendenti, a cui sorregge il capo un Gerofante, mentre un altro vi riversa sopra l’acqua lustrale nel cospetto della civetta, uccello della sapienza”.
Anzitutto ripetiamo che il percorso attuale non contempla la discesa in questa grotta, alla quale si accede da un vialetto ed è aperta al passaggio (molto è cambiato, rispetto alle origini). Il bassorilievo attuale potrebbe essere lo stesso oppure si tratta di una riproduzione. Sappiamo che il proprietario, il conte Andrea Valmarana, ha fatto eseguire studi dall’Università di Venezia (ma la guida non li ha rivelati). Comunque l’iconografia è identica a quella descritta dal Cittadella; aggiungiamo che i due operatori sono imberbi, nudi e di genere maschile.
“Poco là mirammo il cratere, e l’arte del fuoco colla grata ferrea al di sopra, dove distendevasi il novizio… poi scorgi i due accoliti che assistono al rito, la stella a sette raggi che rappresenta le sette prime emanazioni della divinità, la cicogna che vale amore, e la lettera G, impressa dal gnosticismo… qui nell’imo della grotta trionfa l’arcano culto” (Cittadella). Riscontriamo alcune divergenze con la lettura del bassorilievo attuale: anzitutto le due figure “attendenti” sono di genere femminile, nude e con precise posizioni delle mani. Il neofita è posto di dorso sul braciere (al contrario rispetto al battesimo d’acqua, dove era riverso con la testa all’ingiù); sembra essere calvo. La cicogna citata dal Cittadella – oggi non si vede più alcun tipo di volatile nella scena - potrebbe essere in realtà una fenice, mitico uccello che rinasce dalle proprie ceneri. La lettera “G” non l’abbiamo vista, personalmente, ma non ci siamo potuti avvicinare molto al manufatto; in ogni caso essa – nel Quadro di Loggia – indica il G.A.D.U. (Grande Architetto dell’Universo).
L'ambiente era ancora più affascinante rispetto a come lo vediamo oggi perché era completamente ricoperto di stalattiti che erano state messe a posta infatti ancora oggi vediamo sotto l'arcone e in altri punti dei ganci destinati appunto a far pendere dal soffitto le stalattiti, alcune delle quali fatte arrivare apposta dalle grotte di Postumia. Era ricreata una grotta carsica; la volta a cupola con l’ oculo centrale ricorda molto quella che si incontra nel Pantheon (oratorio della villa) e allude all’unione del Cielo con la Terra.
A proposito delle grotte, sappiamo che erano…di legno! Pensiamo che genio lo Jappelli, come afferma il testo del suo Elogio funebre: “Codeste grotte che sembrano veramente un ammassamento di macigni sono invece tutte di legno, tranne le pareti esterne costruite in mattoni, ed alcuni pilastri… tutti gli accidenti che producono una perfetta imitazione delle caverne, sono procurate da grossi alberi, quali diritti, quali capovolti… gli spazzi… fra l’uno e l’altro… si riempiono di assicelle inchiodate ad essi… un intonaco questi svariatissima superficie… tinte date non con un diligente pennello… a piene secchie… Da occulti spiragli entra misurata la luce, che passando per vetri colorati si fa aurea o cilestre. Altri rami d’arbori pendono qua e là dalle volte… stillano gocce perpetuate da un idrofono… contraffanno le stallatiti. Questo metodo tenne il Jappelli non solamente in Saonara, ma anche nelle ville dei Cavalieri Treves in Padova, e del Duca Torlonia in Roma”. (Elogio… p.181)[8].
In una delle grotte (la terza nel percorso originario) si trovava l’enorme statua del Baphometto alta almeno 4 metri (la grotta fu ampliata nel 1835). La statua pare che sia stata abbattuta dai tedeschi durante la loro occupazione. Si ritiene che Jappelli abbia tratto il modello iconografico da un’illustrazione di Joseph von Hammer, Mysterium Baphometis revelatum (1818). Non potendo più, ai giorni nostri, vedere il colosso, dobbiamo ancora rifarci alla preziosa rilevazione del Cittadella: “…Ti basti sapere che lo Spirito santo di quella bugiarda teogonia appare nella statua gigantesca che ti sorge innanzi; essa è la Sofia dei Templari, l’Achamot, il Prunicos, il Barbero, la Terra, la Gerusalemme, il Boffomete… la prima persona della gnostica gerarchia dopo l’Eterno Pade. La sua corona triforme, la figura maschifemmina ti dicono adunarsi nel Baffomete, gli attributi di Cibele, di Venere, tiene con ciascheduna delle mani la catena degli Eoni, o dei secoli, in cima alla quale dall’una parte il raggio di sole, dall’altra splende la luna, perché il sole e la luna presiedono alla generazione, e Baffomete fa germinare la terra, favorire gli alberi”. “Ha un cranio tra i piedi, rutilanti gli occhi, il mento barbuto, e rimpetto giace un’ara rovesciata dal tempo ove leggesi il prototipo della fede ofitica, che il Jappelli accortamente volle espresso in caratteri arabici… la mole del nume torreggiante dal profondo, il terrore che spira lo sguardo, la maestà del mistero che lo circonda, la muta eloquenza del simbolo… rispondono… alla caligine… alla vastità di questo basso recesso, dove la mano dell’uomo emulò in pochi giorni le opere, cui la natura… non compie che in secoli”. Abbiamo anche una stampa dell’epoca (da Galiano, cit.):
Questi ambienti dovevano suscitare ammirazione, soggezione, forse riverenza o repulsione. Dipende da chi li visitava, dal grado di conoscenza acquisito. Un sonetto composto da Nicolò de Lazara in occasione delle nozze tra Andrea Cittadella Vigodarzere e la contessa Arpalice Papafava, di cui era cugino, metteva in guardia la novella sposina:
“Spuntar là xe un sepolcreto
Dei famosi Templari
……….
E brandi ed aste che la rugine morde
E polverosi scudi, e voti usberghi
E monumenti, e mille belle cosse
Ma no metessi mai ne piè ne passo
(parlo per il vostro ben, bela Sposeta)
Drento de quela grotta maledetta”[9]
Noi moderni visitatori scendiamo ora nella Stanza del Giuramento. Dalla grotta si devono fare Tre Gradini per scendere e quindi l'iniziato si ritrovava in un altro ambiente, l’unico oggi ipogeo. Qui l'individuo prometteva fedeltà alla Loggia. i gradini sono in penombra e si crea un ambiente molto suggestivo. Al momento del nostro arrivo, per inciso quando siamo andati a visitare questo luogo era il 24 settembre quindi molto vicino all'Equinozio d'autunno, abbiamo potuto godere di un fenomeno luminoso particolare che doveva avvenire forse già in origine: un raggio di sole al tramonto penetra attraverso l'ingresso della Cappella dei Templari ed entra in questo locale con un’angolazione tale che va a colpire un punto preciso, oggi non interpretabile ma un tempo forse illumina val'iniziato stesso che in questa maniera si bagnava di luce. Oppure colpiva una pietra chiara sul pavimento, ancora visibile, dove forse si posizionava il giurante? Come abbiamo avuto modo di rilevare quando siamo usciti, l’asse di orientazione della Cappella è esattamente est - ovest perché abbiamo determinato 90 gradi nella direzione dell'abside se ci fosse (c'è questo locale chiamato Stanza del Giuramento). La stanza, in origine, non era spoglia come attualmente la vediamo ma aveva delle immagini simboliche che purtroppo oggi non sono più rintracciabili. il giuramento avveniva di fronte all'altare cosiddetto dei Templari, infatti notiamo un bassorilievo sul davanti con dei motivi a intreccio e centralmente la croce patente che utilizzavano I Templari ma non solo loro. In questo caso era voluta perché Jappelli e il committente si erano ispirati proprio a loro. Nella stanza è stata ricostruita la scenografia, con la spada appoggiata sull’altare. Sappiamo dal Cittadella che nella Stanza del Giuramento si trovavano la spada, il pugnale e il bacile[10]. Una formula da recitare durante il giuramento era pure sull’altare.
Ai lati di quest’ultimo si trovano due coppie di colonne annodate o ofitiche. E’ stata una grande sorpresa, importante, nell’ambito di una ricerca che stiamo conducendo da diversi anni e in questo caso simboleggiano i massoni affratellati perché il nodo alla colonna ha questa valenza in massoneria; inoltre si rifanno anche al famoso Tempio di Salomone che, secondo il testo Veterotestamentario, aveva davanti due colonne, Jachin e Boaz, al quale tempio i massoni di tutto il mondo si ispirano. Ci soffermiamo brevemente sul termine “ofitiche”, dato che nelle descrizioni del Cittadella si parla di riti ofitici, riconducibili a correnti gnostiche formatesi nel paleo cristianesimo, i cui membri erano gli ofiti, adoratori del serpente (detto in parole molto povere). Nel VT il serpente è il corruttore della purezza primigenia di Adamo ed Eva ma ritenuto elargitore di conoscenza dagli ofiti, che erano sostanzialmente gnostici più che eretici (ma avversati dalla costituenda religione cristiana).
"All’interno del recinto pendevano le armature dei cavalieri del capitolo, e anche qui una scarsa luce pioveva dall’alto" (vi è un oculo sul soffitto); la sala è angusta; al paramento murario è addossato un sedile semicircolare (segue la pianta). “Dietro l’altare si sfonda nel muro il seggio del Gran Maestro”, scriveva Cittadella e ancora oggi si vede una sorta di trono di pietra.
Tra l'altro la Sala ha anche una sonorità particolare: si riesce a sentire benissimo anche se si bisbiglia dopodiché si esce da questa sala e si entra nella Cappella dei Templari vera e propria. Il visitatore resterà a bocca aperta! sulle pareti della Cappella si intravedono ancora delle iconografie; l'ambiente è spettacolare, tenebroso, carico di atmosfere neogotiche (questo fu il primo esperimento di gothic-reveal in Veneto). Pensiamo come dovesse essere originariamente! Infatti la Cappella è altamente alterata ma si vedono tutt’oggi un altare, frammenti di sarcofagi, pezzi lapidei che provengono dalla abbattuta chiesa di Sant'Agostino a Padova, abbattuta nel 1818 dagli austriaci, i quali dovevano fare spazio e allargare la caserma Piave. Era una chiesa bellissima, un capolavoro di arte medioevale. Antonio Vigodarzere e lo Jappelli quando vennero a sapere che la chiesa sarebbe stata abbattuta, si affrettarono per andare a recuperare del materiale, sperando di portare via qualche lapide, sepolcro e altare prima che venisse distrutta. I cosiddetti “Sepolcri dei Templari” non sappiamo se siano esattamente medioevali originali o delle riproduzioni.
Abbiamo detto che il percorso primitivo era inverso a quello che si effettua oggi. Esso aveva un senso ben preciso che Galiano riassume così: “L’attraversamento sotterraneo della Grotta, simbolica discesa nelle profondità della terra, è suddiviso in tre fasi: la prima è la visione della morte, sotto la forma del Sepolcreto dei Cavalieri[11], la seconda è l’iniziazione nella Sala del Giuramento davanti al Maestro, la terza, attraverso un passaggio ove l’Iniziato è sottoposto ai due Battesimi di Acqua e di Fuoco, è la visione del Baphomet in tutto il suo terribile splendore”[12].
Questo porta a considerare che tutta la scenografia del Giardino che stiamo visitando non fu creata per ammaliare le folle anzi, doveva essere compresa dagli iniziati e dalla colta elite. C’è però un punto oscuro: perché fu preso a riferimento von Hammer, che condannava i Templari, ritenendoli colpevoli delle nefandezze di cui erano stati accusati? Inoltre, nella descrizione del Cittadella i Templari vengono disprezzati: “[…]fermati a contemplare gli avanzi del rito templare… chiarito da monumenti incisi, e commentati dal… cavaliere… De Hammer e qui con ingegnosa simulazione riprodotti, a manifestare le colpe dei cavalieri, che da principio devoti alle astinenze del chiostro ed ai pericoli della milizia, sostenitori delle crociate, scaddero a mano a mano… si arresero ai seducenti inviti del clima siriano, gustarono l’esorbitante delle ammassate dovizie… si avvoltolarono nel bagno dei miti Greci, Egizi, Fenici… si abbandonarono allo enormezzo delle più nefande lascivi”. Erano sue opinioni? Oppure ritenne necessario pubblicarle, insieme alla descrizione del percorso, per evitare censure da parte delle autorità o sospetti? Ricordiamoci l’abiura di Jappelli, costretto dalle circostanze. Concordiamo sulla considerazione dell’amico Galiano quando scrive: “Potrebbe essere che Giovanni Cittadella abbia preferito nascondere sotto l’apparente disprezzo per i Cavalieri Templari, definiti eretici e sodomiti, il vero significato esoterico del giardino, che solo un’attenta lettura ed un’analisi approfondita riescono a rilevare e a rivelare”. Un po’ come i Padri della Chiesa che, avversando i vangeli gnostici, ne diffusero i contenuti… Ricordiamoci anche il periodo, l’Ottocento, in cui emergevano i “miti templari” e fu scritto di tutto e di più.
Il nostro viaggio di moderni visitatori è quasi terminato. Usciti dalla Cappella dei Templari ammiriamo la facciata, con quell’arco gotico che non calza con l’epopea in cui essi vissero, ma sono concessioni che vanno lasciate, al Jappelli. Al'esterno poi ritroviamo questa mescolanza di stili perché nell'Ottocento c'era proprio una ricerca in tale direzione, una rivisitazione del gotico e quindi troviamo un Sepolcro sulla destra, uscendo, e frammenti di colonne molto belle incastonate nel muro, come fossero rovine.
Il gruppo si affretta all’uscita; noi restiamo indietro, non vorremmo mai andarcene da qui. La Cappella non ha più le guglie di cui era dotata, ma risulta attraente, suggestiva nell’ambiente naturalistico che la contorna. Dobbiamo muoverci; il viale è quasi deserto e ci mettiamo a correre ma sulla destra – lungo il sentiero - ammicca un grottino da cui sembra emergere una statua candida femminile: la Primavera? Certamente non originale ma un bel messaggio di rinnovamento e rinascita!
C’è tempo per ammirare la parte retrostante della villa e i suoi proprietari vengono a salutare, insieme al custode di tutto questo patrimonio. Fiancheggiamo la barchessa e usciamo, andando a rimirare ancora una volta il Pantheon (la cui facciata è posta a 133° SE), da dove siamo partiti. Perché ogni viaggio è un ciclo e dopo una fine c'è sempre un inizio.
- Il sito ufficiale della Villa è https://villacittadellavigodarzere.com/
- Si trova in località Caovilla, via Val Marana 25 a Saonara (PD)
- Autrice: Marisa Uberti. Vietata la riproduzione senza autorizzazione e/o citazione delle fonti. Il presente articolo si pubblica in questa sede il 14/12/2023
- Si ringrazia il dr. Paolo Galiano
[1]N. Agostinetti scrive: “[…] quando nè il padrone della villa nè la presenza di chiari riferimenti come a Saonara potevano definire un giardino massonico, era possibile ricorrere al simbolismo presente nelle sue manifestazioni, usandolo però con cautela. Così se mancavano chiari simboli come squadra, cazzuola o compasso, era necessario osservare la grotta, i piccoli ponti, le scale, l’acqua, i colori, le piante, le costruzioni per dare se non un giudizio, almeno qualche dato che ne illustrasse la storia”, v. Nino Agostinetti, “Giardini massonici dell’Ottocento veneto”, pubblicato a cura delle RR:. LL:. La Pace, n. 76 di Padova e “Pietro d’Abano”, n. 1006 di Abano Terme, nella ricorrenza rispettivamente del loro duecentesimo e venticinquesimo anniversario di fondazione, 2° mese dell’anno di V:.L:. 6006, La Garangola, Padova. Digitalizzato al seguente URL: https://www.yumpu.com/it/document/view/15705538/giardini-massonici-dellottocento-veneto-pietro-dabano
[2] L’architetto fu costretto ad abiurare la sua affiliazione alla Massoneria nel 1926 di fronte alle autorità austriache, le quali perseguivano la Massoneria stessa per il suo carattere di segretezza, poco controllabile (si temevano sommosse). Jappelli avrebbe ammesso di averne fatto parte in età giovanile (tra il 1803 e il 1813), pentendosene (a 46 anni), ma riconoscendo il fatto che quella aderenza lo aveva introdotto nell’aristocrazia del territorio. In tal modo i facoltosi membri non gli avevano mai fatto mancare il lavoro né il guadagno. La sua spiegazione convinse i giudici a non procedere
[3] Cittadella, GIOVANNI, Il Giardino di Saonara, Alvispoli, Venezia, 1838
[4] Galiano, Paolo “I Templari e il giardino iniziatico. Il percorso iniziatico nella Villa Vigodarzere di Saonara”, 30 Gennaio 2010, Simmetria Institute Library Museum, digitalizzato al seguente URL: https://www.simmetriainstitute.com/it/simbolismo-alchimia-ermetismo/551-i-templari-e-il-giardino-iniziatico-di-pgaliano-parte-i.html
[5] Ricordiamo ai nostri lettori un altro percorso iniziatico (o per meglio dire, di “salvificazione”, come lo appellava il suo committente) degno di attenzione, quello del Giardino di Villa Barbarigo a Valsanzibio (PD), che abbiamo visitato nel novembre 2023
[6] Cittadella G., cit., 1838
[7] “Nel 1737 il Cavaliere Ramsay introdusse per primo nella Massoneria, almeno in modo esplicito, il mito (nel senso tradizionale della parola) della discendenza dai Cavalieri Templari di un ramo massonico, quello di origine scozzese e giacobita, il quale si sarebbe originato dalla fusione di Logge Muratorie scozzesi con un gruppo di Templari rifugiatisi in Scozia al tempo della persecuzione di Filippo il Bello e di Clemente V. Da allora in poi a partire dal barone Karl Gottlieb von Hund (circa 1750) vi fu un proliferare di nuovi Ordini di proclamata derivazione Templare, alcuni dei quali si mantennero indipendenti mentre altri si inserirono nella Massoneria a vario titolo, sia come Riti sia come singoli gradi di altri Riti” (Galiano, parte I, cit. 2010)
[8] Giacometti, N., cit., nota 15, p. 24
[9] N. DE LAZARA, Le Frassanelle e Saonara Per le nozze del conte Andrea Cittadella Vigodarzere con la Contessa Arpalice Papafava Antonimi dei Carraresi, Padova 1839 (Vedi Cap. III, n. 14), riportato da Agostinetti, cit., nota 25, p. 63
[10] “La spada usata dal Maestro per toccare tre volte la spalla destra del candidato, i pugnali con i quali i Fratelli minacciano di morte chi divulgherà i segreti della Società, il bacile contenente acqua pura per la “prova dell’acqua” o quello contenente liquido infiammabile per la “prova del fuoco” (a meno che non si tratti della coppa del liquido dolce e amaro che l’Apprendista deve bere), Galiano, 2010, cit.
[11] Analogia: “Gabinetto di Riflessione” nel rituale di ammissione al grado di Apprendista, cifr. Galiano, Paolo “I Templari e il giardino iniziatico. Il percorso iniziatico nella Villa Vigodarzere di Saonara”, parte II, 30 Gennaio 2010, Simmetria Institute Library Museum, digitalizzato al seguente URL: https://www.simmetriainstitute.com/it/simbolismo-alchimia-ermetismo/552-i-templari-e-il-giardino-iniziatico-di-pgaliano-parte-ii.html
[12] Galiano, P., parte II, 2010, cit.