Salve Marisa,volevo sapere se questo è il feedback,perchè è da poco che mi sono avvicinata all'informatica,sò mandare le mail e poco altro,ma il vostro sito mi affascinava troppo perché la storia e l'archeologia sono le mie passioni Mi dispiace.Cristina.
Il Sarcofago di Federico II e i suoi misteri
(testo e foto Marisa Uberti)
Quando, nel 1250, Federico II di Hohenstaufen morì (1) all’età di 56 anni, si trovava in Puglia, presso Castelfiorentino, un borgo fortificato nell'agro dell'odierna Torremaggiore, non lontano dalla sede imperiale di Foggia (Puglia settentrionale). Una leggenda narra che un astrologo di corte, Michele Scoto, gli aveva predetto la morte “sub flore”, e il sovrano dovette credergli se, ritenendolo un riferimento alla città di Firenze, restò sempre lontano da detta città. La sorte però volle che si ammalasse di un’oscura e fulminea patologia addominale, mentre era a Castelfiorentino (che, pur essendo in Puglia e ben lontana da Firenze, il termine “flore” lo contiene!). Pare che lo svevo –udito il nome della località dov’èra stato portato per curarsi – comprese il proprio destino. Definì il proprio testamento, decise di indossare il saio cistercense e si preparò all'evento funesto. A morte avvenuta fu tentata un’imbalsamazione del corpo. Il cuore, per volontà di Federico stesso, sarebbe rimasto in un’urna, nella cattedrale di Foggia (sede imperiale), dove si svolse la cerimonia funebre e dove la salma fu esposta per alcuni giorni all’omaggio dei sudditi, prima di partire per la sua ultima destinazione: Palermo.
- Porfido rosso: simbolo del potere imperiale
Il corpo di Federico II venne traslato nel duomo di Palermo, allora retto dal vescovo Berardo. Per lui era stato approntato un magnifico sarcofago in porfido rosso egizio, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza d'Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.
Interessante soffermarci un momento sulla scelta di questo materiale, il porfido rosso antico: noto come porphyrites per il suo colore rosso porpora (porphyra), particolarmente bello e resistente, era destinato alle personalità più eccellenti, ad esempio nell’antico Egitto i faraoni potevano aspirare ad avere questo tipo di sepolture. Le cave del porfido rosso si trovano nel deserto orientale egiziano e, precisamente, sul monte che dal colore della porpora prende il nome di Mons Porphyrites o Mons Igneus, monte di fuoco, chiamato adesso Gebel Dokhan, monte di fumo o fumante (Delli Santi, M. , Tombe, in “Federiciana”, 2005, Enciclopedia Treccani).
Nell’antica Roma il porfido rosso era simbolo di esaltazione regale; addirittura l'intero ciclo della vita si accompagnava al suo utilizzo: alcuni imperatori nacquero nella porpora (cioè in stanze ricoperte di porfido), a sottolineare la genìa regale, così da essere associati al titolo porfirogenito.
il massimo utilizzo di tale materiale avvenne sotto Diocleziano, che si sentiva investito di un potere soprannaturale e quindi divino. Inserendo tale materiale nelle strutture architettoniche, intendeva esternare il simbolo esclusivo del potere imperiale. “Al corpo stesso del sovrano, impregnato di un'aura di sacralità, doveva essere assegnata, al cessare delle sue funzioni vitali, la medesima regalità che aveva distinto la sua esistenza. Pertanto, anche per la sepoltura imperiale fu utilizzato il porfido rosso, a partire dalle ceneri di Nerone” (Delli Santi, 2005, cit.). L'ultimo imperatore a ottenere l'onore della sepoltura in una tomba di porfido fu Marciano (450-457).
Fino al V sec. d.C. il porfido veniva ottenuto con faticosi lavori estrattivi dalle cave mentre in seguito il materiale venne sistematicamente reimpiegato, movimentando, riutilizzando o spogliando manufatti in uso precedentemente (come i sarcofagi per le sepolture). Quelli dei re Normanni sepolti nel duomo di Palermo e di Monreale, però, non sono di mero reimpiego bensì di un vero e proprio “manus facere”, ossia vennero nuovamente lavorati, decorati e scolpiti. Essi sono databili tra il 1145 e il 1194.
- Le tombe reali nel duomo di Palermo
Entrando dall’ingresso meridionale, a sinistra si incontra la biglietteria per accedere alla Cappella funeraria degli imperatori normanni (2), che è la seconda della navata sud.
Il sarcofago dove fu collocato Federico II era stato da egli stesso scelto per esservi inumato: lo aveva fatto trasferire nel 1215 insieme a quello riservato a suo padre Enrico VI.
Il sarcofago di Federico II
In realtà questi manufatti si trovavano a Cefalù (da materiale di spoglio in Roma) e furono commissionati nel 1145 da Ruggero II, che ne avrebbe voluto uno per sé alla propria morte (come scrisse nel proprio testamento). Ma così non fu. Il nonno di Federico giace nella stessa cappella, in un monumento funerario comunque maestoso, in un sarcofago a cassa in lastre di porfido sovrapposte e sormontato da un coperchio a doppio spiovente. La madre di Federico II, Costanza d’Altavilla, riposa anch’ella in un sarcofago di porfido rosso, sotto un baldacchino con colonne dorate; questo sarcofago era destinato a Guglielmo II o a Tancredi, prima del 1194.
Il sarcofago di Ruggero II, nonno di Federico II
Il sarcofago di Enrico VI, padre di Federico II
Il sarcofago di Costanza d'Altavilla, madre di Federico II
Ai lati della Cappella si trovano due sepolture addossate alla parete: a sinistra Guglielmo, duca di Atene; a destra Costanza d’Aragona, prima moglie di Federico II, morta nel 1222. Il materiale di questa tomba non è porfido rosso ma il diffuso e apprezzato proconnessio o marmo di Proconneso (3), le cui cave si trovano in Turchia, presso il Mar di Marmara.
Il sarcofago di Costanza d'Aragona, moglie di Federico II
Della tomba del duca d’Atene diremo tra poco, perché prima dobbiamo procedere all’analisi del monumento funebre dell’imperatore Federico II: un enorme sarcofago dal fondo semicircolare, coperto da un baldacchino con sei colonne in marmo rosso due delle quali hanno il capitello di granito e sui lati aquile e grifoni. La copertura a tempietto è di granito.
Il sepolcro è sorretto da quattro figure leonine, con le code annodate e intrecciate, sui lati ben visibili. Dalle zampe anteriori di uno dei leoni spunta un giovane imberbe; tra le zampe dell’animale contro laterale è una figura antropomorfa capovolta. Infatti per poterla vedere adeguatamente abbiamo girato l’immagine e si vede proprio un essere umano, con tanto di baffi, le mani poggiate sulle ginocchia. Certo gli scultori medievali ne hanno prodotte di “bizzarrie” ma sempre con sottofondo simbolico.
Particolare della figura umana capovolta, tra le zampe del leone che regge il sarcofago
Tra i motivi “simbolici” troviamo, sul lato corto offerto al pubblico, in basso: un volto zoomorfo (leonino?) che regge tra i denti un anello, forse allusione all’uroboros, geroglifico della ciclicità della vita e dell’Unità cosmica. Sullo stesso lato corto ma nel piccolo timpano del coperchio del sarcofago, troviamo un curioso elemento, che lasciamo all’immagine il compito di descrivere:
Dettaglio del simbolo scolpito sul timpano del sarcofago di Federico II
Sul coperchio vi sono tre tondi scolpiti per parte; sull’altro lato corto troviamo un tondo con una croce scolpita.
L'epitaffio che si legge oggi non è quello originale (anzi, forse questo è solo l'ultimo di altri epitaffi) che recitava: "Si probitas, sensus, virtutum gratia, census, Nobilitas orti possent resistere morti, Non foret extinctus Fredericus, qui jacet intus" (traduzione: "Se l’onestà, l’intelligenza, le più alte virtù, la saggezza, la buona reputazione e la nobiltà del sangue potessero resistere alla morte, Federico, che qui riposa, non sarebbe morto"). La dedica sarebbe stata composta dall'arcivescovo palermitano, Berardo di Castacca, fedele amico dell'imperatore (e per questo corse anche dei rischi, nei confronti del papato, che invece era in pessimi rapporti con lo svevo).
- Tre corpi in un solo sarcofago: chi ha usurpato il sonno eterno di Federico II?
- La prima ricognizione ufficiale
Cosa sia mai accaduto, nel corso dei secoli, all’interno del sepolcro dove riposa lo “stupor mundi” difficilmente riusciremo mai a saperlo con certezza, mancando (al momento) fonti scritte che documentino gli avvenimenti. La prima ricognizione ufficiale risale al 1781, al tempo dell’ultimo grande restauro della cattedrale (1780-1801). Quest’ultima fu fondata dal vescovo Gualtiero Offamiglio (morto nel 1190 e sepolto nella cripta, in un sarcofago di marmo chiaro con decorazioni a mosaico, di reimpiego) poiché- fino a quel momento – la diocesi di Palermo non aveva una sede adeguata.
L’operazione di apertura del sarcofago di Federico di Svevia venne intrapresa da Francesco Daniele, coadiuvato dal canonico Rosario Gregorio (4) nel 1781. Oggi quella manovra viene considerata assai invasiva poiché portò ad una rottura del coperchio del sarcofago, nel tentativo di aprirlo e la ricollocazione del coperchio al contrario, sicchè non fu più garantita l’ermeticità. L’aria avrebbe così contribuito a decomporre le…salme. Già, al plurale! Perché quando venne aperta la tomba, si trovarono non uno ma tre corpi.
Il Daniele ci tramanda però dei disegni in cui il corpo di Federico II appare in ottimo stato di conservazione, come mostra la figura:
Federico II mummificato (immagine del 1781)
Esso giaceva sotto altri due corpi. Osservando il disegno c'è qualcosa che non quadra: è troppo perfetto. Ci viene da chiederci: come poteva eesere così ordinata la salma (e il suo corredo), se sopra aveva il peso di altri due corpi? Già questo è un bel mistero....
Sul perchè l'imperatore appaia senza il saio cistercense di cui si è detto all'inizio, come egli aveva disposto, è chiarito dalla cronache: lungo il tragitto da Foggia a Palermo, dopo i funerali, venne fatta una sosta a Messina. Prima della tumulazione nel grande sarcofago di profido rosso collocato nella cattedrale palermitana, il saio venne sostituito con gli ornamenti imperiali. Le cronache ci restituiscono una serie di dettagli inerenti la salma e il suo corredo, che non si potranno riscontrare mai più: "Posava la testa su un cuscino di cuoio, colla corona aperta, i cui raggi erano di lamina d'argento sottilissima, con perle e gemme; a sinistra era il globo d'oro empito di polvere, ma senza la solita croce. Vestiva una camicia di bella tela di lino, con rabeschi e iscrizioni cufiche ricamate sul colletto e sui polsini, lunga fino ai piedi, e cinta in vita con cordone, annodato davanti. Questa camicia era stata mandata dai Saraceni con altri doni all'imperatore Ottone IV quando, nel 1210,s'accingeva all'impresa di Sicilia. Una croce ricamata di seta rossa sotto la spalla sinistra ricordava che Federico era stato crociato. Di sopra una veste di seta rosso-chiaro, in forma di dalmatica a gran maniche oriate d'un gallone d'oro alto quattro dita e con una cintura di seta adorna di rose d'argento dorato. Una specie di piviale di seta pur rosso-chiaro, con piccole aquile e altri graziosi ricami. era serrato al petto da un fermaglio d'oro ovale, con un'ametista in mezzo, venti smeraldi in giro, e grosse perìe alle estremità. Portava calzoni di tela sino ai piedi, e questi aveano stivaletti di seta, sul cui tomaio vedeasi una capretta entro un cerchio: una coreggia di cuoio teneva gli speroni d'acciaio. Al fianco sinistro una spada corta, col pomo di legno, coperta di filagrana d'argento dorato sospesa a un cinturone di seta cremisi scuro con vari fregi, da cui pendea pure la tasca di bella fattura. Le mani, incrociate sul ventre, erano senza guanti, e il medio portava un anello d'oro con grosso smeraldo" (Archive.org; per altre descrizioni originali si veda questo link).
Ma seguiamo la testimonianza oculare pervenutaci da F. Daniele in merito agli altri due inumati nel sarcofago di Federico II:
“ Dischiusa che fu l’arca di questo sepolcro, si presentarono alla prima due corpi, sotto quindi stava il terzo; e quello ch’era al lato destro, si copriva di un manto regale, sebbene fosse tutto cucito in un sacco alla cui estremità verso la testa avea un ricamo di piccole perle che rappresentavano tante aquilette, che formavano corona; di più avea di spada armato il fianco le quali cose tutte ci condussero ad opinare, essere un Re; ed a riconoscerlo per Pietro II d’Aragona ci servì di guida ciocchè di lui lasciò scritto il Surita cioè, ch’essendo egli morto in Calascibetta l’anno del Signore 1342, fu il suo corpo trasportato in Palermo, dove ebbe sepoltura nel Duomo accanto all’Imperatore Federico; e le stesse aquilette ricamate nella parte superiore del sacco il distinguono abbastanza per un principe aragonese. L’altro corpo di minor grandezza, giacea al lato manco, ridotto a nude ossa, avea il braccio diritto disteso sotto Pietro; anche si poté argomentare, essere ivi stato deposto prima di lui. Era questo involto in un logoro drappo, nel quale furono rinvenute due anelli d’oro con pietre di non molto valore; e per quanto si poté dallo scheletro conoscere, dovett’essere di donna, che nel denso buio dell’antichità non sapremo indovinare chi mai siesi ella stata […]”.
- Secondo mistero: chi è la donna sepolta con Federico e Pietro II d’Aragona? Quando venne inumata in questo sarcofago regale?
- Terzo mistero: quando venne deposto il corpo di Pietro II d’Aragona e perché? A questa domanda gli storici hanno una risposta parziale: la data pare essere il 18 agosto 1342. Quindi circa un secolo dopo la morte di Federico II, ma come mai venne seppellito nel suo sarcofago, dal momento che non era nemmeno un discendente diretto dello “stupor mundi” (5)?
La critica sembra concordare sul cosiddetto “vincolo di necessità”; Pietro II d’Aragona morì improvvisamente mentre si trovava in ispezione, a Calascibetta, il 15 agosto 1342. Il funerale avvenne il 18 agosto nel duomo di Palermo, dopo che il corpo subì una sommaria imbalsamazione. A quel tempo il Regno di Sicilia era in crisi ed era funestato da cinquant’anni di guerre; l’apparato statale non era in grado di fornire i mezzi necessari per una tomba degna di un re, così si decise di aprire quella di Federico II e deporvi il neo-defunto. Questa pratica di inumare più corpi in un medesimo sepolcro, non è isolata, come del resto le fonti storiche confermano, anche se sconveniente o, per meglio dire, irriverente nei confronti di un sovrano importante quale fu Federico II. C'erano altri sarcofagi a disposizione: perchè utilizzare proprio il suo?
Forse, scomodo com'era stato alla Chiesa lo Svevo, agli arcivescovi palermitani che concessero l'apertura del sarcofago per ben due volte, per inumarvi altri due cadaveri, poteva quasi apparire come un becero "ben gli sta!" (usando una scorciatoia verbale). Si sarebbe dunque avverata la profezia di Michele Scoto che aveva predetto a Federico che "[...] avendo voltato le spalle alla madre (Chiesa) il becco dell’aquila imperiale scontrandosi contro la pietra solida (Chiesa di Pietro) si sarebbe ritorto in modo tale da impedire l’assunzione del cibo, generando pene e dolori terribili che si sarebbero trascinati sino alla morte e oltre". Sappiamo che la morte dell'imperatore fu dovuta ad un'acuta patologia addominale, che veramente gli procurò atroci dolori e impossibilità a nutrirsi. Ma Scoto (astronomo, astrologo e fidatissimo consigliere dell’imperatore svevo) concludeva il funesto presagio con tormenti che andavano "oltre la morte", come se Federico non dovesse riposare in pace nemmeno nell'aldilà. E dall'andirivieni nel suo secpolcro, sembra averci preso, anche se probabilmente la profezia era una modalità di avvertire il sovrano di non cingere la corona pena la dannazione eterna dell'anima.
Tuttavia, tornando a corpi inumati in sarcofagi altrui, generalmente si conosce la loro identità. Nel caso presente nulla di sa, invece, del terzo corpo tumulato: per lungo tempo si credette che fosse quello del duca di Atene, Guglielmo d’Aragona (6). Ma la descrizione del Daniele ci restituisce un’altra verità (poi confermata dalla ricognizione più recente): il terzo corpo appartiene ad una donna.
La credenza che all’interno del sarcofago dello svevo potesse trovarsi Guglielmo d’Aragona, morto l’ 11 maggio 1338, è frutto di un’erronea quanto grossolana interpretazione della stessa volontà testamentaria del duca (“iuxta monumentum sacratissimi principis imperatoris Friderici”) che desiderava essere tumulato vicino al sarcofago dell’illustre svevo ma non “dentro”! In effetti a sinistra del monumento funebre di Federico II si trova il sepolcro di Guglielmo (che fu rivestito per sua volontà dell’abito dei frati Predicatori) e nel 1831 il canonico Rosario Gregorio bene metteva in evidenza l’epigrafe riportata sul frontale, la quale qualifica il suo proprietario: “Dux Guillelmus erat genitus regis Friderici Qui iacet hic pro quo Christum rogitetis amici”; sono inoltre ripetute due volte le tessere del Regno di Sicilia, i pali rossi della Casa di Barcelona con l’inquartato in croce di Sant’Andrea e le aquile dello svevo Manfredi. Il sarcofago di Guglielmo d’Aragona è attualmente visibile incassato nel muro orientale della Cappella delle Tombe Reali (del suo corpo, però, non sappiamo altro).
Prima dei lavori di restauro iniziati nel 1781, le urne sepolcrali si trovavano presso il coro della cattedrale.
Sarcofago di Guglielmo II d'Aragona
Se alcuni tasselli possono considerarsi “a posto”, ne manca uno importante, in tutta questa vicenda: chi è la donna sepolta con Federico II e Pietro II? Sono state avanzate diverse teorie, tenendo conto che la presunta età dell’inumata (desunta dall’antropometria) si aggirava tra i 18 e i 25 anni.
Ipotesi proposte dagli studiosi:
- Beatrice di Svevia, nata nel 1260 dal re Manfredi di Svevia e da Elena, figlia di Michele Doukas Commeno (Angelo) despota d’Epiro, che il figlio prediletto di Federico II aveva sposato, in Trani, il 2 giugno 1259, dopo la morte della prima moglie, Beatrice di Savoia, già vedova di Manfredi III marchese di Saluzzo; la principessa bizantina aveva portato in dote al Re di Sicilia l’isola di Corfù e molte piazzeforti epirote, ma gli darà anche quattro figli Beatrice, Federico, Enrico, e Anzolino (Rosario La Duca, v. n. 7). Ma ricerche accurate hanno portato a concludere che Beatrice, morta il 19 novembre del 1306 a 46 anni, venne seppellita nel monastero di Revello (in Piemonte, poiché lei aveva il titolo di Marchesa di Saluzzo). A causa della soppressione del convento, della lapide tombale non esiste più traccia, ma il fatto che la nobildonna avesse fatto un cospicuo lascito al monastero stesso, lascia intendere che volesse essere lì sepolta. Non è quindi lei la donna del sarcofago federiciano.
- Elisabetta di Gorz Tirol dei duchi di Carinzia (8), che andò sposa a Pietro II d’Aragona (sepolto nel sarcofago di Federico II, come già abbiamo appurato) il 24 aprile 1323. Colpisce un dettaglio nella sepoltura, in effetti: il braccio destro della donna è proteso sotto i fianchi di Pietro II, forse un abbraccio? Morendo nel 1352, sopravvisse dieci anni a Pietro II. Se fosse Elisabetta, nata intorno al 1300 e morta nel 1352, doveva avere circa 50 anni al momento del decesso. Sarebbe troppo “vecchia”, rispetto ai 18-25 anni di età che dovrebbe avere la ragazza inumata. Inoltre il fatto stesso che il braccio destro si trovasse sotto quello di Pietro II indica che probabilmente fu deposta prima di lui e non dopo. Com'è possibile, se Elisabetta morì dieci anni dopo il marito? La sua regalità sarebbe stata degna di far aprire un sarcofago reale per la terza volta (pure per lei si deve pensare al “vincolo di necessità”) ma i punti che abbiamo evidenziato non sembrano venire in aiuto alla tesi che appartengano a lei quei misteriosi resti.
Quali altre figure femminili potrebbero entrare in gioco? Ancora il mistero è tutt'altro che risolto.
- La seconda ricognizione ufficiale
Tra il 1994 e il 1998 venne condotto un procedimento di riapertura del sarcofago federiciano, finanziato dalla Regione Siciliana e condotto secondo sofisticate tecniche non invasive che si sono avvalse di tutte le più innovative strumentazioni per condurre esami stereofogrammetrici, radiografie e prelievi. Promotore dell'iniziativa è stato l'assessorato regionale ai Beni culturali, in collaborazione con l'Istituto Centrale del Restauro di Roma, il Centro regionale del Restauro, la Sovrintendenza ai Beni culturali di Palermo, la Curia Arcivescovile del capoluogo siciliano, docenti universitari italiani e tedeschi. E’ stato istituito un Comitato Scientifico che ha definito i contenuti e gli obbiettivi dell’impresa (10). Nel 1994 un’indagine endoscopica aveva appurato uno stato di grave degrado all’interno della sepoltura, dunque si intendeva procedere all’acquisizione di nuove e più complete informazioni al fine di poter avviare un restauro conservativo.
Si è adottata la cosiddetta “apertura minimale” del sarcofago, che ha consentito di scattare fotografie ed eseguire videoriprese. E’ stata allestita una "camera bianca" per evitare possibili danni dovuti al contatto del contenuto dell'urna con l'aria. Alzato il coperchio di 20 cm, sono stati ripuliti i bordi dalle colle e sono stati compiuti microprelievi di alcuni campioni che sono stati sottoposti a esami microbiologici ed entomologici. E’ stata effettuata anche la microaspirazione delle polveri superficiali sui materiali tessili per comprendere il livello del deterioramento e il sistema di conservazione. Una delle fasi più delicate ha comportato il prelievo di campioni per lo studio del DNA di Federico II. Che, tuttavia, non sembra essere stato eseguito in quanto il paleontologo prof. Francesco Mallegni, chiamato in prima istanza a compiere l’analisi del DNA mitocondriale dell’imperatore, ha declinato la propria adesione di far parte del Comitato Scientifico perché, a suo dire, sono mancate le condizioni necessarie (era contrario all’apertura minimale, che non consentiva adeguate procedure). La ricerca del DNA su Federico II parrebbe dunque essere stata un fallimento, forse anche perché i suoi tessuti organici erano troppo degradati (11).
La ricognizione ha consentito di appurare i seguenti punti principali:
- E’ stata confermata la presenza dei tre corpi, ma in uno stato di completo sconvolgimento, rispetto a quanto avevano tramandato i disegni del Daniele nel 1784
- Federico II non è più integro: di lui si è potuto intravvedere solo il cranio (completamente ossificato) con, nella parte superiore sinistra, il globo imperiale, parecchio frammentato
- Il corpo sovrapposto al lato destro dell’imperatore, identificato con Pietro II d’Aragona ed avvolto in un sudario, mantiene ancora le proprie connessioni anatomiche. L’esame radiografico ha rivelato la presenza di una spada e di uno scalottamento posteriore, effettuato per l’imbalsamazione
- L’individuo (la donna) posto lungo il lato sinistro, scheletrizzato, non mantiene le proprie connessioni anatomiche. Presenta evidenti sconvolgimenti, incompatibili con i normali fattori tafonomici e da evidente disturbo, forse risalente all’apertura del 1781. Gli elementi del corredo personale consistono nelle vesti e in alcuni oggetti metallici, visibili nelle radiografie (Fornaciari, G., 2009) (9).
Forse ci si sarebbe aspettati qualcosa di più da questa moderna ricognizione tecnologica ma non vogliamo entrare nel merito della polemica che si è inevitabilmente accesa tra accademici e non, alla presentazione dei risultati ottenuti, avvenuta nel 2002, undici anni fa.
Ciò che resta è l’alone di mistero che continua a circondare in morte, come in vita, la figura di Federico II. Del resto ciò permette un continuo afflusso di turisti, specie tedeschi, al duomo palermitano, dove egli riposa. Poco importa se solo o in compagnia di qualcuno; poco interessa ai visitatori se il suo corpo si è completamente disfatto. L’importante è essere lì davanti al sarcofago e magari lasciare un fiore, in un gesto tenero, per un sovrano che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia. Gloria antica che fa dimenticare che in quel sarcofago a regnare è solo il disordine.
Situazione dell'interno del sarcofago alla ricognizione del 1998
Note:
- Sulla sua morte gravano ancora dei misteri: morte naturale o avvelenamento? In una profezia attribuita a Michele Scoto si narra che Federico II (aquila nova) proteggerà con le sue ali le genti, ma poi avendo voltato le spalle alla madre (Chiesa) il becco dell’aquila imperiale scontrandosi contro la pietra (San Pietro) solida si sarebbe ritorto in modo tale da impedire l’assunzione del cibo, generando pene e dolori terribili che si sarebbero trascinati sino alla morte e oltre
- Con lo stesso biglietto si può visitare, oltre alle tombe reali, il Tesoro del duomo e la suggestiva cripta, la cui fondazione risale al VII sec. d.C., in cui si ammirano innumerevoli sarcofagi di vescovi e personalità di spicco medievali. I sarcofagi sono quasi tutti di reimpiego, romani o greci, splendidamente scolpiti o riscolpiti, in talune occasioni, per adattarli all’uso cristiano.
- Si ritiene che la motivazione non risieda nell’aver voluto sminuire la donna, che fu comunque imperatrice, quanto la difficoltà di reperire porfido rosso in zona. Altre due mogli di Federico sono sepolte nella cattedrale di Andria, per volere del consorte: si tratta di II Isabella d'Inghilterra e di Iolanda di Brienne
- Daniele, F., Gregorio, R. “I regali Sepolcri del Duomo di Palermo” (Napoli, 1784), di cui una copia si conserva nella Biblioteca Centrale della Regione Siciliana alla segnatura Bibl. B. C. 3. H. 28
- Pietro II era figlio e successore di Federico III che, a sua volta, era figlio di Pietro I d’Aragona e di Costanza, figlia di re Manfredi. Aveva dunque sangue reale ma non era discendente diretto di Federico II
- Duca d’Atene e dei Neai Patriai, Marchese di Randazzo e Conte di Calatafimi, figlio di Federico III e fratello del regnante Pietro II
- Riportato dall’interessante lavoro di Roberto Patricolo in "Dibattitto sulla identificazione della terza salma nel sarcofago di Federico II "
- Moglie di Pietro II d’Aragona, figlia del duca di Carinzia Ottone e di Eufemia di Slesia
- Gino Fornaciari “Le tombe monumentali medievali e post-medievali”, Giornata di Studio su: "Sepolture anomale. Indagini archeologiche e antropologiche dall‘Epoca Classica al Medioevo“, Castelfranco Emilia, 19 dicembre 2009 org. Dall’ Università di Pisa, Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina -Divisione di Paleopatologia, Storia della Medicina e Bioetica
- I risultati ufficiali della lunga ricognizione sono stati raccolti nell’ opera: “Studi, ricerche e indagini sulla tomba di Federico II nella Cattedrale di Palermo”, tre eleganti volumi stampati a cura dell’Assessorato regionale ai Beni Culturali e del Centro Regionale per il restauro
- Si veda l’intervista al prof. Francesco Mallegni
Guardate anche il video da noi realizzato:
Argomento: Sarcofago dei misteri
R: comunicazione
Marisa | 03.07.2013
Benvenuta, Cristina! Anche chi si avvicina da poco tempo all'informatica, può trovare semplici gli strumenti su questo sito, che sono anche i migliori perchè troppa tecnologia stroppia. Si, questo è il modulo feed-back: da usare per considerazioni immediate inerenti l'argomento dell'articolo.
Io trovo molto singolare tutta questa faccenda dei tre corpi nel sarcofago di Federico II: perchè proprio il suo, anzitutto, per inumare già nel secolo successivo Pietro II d'Aragona? E poi una donna ancora avvolta nel mistero che, da quanto ho riportato nel pezzo, potrebbe essere stata inumata prima ancora di Pietro, in via dubitattiva (il braccio sin. della donna risultava sotto quello dell'uomo ed entrambi erano sopra la salma di Federico II).
Come può, poi, essersi presentato così ordinato il corpo di quest'ultimo, avendo avuto sopra due corpi per diversi secoli?
E come mai fu tutto sconvolto tanto che oggi non si riconoscono quasi i rispettivi resti? Credo che vi sia ancora molto da capire e da sapere.
Federico
Marisa | 30.06.2013
Ciao, Leondino, inauguriamo dunque questo strumento feed-back.
Attendiamo di conoscere questi legami e, quando pronto. il tuo immesno lavoro. Grazie e a presto...
federico
leondino | 28.06.2013
Ciao Marisa
Sono il tuo amico di Atri in Abruzzo
Molto interessante sia l'articolo che i link su Federico II perchè
penso che mi saranno utili nell'articolo che ti sto scrivendo
(da un pò troppo tempo lo so) perchè ci sono dei legami tra Federico II ed Atri che in pochi sono a conoscenza.
A risentirci presto
R: federico
DPNM | 15.11.2013
Grazie, Leondino. Spero fdi leggere dunque presto anche il tuo articolo. Un saluto cordialissimo!