La Pala di San Donnino, firmata da Francesco Bassano e databile attorno al 1586, si trova ora in controfacciata nella vicina chiesa di Sant'Andrea Apostolo, in via Porta Dipinta, ed è stata restaurata nel 2019 dalla Fondazione Credito Bergamasco.
La chiesa di San Michele al Pozzo Bianco
(Marisa Uberti)
- Notizie storiche
La Chiesa è situata oggi tra Via Porta Dipinta e Largo San Michele, sul margine orientale di Bergamo Alta.
Ubicazione della chiesa (Estratto della Carta Tecnica Comunale- Cartografia numerica realizzata con riprese aeree del novembre 1993, aggiornata per la trasposizione in database topografico con riprese aeree del 7 novembre 2007, collaudata il 6 luglio 2010. Fonte: IBCAA)
Area comprendente la Chiesa sottoposta a Vincolo, con decreto del 24/3/1912 (dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia)
L'edificio si trova ad una LAT= 45°42’15.09’’ N e ad una LONG = 9°40’12.25’’ E
Elevazione 322 m, alt. 393 m
E’ considerata tra le più antiche chiese della città, se non la più antica di tutte. La dedicazione a San Michele deriva probabilmente dalla sua fondazione all’epoca dei Longobardi, ai quali era particolarmente cara la figura dell’Arcangelo guerriero. La prima citazione dell’edificio risale al 774[1], all’interno di una serie di lasciti che Taidone (di stirpe longobarda) fece a varie chiese bergamasche, tra le quali è menzionata la Basilica di Sant’Arcangelo Michele Fuori le Mura[2]. A quel tempo le uniche mura che esistevano in città erano quelle romane[3]; la citata chiesa doveva già esistere, nell’VIII secolo, ma quand’era stata fondata? Su questo non v’è ancora una risposta precisa e si potrebbe ipotizzare che, in precedenza, in questo luogo sorgesse un tempio dedicato a Giove ed altre divinità, per via della presenza di una lapide ritrovata nei pressi[4]. Non si hanno, tuttavia, prove concrete ma gli archeologi concordano sul fatto che la primitiva chiesa cristiana dovesse corrispondere all’attuale cripta, chiamata anche scurolo. Nacque probabilmente in epoca longobarda, dato che San Michele Arcangelo era particolarmente venerato da quel popolo. La consacrazione della chiesa di San Michele sarebbe avvenuta però nell’anno 801 (sotto il dominio Carolingio) ad opera del vescovo di Reims, ma la notizia non è confermata dalle fonti[5] e solo a partire dal 905 troviamo nel toponimo l’appellativo “al Pozzo Bianco”, sul cui significato si sono fatte diverse ipotesi e tutte inerenti la presenza di acqua. La più accreditata è che vi fosse una vera di marmo bianco, a circondare l’imboccatura di un pozzo che era situato alla base dell’attuale sagrato, dove un chiusino reca scritto “QUI SORGEVA L’ANTICO POZZO BIANCO”.
Sopra e in primo piano il chiusino che indica la presenza del Pozzo Bianco, lungo Via Porta Dipinta. La piazzetta di San Michele, in declivio, conduce all’ingresso della chiesa. Sotto, particolare del chiusino con l'iscrizione "Qui sorgeva l'antico pozzo bianco"
L’edificio romanico fu ricostruito tra il XII e il XIII secolo; sappiamo che a lungo fu a capo di una “vicinia”[6] che si estendeva ben oltre il tracciato delle Mura; a tal scopo sorse nel 1266 un Consorzio o Corporazione di San Michele che, nato completamente laico negli scopi e nell’amministrazione, si occupava anche di pratiche religiose, luminarie, ecc. (sembra che tale istituzione fosse un'emanazione del Consorzio della Misericordia Maggiore o MIA.
Aveva sede nella cosiddetta Casa del Vicario (struttura a sinistra della facciata della chiesa). Tale Consorzio venne approvato dal vescovo Guiscardo nel 1272 ma le fonti lo descrivono poco laico e molto dedito a pratiche religiose. Ad esempio la visita degli infermi non era permessa che al Canevario del Consorzio, dietro licenza dei Consiglieri. Inoltre fu disattesa la deliberazione che, raggiunto un certo capitale, il disavanzo si distribuisse ai poveri, perché tale norma venne abolita per volontà stessa del cappellano di S. Michele e ancora non è chiaro con quali intenti sorse o si sviluppò, pertanto, tale Consorzio. Negli Statuti del 1263 sono descritti i Vicinati in un ordine preciso, sulla base alla divisione in quartieri della città e del suburbio; troviamo così i seguenti Vicinati[7] tutti posti sotto la "Porta di Sant'Andrea" [8]:
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di S. Eufemia |
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di S. Andrea |
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di S. Michele del Pozzo |
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14. |
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di S. Alessandro della Croce |
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di S. Giovanni dell’Ospitale |
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16. |
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di S. Antonio |
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17. |
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di S. Cassiano |
Nel 1263 vi erano ventidue “vicinie” a Bergamo, ma già nel 1187 troviamo la nostra chiesa tra le undici principali cappelle, che indubitatamente avranno formato sotto l’aspetto ecclesiastico altrettante vicinie. Nel 1196 alcuni Cappellani tentarono di allargare le loro funzioni parrocchiali amministrando i battesimi indipendentemente dalla Cattedrale: quelli di S. Andrea, S. Salvatore, S. Michele dell’Arco, S. Eufemia, S. Lorenzo, S. Alessandro in Colonna, S. Alessandro della Croce, S. Michele del Pozzo (la chiesa di cui stiamo discutendo).
La “Vicinia” di San Michele al Pozzo Bianco durò diversi secoli (abbiamo testimonianze del 1251, 1263, 1453, 1491, 1563, 1596). Divenne Parrocchia e lo rimase fino al 22 giugno 1805, quando divenne chiesa sussidiaria e fu accorpata alla Parrocchia di S. Andrea (decreto promulgato dal vescovo Dolfin in data 10 gennaio 1806).
- Arte, architettura, curiosità e misteri...
La chiesa è aperta al culto e vi si svolgono regolari funzioni liturgiche. In merito alla struttura architettonica originaria è difficile stabilire quale fosse realmente; le parti più antiche, stando agli archeologi, si trovano in alcune porzioni della cripta, del muro esterno ad archetti romanici e poco altro. Nel XV secolo le venne conferito l’aspetto che ancora oggi vediamo. La facciata che il visitatore incontra non deve trarre in inganno: lo stile neo-romanico è un rifacimento del 1915, mentre il campanile venne completato nel 1925.
Scorcio della facciata con la finestrella a croce tamponata (è tutto un rifacimento del XX secolo), che occulta la facciata originaria. A sinistra, addossata all'edificio, la Casa del Vicario, con residui di affreschi ancora parzialmente visibili. Nella foto di destra, un'immagine d'epoca (1905), dall'Archivio Domenico Lucchetti, tratta dalla piccola guida "San Michele al pozzo Bianco", Little Mercury Edizioni
La facciata presenta una finestrella a croce, tamponata, superiormente, ai cui lati stanno due trifore (a destra e sinistra) e due sottostanti finestroni, ma nessuna di queste aperture ha importanza ai fini dell’illuminazione dell’interno, che non raggiungono.
Ricostruire i suoi orientamenti archeoastronomici non è facile, proprio per le modificazioni strutturali che l’edificio ha subìto e perché ad esso sono state addossate strutture private. Un tempo, però, doveva essere piuttosto isolata alle pendici del colle, con un semicerchio montuoso all’orizzonte a farle da corollario. Per tutto il Medioevo rimase esterna alle mura (che nel frattempo erano state rinforzate e ampliate), e soltanto nel XVI secolo venne inglobata nel sistema fortificato della Serenissima Repubblica Veneta.
Se non fosse per l'alto campanile, la chiesa risulterebbe occultata alla vista. La freccia, sinistra, indica il corpo laterale (visto da Campo S. Agostino) con le tre finestre del lato ovest. Nell'immagine a destra la visuale del campanile, da ovest, più ravvicinata.
Un grande arcone con un cancellata introduce nell’atrio, dove è possibile notare la base ad arco del campanile, con una piccola porticina, e un affresco quattrocentesco di Madonna con Bambino. Sappiamo che l’edificio è attualmente composto da una chiesa superiore e da una cripta, sempre accessibile al pubblico.
Pianta della cripta e della chiesa superiore
- Chiesa Superiore
Un visitatore di qualche decennio fa avrebbe visto un'interno decisamente diverso, con colori scuri alle pareti, che non avevano ancora rivelato la presenza- preziosissima- di affreschi duecenteschi, tra i più antichi dell'Italia settentrionale. Ne parleremo tra poco.
All’interno lo spazio è impostato su una pianta rettangolare non perfettamente regolare; l’unica navata termina in tre cappelle (che costituiscono, di fatto, la parte absidale), di cui la centrale è di dimensione doppia delle due laterali. Tutte e tre sono chiuse da inferriate del XVII secolo e sono interamente affrescate da cicli pittorici del 1500.
L’aula è divisa in tre campate, scandite da due ampi arconi a sesto acuto di epoca quattrocentesca, che si sono innestati su strutture precedenti. La copertura è data da un tetto a travatura lignea, a capanna. La controfacciata presenta un oculo tamponato (un rosone medievale, con ogni probabilità) e tre porte, che hanno alterato i cicli pittorici presenti.
La porta collocata sul lato sinistro della navata immette nella sacrestia (non visitabile), costituita da tre locali disposti parallelamente alla parete; la porta posta sul lato destro della navata (di fronte alla precedente), immette in un locale che si sviluppa longitudinalmente e con funzioni di servizio (non visitabili).
Un altare rivolto al popolo è presente alla testa della navata, centralmente.
Il lato nord-occidentale della navata presenta tre monofore, come il lato sud-orientale. In totale, nella chiesa, abbiamo contato dieci aperture (contando quelle delle tre cappelle: 1+2+1). Da notare che le pareti di fondo delle tre cappelle non hanno aperture.
Interno della chiesa, ad aula unica, a pianta rettangolare non perfettamente regolare e tre Cappelle che formano la parte absidale
La Cappella posta a sinistra di quella centrale (per chi guarda) è detta “della Madonna”, è munita di una finestra sul lato sinistro ed è famosa perché ospita un ciclo pittorico di Lorenzo Lotto (1480-1556 o 1557), realizzato nel 1525. Durante l’esecuzione dei lavori, l’artista fu ospite della famiglia Bonghi, che abitava in una casa prospiciente la piazzetta del sagrato della chiesa, che purtroppo è stata in gran parte inglobata nel vicino pensionato delle suore Orsoline di Gandino. Un tempo, infatti, vi era un vicoletto situato sulla destra della chiesa, ancora presente in foto di inizio XX secolo, oggi però scomparso perchè venne chiuso e al suo posto fu costruito un corpo di fabbrica per unire tra loro li edifici già esistenti.
Cappella affrescata da Lorenzo Lotto (a sinistra per chi guarda l'altare). Nel 1902, quando la chiesa era sottoposta a restauro, vennero rimessi in luce i capolavori lotteschi, che si sapeva esistessero ma non si vedevano più. Furono restaurati e resi disponibili nuovamente all'ammirazione del pubblico. Le scene sono dedicate alle Storie della Madonna: la nascita da S. Anna, la presentazione al Tempio, lo Sposalizio, la visita dei Magi al Bambino Gesù...I dipinti, che sono stati valutati anche da Vittorio Sgarbi, denotano la sapienza compositiva del pittore, che in una architettura ricurva illustrò ogni scena con un'accuratezza formidabile, usando armonie cromatiche degli accostamenti; risultano curiosi specialmente i verdi, enigmaticamente ottenuti.
- La rarissima "Annunciazione" del '300
Poco prima della Cappella della Madonna affrescata dal Lotto, sulla parete sinistra e ad un'altezza considerevole, troviamo un affresco che raffigura l'Annunciazione dell'Incarnazione a Maria da parte dell'Arcangelo Gabriele. All'osservatore curioso e attento sveleremo un particolare che rende questo dipinto alquanto raro, rispetto alle altre Annunciazioni: sopra l'Angelo, in una sorta di mandorla mistica che si vede appena, stanno Gesù e pochi eletti, attorniati da angeli, ed è proprio il Signore che sembra inviare se stesso (sotto forma di piccolo Bambino) alla Madonna, precedutO da una bianca colomba. Ad occhio nudo non si riesce a distinguere molto nitidamente, ma con lo zoom digitale si può riuscire abbastanza bene a vedere il Bambino che raggiunge Maria per incarnarsi. Spettacolare!
Pur conservandosi abbastanza bene, l'affresco risulta comunque un po' deteriorato, se confrontato con un'immagine che abbiamo reperito durante le nostre ricerche. La parte sinistra si vedeva integralmente (ved mentre oggi il dipinto appare tagliato diagonalmente proprio in quella posizione (non sappiamo quando ciò sia avvenuto ma è probabile in seguito ai lavori del XX secolo). Abbiamo accentuato i colori per consentire di osservare meglio la composizione della scena.
Il dettaglio del Bambino che sta per raggiungere Maria per incarnarsi si vedeva benissimo (prima immagine), oggi non più (braccine e parte del corpo abrase). Comunque il significato di questo straordinario affresco rimane pienamente.
Anche la Cappella Centrale è provvista di affreschi degni di attenzione, che sono poco conosciuti dal comune viistatore (forse perchè vi è anche una cancellata che impedisce l'accesso, come del resto alle cappelle laterali); i dipinti furono eseguiti da mani diverse e in epoche diverse e sono, per certi aspetti, enigmatici, come vedremo tra poco. La Cappella è preceduta da tre gradini, che la rendono più elevata, rispetto al pavimento; è munita di due finestre con vetrate acrome, rispettivamente a sinistra e a destra, mentre due finestrelle poste ai piedi della stessa cappella si aprono nella sottostante cripta.
La Cappella centrale o dell'altare maggiore, che conserva un'icona mariana della venerata Madonna del Buon Consiglio, la cui origine è in parte ancora avvolta nel mistero. Si sa che nel 1659 l'effigie si trovava nella soppressa chiesa di Sant'Agostino, nella sesta cappella a destra. Quando, sotto Napoleone, la chiesa fu chiusa, la mirabile opera venne trasferita nella vicina chiesa di S. Michele al Pozzo Bianco, dove ancora oggi l'ammiriamo. Ma com'era finita nelle mani degli Agostiniani? Secondo alcune ricerche condotte da don P. Grossi, vicario, l'immagine era originariamente di proprietà della Misericordia Maggiore, dalla quale venne acquistata per mano di un fedele che, forse per sciogliere un voto, l'aveva donata alla chiesa di S. Agostino. L'icona è sempre stata circondata di particolari attenzioni e nel 1849 venne creata un'apposita Confraternita (di Maria Santissima del Buon Consiglio) che riuniva molti fedeli e ancora oggi ne riunisce, specialmente nel giorno della Festa, il 26 Aprile. Alla sacra immagine sono stati attribuiti diversi miracoli, testimoniati dagli ex- voto custoditi nella sacrestia della chiesa.
La Cappella, tendenzialmente oscura sia per i colori degli affreschi che per le sole aperture laterali, può essere rischiarata (come il resto della chiesa, cripta compresa) tramite dei pulsanti a tempo (funzionanti con delle monete) presenti nell'androne dell'ingresso. Centralmente si trova il scenografico altare seicentesco in legno dorato; l'urna sottostante è coperta da un drappo e dovrebbe contenere una statua del Cristo morto. Sulla parete di fondo è rappresentata la Resurrezione: il sepolcro vuoto doveva essere originariamente sormontato dal dipinto del Cristo con vessillo che si trova nella Cappella destra. Infatti, durante i lavori di restauro (1941), venne scoperta l'immagine di un Cristo nella mandorla mistica del 1400, che si vede attualmente, ma non appartiene al resto dell'affresco, eseguito nel 1577 da Gian Battista Guarinoni di Averara (un paese dell'alta Val Brembana). Al di sotto della scena della Resurrezione, si trovanotre bellissimi dipinti dello stesso autore, tra cui la visione di Ezechiele della resurrezione dei morti.
La parete di sinistra della Cappella presenta due registri, uno superiore ed uno inferiore, dove si trovano in sequenza tre rappresentazioni delle Apparizioni dell'Arcangelo Michele (a Monte Sant'Angelo (FG), a Siponto (FG) e a Roma), eseguiti da Luciano da Imola nel 1550. Sono ancora freschi, in noi, i ricordi della visita alla Grotta dell'Apparizione dell'Arcangelo Michele sul Monte Gargano in Puglia, che abbiamo effettuato nell'agosto del 2015!
Nel registro superiore ritroviamo la mano del Guarinoni: egli dipinse, su questa parete, una straordinaria scena dove gli Angeli fedeli precipitano gli angeli ribelli, che assumono sembianze mostruose.
Sopra, particolare della scena e, sotto, quella integrale che fu interrotta dall'apertura della finestra, posteriormente all'esecuzione degli affreschi
Spostando lo sguardo, sempre più rapito, alla parete destra della Cappella centrale, troviamo una scena che avevamo sempre trascurato nelle nostre precedenti visite a questa interessantissima chiesa: San Michele, munito di una grossa chiave, precipita Satana all'inferno. Brucia tra le fiamme e sta per essere inghiottito da un pozzo che ha la vera bianca come il nome della chiesa!
La bocca del pozzo è bianca come la titolazione della chiesa. In basso a destra si legge la data di esecuzione dell'affresco. Satana, legato, si ribella a San Michele che lo ha messo in catene. L'Arcangelo è abbigliato in vesti insolite, quasi femminili, con i calzari "alla romana", le gambe scoperte, senza attributi guerreschi, ma con la chiave nella mano destra. Il demone ha le corna, zampe di capro e sta per precipitare tra le fiamme infernali. Anche questa parete è stata interrotta dall'apertura della finestra.
Altra scena interessante è quella posta nel registro inferiore di questa stessa parete, che mostra l'incendio di una città provocata da due angeli tramite uno specchio ustorio (tale è detto uno specchio in grado di concentrare i raggi paralleli provenienti dal Sole in un punto, detto fuoco dello specchio. Famosa è la leggenda di Archimede che, su richiesta del popolo, avrebbe impiegato una serie di specchi ustori per incendiare le navi romane che assediavano Siracusa).
Particolare della scena, che risulta alquanto ambigua: dov'è riportata, nella Bibbia o in altri testi cristiani, la scena dell'incendio di una città da parte di angeli che impiegano specchi ustori? Un tema davvero insolito da trovare, specie nel presbiterio di una chiesa.
Alzando gli occhi si incontra una volta a vela, divisa in spicchi ben percepibili perchè il colore di fondo è scuro. Un magnifico Dio Padre Benedicente sta al centro, eterno perno attorno a cui stanno i Cherubini, entro una fascia cromatica, in una cornice concentrica. Sono 26 i loro volti tra una moltitudine di ali, ma altri volti si osservano nella composizione, molto suggestiva. Ai lati della volta si riconoscono i 4 Evangelisti, ciascuno con il proprio attributo distintivo (Tetramorfo).
I Profeti, dipinti lungo tutto l'arcone della Cappella centrale
Rapiti da questi affreschi, che "vediamo" con occhi più attenti, non vorremo mai distogliere lo sguardo, ma la nostra visita deve proseguire e ci dirigiamo alla Cappella attigua, quella di destra intitolata a San Giovanni Battista, dove altri dipinti del Guarinoni ne illustrano scene della vita. Al centro, Cristo risorto con il vessillo, proviene dalla Cappella centrale, dalla quale venne strappato in seguito al ritrovamento del Cristo in mandorla (XV secolo), come abbiamo detto poc'anzi.
Cappella cinquecentesca di San Giovanni Battista
- Il mistero di San Donnino
Una curiosità: le cronache narrano che una delle Cappelle fosse dedicata a San Donnino, che nella tradizione protegge dall'idrofobia. La seicentesca pala d'altare della suddetta Cappella raffigurava proprio il santo in compagnia dell'Assunta e di altri santi mentre benedice un uomo morsicato da un cane. "Nell'altare si conservava un calice nel cui fusto è racchiuso un dente che si credeva appartenuto a San Donnino stesso. In questo calice un tempo si dava da bere del vino a coloro che erano stati morsicati e rivolgevano suppliche al santo per ottenere la guarigione" (da Tesori di Bergamo e della bergamasca, cap. La Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco)..
Dov'è questa Cappella e dove sono finiti dipinto, calice e dente? E che cosa ha a che fare, con Bergamo, Donnino, un santo veneratissimo a Fidenza in Emilia? In questa città (che si chiamava Borgo San Donnino), il santo sarebbe stato martirizzato, secondo la tradizione, il 9 ottobre del 299 d.C.
Del dipinto di San Donnino abbiamo trovato una descrizione indiretta, riportata in questo sito: "L'usanza di dare da bere agli ammalati il vino e l'acqua benedetti è documentata in particolare a Pisa, Verrucchio e a Bergamo, precisamente nella chiesa di san Michele al Pozzo Bianco, uno dei luoghi di più antica tradizione per il culto del nostro patrono e della sua infallibile medicina. Tra le varie immagini di san Donnino che si conservano nella storica chiesa bergamasca proponiamo all'attenzione dei nostri lettori l'eccezionale dipinto del primo Seicento attribuito a Leandro da Ponte detto il Bassano (1577-1622). Il santo martire vi è raffigurato nel pieno dei suoi poteri di guarigione, intento a soccorrere un ammalato. E' un san Donnino che indossa abiti di alto rango, come d'altra parte si richiede a un funzionario imperiale, ma in una versione decisamente attualizzata e con una muta di magnifici cani al guinzaglio: non più il soldato romano con la lorica e i gambali, come è sempre stato rappresentato nella sua città, ma un giovane elegantemente vestito e dai tratti aristocratici. Egli si rivolge con fare sicuro al povero supplicante, mentre l'avvenuto prodigio di guarigione (da notare il cane ringhioso, simbolo del maligno, alle spalle dell'uomo miracolato) è reso manifesto dall' atteggiamento di San Giovanni Battista, che alza le braccia verso il cielo in segno di preghiera e di ringraziamento".
Grazie a questa descrizione, possiamo almeno avere dei dettagli importanti sul dipinto ma perchè non siamo riusciti a trovarne traccia, per ora, nella Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco? Sicuramente non è più in questa chiesa. Ma siccome siamo segugi, lo sapete, abbiamo voluto vederci chiaro e abbiamo trovato alcune notizie interessanti che riguardano il calice contenente il dente del santo martire fidentino:
"In questa chiesa di San Michele al Pozzo, che fu parrocchiale sino al 1805, quando si trasportò con poco senno nell'attuale di Sant'Andrea, è ancora l'antico altare di San Donnino, ove serbasi un calice cesellato che pare lavoro del 1200, nel cui piede dicesi chiuso un dente di San Donnino. Tuttavia si pratica la divozione di dare a bere vino da quel calice, recitando invocazione onde preservare dall'idrofobia o da altri veleni, appunto come doveano fare nel giorno di San Donnino i confratelli contra omìiem rabiem et venenum- de calice ipsius Sancti Domnini" [9]
I Confratelli erano i membri del Consorzio della Corporazione di San Michele, di cui abbiamo accennato all'inizio. Tale testimonianza, dello storico Gabriele Rosa, è della seconda metà del XIX secolo, e quindi sappiamo che a quel tempo nella chiesa si trovavano ancora l'altare di San Donnino e il calice che conteneva il presunto dente. Era inoltre ancora viva la tradizione di far bere ai fedeli il vino da quel calice per scongiurare, con apposite suppliche, l'idrofobia o avvelenamenti. Anche i membri del Consorzio dovevano berne, nel giorno della ricorrenza di S. Donnino, il 9 ottobre.
Come sia giunto a Bergamo il culto di San Donnino, tuttavia, è abbastanza oscuro. Soprattutto - scrisse lo stesso Rosa- non vi è memoria di come sia giunta la reliquia del dente contro l'idrofobia. In un libro inglese ("A Wider Trecento", di Louise Bourdua e Robert Gibbs, Brill, 2011), alla nota 30 del cap. 9 troviamo scritto che San Donnino è spesso rappresentato come un giovane guerriero; quando non compare con in mano la sua testa (morì infatti per decapitazione), i suoi attributi sono un cane, un calice e una spada. E' occasionalmente rappresentato solo con la spada, come in un affresco del XV secolo della cripta di San Michele al Pozzo Bianco, Bergamo, riprodotto nel libro San Donnino: immagini di una presenza nella storia, nel culto, nell'arte, scritto da Sandra Costa, Massimo Galli, Guglielmo Ponzi, Arte Grafica, 1983, fig. 87".
Abbiamo cercato questo libro, scoprendo che è in dotazione alla Biblioteca Leoni di Fidenza (ma non ci risulta sia in commercio).
Ovviamente, l'affresco di cui si parla lo abbiamo documentato, nella cripta della chiesa, ma non è il dipinto seicentesco di cui abbiamo riportato la descrizione poco sopra e attribuito al Bassano. Comunque la raffigurazione nella cripta ci consente di avere la conferma del culto di San Donnino in questa chiesa almeno dal XV secolo; tra l'altro, egli sarebbe dipinto anche sul primo pilastro della chiesa superiore, dipinto che sarebbe stato realizzato nel 1496 [10].
Cripta di S. Michele al Pozzo Bianco, affresco della parete sinistra del "Nicchione" centrale: il primo santo raffigurato a sinistra è San Donnino; porta la spada (ben visibile sul suo fianco sinistro)
Un'ulteriore presenza del culto di San Donnino è dato dagli affreschi sulla facciata esterna dell'edificio situato a fianco della chiesa (FOTO SOTTO). Tale caseggiato, come abbiamo detto all'inizio, era la sede del Consorzio della Vergine e di S. Michele Arcangelo. "Sono ancora parzialmente leggibili, nella fascia superiore, gli affreschi che un tempo ricoprivano l'intero prospetto. Databili tra l'ultimo quarto del XV secolo e il primo quarto del XVI, raffigurano episodi della vita di S. Donnino e una Vergine con Bambino. Tradizionalmente gli affreschi sono attribuiti a Giacomo Scanardi, ma la critica più recente propende per un autore anonimo" [101]. Purtroppo, proprio quelli relativi a San Donnino sono troppo deteriorati per poterne ottenere un'adeguata lettura...
- Affreschi della navata, la riscoperta dei tesori della chiesa
I dipinti che sono presenti nella navata sono stati rimessi in luce dopo che, per decenni, l’interno della chiesa era stato spento da tinte scure conferitele nel XX secolo e un finto bugnato stava sugli arconi. Strati di malte cementizie avevano occultato i preziosi affreschi medievali e rinascimentali. Nel 1928 furono restaurati gli affreschi di Lorenzo Lotto posti nella cappella di sinistra mentre i lavori eseguiti negli anni 1941-42 portarono alla luce molti altri dipinti, sia nella Chiesa che nella Cripta.
Dettaglio della data del restauro del 1941-'42, a sinistra nella chiesa superiore e, a destra, nella cripta
Lungo le pareti delle navate si susseguono affreschi di varia epoca e stile, che dal momento della loro scoperta hanno destato molto interesse, specialmente quelli medievali, considerati tra i più antichi della pittura romanica non solo bergamasca ma dell’intera regione. Tutti i visitatori possono oggi godere di questa significativa testimonianza, che risale alla metà del 1200 (alcuni degli affreschi sono stati anche retrodatati attorno alla metà del 1100). Seppure mutila in estese zone, l’iconografia ci permette di capire lo stile tipicamente duecentesco, di cui restano rari esempi in Lombardia e che testimonia la presenza di una corrente bizantineggiante nella cultura lombarda medievale[11].
Numerose le simboliche immagini di “Madonna del Latte” e Madonna in trono con Bambino, e non manca naturalmente il santo titolare, l’Arcangelo Michele, in qualità di psicopompo, colui che accompagna le anime separate nell' ascesa ultraterrena. E’ ritratto nell’atto della pesatura delle anime, o psicostasia, e al contempo trafigge il Male.
Nelle foto seguenti, alcuni affreschi della parete sinistra, entrando.
Da sin.: Madonna del Latte del XIII secolo (attribuita al Maestro di Angera); San Michele Arcangelo (fine del XV secolo) nell'atto della Psicostasia e contemporaneamente trafigge Satana
Dettaglio dell'affresco raffigurante San Michele (posto sopra la scala che scende nella cripta)
Figura mutila di santo aureolato e frammento di iscrizione
La data del 1440 e la firma del pittore compaiono sopra un residuo di affresco del primo pilastro, a sinistra. Si legge anche il giorno e il mese (11 Settembre)
Questo lacerto di affresco è datato alla seconda metà del XIII secolo ed è ritenuto storicamente molto importante perchè è la prima immagine conosciuta dell'incontro tra S. Francesco d'Assisi e S. Domenico. Del primo si vede la parte inferiore del corpo ma il nome sotto il personaggio non lascia dubbi sulla sua identità, di S. Domenico non si vede più molto ma si legge parte del nome. Tale rappresentazione diventa frequente dopo il 1400. Per questo trovarla in un dipinto di due secoli prima è straordinario!
Numerose e variegate per foggia sono le croci, dipinte in rosso vermiglio, presenti sulle pareti, riemerse sotto strati di calcina.
Altre croci sono dipinte sotto gli arconi della navata, che sostengono la copertura lignea
Da sinistra: Croce dipinta sul fronte della prima arcata, entrando in chiesa; simboli della Passione (dipinti sul fronte della Cappella centrale)
Come si nota, in questa chiesa il visitatore attento e curioso troverà pane per i propri denti, non dimenticando che tutto ciò che veniva dipinto era fatto per glorificare Dio. Sappiamo però che spesso gli artisti e/o i committenti (specie quelli più colti) lasciarono dei messaggi di non facile codifica, perchè la Conoscenza va conquistata. Abbiamo spesso detto nel nostro sito che vi sono sempre due livelli di lettura (essoterica, per tutti, ed esoterica, per pochi). Le chiese erano la "Bibbia dei poveri", di coloro che -analfabeti- apprendevano parabole e storie del Vecchio e Nuovo Testamento tramite i disegni, gli affreschi, le sculture. Oltre al livello più elementare, soprattutto nel Medioevo una certa elite cercava tuttavia di elevare lo Spirito attraverso studi teologici, filosofici, sapienziali. La ricerca del Mistero divino e trinitario, della perfezione cristica e quindi dell'immortalità comportava una trasformazione interiore che era vera e propria alchimia.
Durante i lavori condotti dalla Soprintendenza (2002-2004), si è anche riscoperta la controfacciata della chiesa romanica, o meglio, sono emerse due controfacciate sfalsate di circa 15 centimetri. I dipinti di questa area si situano su tre fasce; i più antichi risalgono al 1200 e sebbene restino dei frammenti, si riconosce quella che è stata denominata “Corte Celeste” e l’ “Inferno”. Sono visibili anche i Progenitori, Adamo ed Eva (questa in atto di prendere la mela dalle fauci di un serpente coronato) mentre appartiene ad un periodo più tardo (XV secolo) il gigantesco San Cristoforo con Bambino (in origine raggiungeva gli 8 m di altezza!), purtroppo mutilo in tutta la parte centrale[10].
La controfacciata della chiesa con gli affreschi scoperti tra il 2002-2004. Si noti anche il rosone tamponato
Il Paradiso (affresco del XIII secolo) con i Profeti e, sotto, un dettaglio
Eva nell'atto di prendere il pomo proibito dal serpente coronato (XII- XIII secolo)
Particolare dell' Inferno, con la schiera dei dannati incatenati e anime perdute tormentate dai diavoli (parte centrale della controfacciata), XII-XIII secolo
Dettaglio del volto del gigantesco San Cristoforo che porta il Bambino Gesù; purtroppo del tutto perduto nella parte centrale, era alto 8 m.
La parete destra della chiesa ha rivelato la presenza di bellissimi affreschi del XV secolo, tra cui sono integre una bellissima Sant'Anna con Maria Bambina, una Madonna Addolorata (Pietà) che, per la sua posizione, veniva spesso toccata dai fedeli. Dai colori molto vivi anche un San Rocco e due polittici: una Madonna in Trono con Bambino e Santi (Rocco, Giovanni Battista e Sebastiano) e una Crocifissione.
Parete laterale destra
- Cenni di Archeoastronomia dell'edificio
Devo ringraziare il prof. Adriano Gaspani, che mi ha supportata in questo tentativo di analisi archeoastronomica, che ho voluto intraprendere ugualmente, nonostante l’orientazione della chiesa si sia dimostrata subdola. La presenza di quantità di ferro nella chiesa e nella cripta (cancellate, inferriate, ecc.) ha sfalsato i rilevamenti effettuati con la sola bussola, che comunque riporto così come li ho riscontrati. Inserisco doverosamente, tuttavia, quanto mi ha comunicato il prof. Gaspani “La direzione di orientazione importante è quella abside-ingresso, che risulta allineata sul punto di tramonto del Sole al Solstizio d’Inverno dietro il profilo originario di Bergamo Alta. L’altezza dell’orizzonte naturale locale in quella direzione è circa 17°, quindi il Sole tramonta ad un Azimut astronomico pari a 217°, che è l’orientazione della navata della Chiesa. La discrepanza tra misure prese con la bussola e Google Earth è dovuta alla somma tra la declinazione magnetica e le perturbazioni magnetiche indotte dal ferro presente nella struttura”[9].
Aiutandomi con le immagini (riprese il 27 gennaio 2015 alle ore 10.15 circa), cercherò di illustrare l'attuale illuminazione interna dell'edificio, la sua orientazione ai punti cardinali ma ricordando che la primitiva chiesa si trova interrata, essendo costituita dall'attuale cripta, dalla pianta alterata, per complicare le cose!
L'edificio è ruotato di circa quarantacinque gradi rispetto all'usuale orientamento previsto per le chiese cristiane, canonicamente impostate sull’asse Est-Ovest (ingresso a occidente ed absidi a oriente, verso il Sole nascente, che simboleggia la Luce Cristica che si rinnova ogni giorno), pur se con parecchie eccezioni, come i fecondi studi del prof. Adriano Gaspani continuano a dimostrare.
La chiesa di San Michele al Pozzo Bianco ha l’asse della navata in direzione NE-SO (ingresso a Sud-Ovest e absidi a Nord-Est), visitandola, quindi, quando ci riferiamo alla parete sinistra (per chi entra) dobbiamo sapere che è situata a Nord-Ovest, e di conseguenza quella di destra è situata a Nord-Est. I nostri rilevamenti sul posto hanno fornito i seguenti risultati (che sono risultati sfalsati dalle inferriate in ferro battuto, che ha inciso sulla perturbazione magnetica):
Aperture/finestre:
La Cappella della Madonna ha un'unica apertura:
La Cripta
Si trova al livello sotterraneo e vi si accede tramite una ventina di scalini, situati nella seconda campata di sinistra. Un tempo vi era una scala gemella sul lato destro della navata, oggi non più presente perché venne abbattuta nel 1798.
La scala sfocia in un corridoio o navatella, che a sinistra termina in un vano rettangolare, che chiamo Cappella (somiglia ad una piccola absidiola), munita di una piccola finestrella decentrata e dalla quale si vede attualmente un caseggiato. Sulla parete di fondo sono affrescate tre sante (S.Margherita, S. Apollonia e S. Lucia), del tardo XV sec.
Lo sviluppo della cripta in senso longitudinale è sull’asse Est-Ovest; più precisamente NO-SE (300° e 140°), sempre con la bussola ma c'è un'inferriata in ferro che chiude il finestrino...):
Il fondo del corridoio è cieco. Su di esso si aprono tre grandi nicchie o cappelle; quella centrale (maggiore per dimensioni alle altre due laterali) è chiamata “nicchione” ma è una cappella a tutti gli effetti.
La scala attualmente percorribile, che porta in cripta, si ritrova di fronte ad una prima cappella o nicchia, che si trova in asse con la scala stessa (a sinistra, ricordiamo, c’è invece il vano rettangolare con le tre sante dipinte). Questa prima nicchia o cappella è chiamata “di San Gregorio” per via di un affresco che lo raffigura seduto in cattedra e in abito cardinalizio, anche se il Santo rifiutò, in realtà, quel titolo.
Al XIII secolo risalgono gli affreschi di S. Cristoforo con Bambino e Madonna con Bambino. Ma gli altri affreschi di questa nicchia (che ha tutta la volta a botte dipinta), sono attribuiti alla fine del XV- inizio del XVI. Sulla volta, al centro, vi é un Cristo sul sepolcro e, alla base, gli altri tre grandi santi dottori, Ambrogio, Agostino, Gregorio, con S. Nicola da Bari. Curioso l’atteggiamento di Ambrogio, che si sta sistemando gli occhialini mentre sembra osservare la scena del Cristo che, dolente e sanguinante, s’erge dal sepolcro.
Vi sono anche altri affreschi, tra cui una sirena bicaudata molto bella...
Questa nicchia/cappellina non ha alcuna finestra (ne aveva una, che fu tamponata). La successiva, più grande, ne ha due e l’ultima ne ha anch’essa due, molto più piccole.
Sul corridoio/navatella sfociavano le due scale: quella ancora presente e quella scomparsa, che si può rintracciare nell’ultimo vano (chiamato da me “B”) a destra, che poi vedremo, parallelamente alla scala ancora attiva. Tra quest’ultima e il vano “B” esiste un locale che chiamo “A”, munito di porta, privo di qualsiasi affresco, in cui è stata messa in luce una colonna appartenente verosimilmente alla struttura medievale.
Una piccola apertura del locale affaccia sul corridoio o navatella che dir si voglia, quasi frontalmente alla “Cappella dell’Altare” ed è qui che misuriamo la sua orientazione una prima volta:
Il dato fornito è 45°, identico a quello rilevato per la Cappella Centrale della Chiesa Superiore. Infatti le tre cappelle (o nicchie) della cripta sembrano ricalcare la stessa disposizione spaziale delle tre cappelle superiori.
Ci accorgiamo che vi sono due aperture sulla volta della nicchia centrale (Cappella dell’Altare), che corrispondono alle due finestrelle che avevamo visto ai piedi della Cappella Centrale nella Chiesa Superiore:
La Cappella Centrale della Chiesa Superiore ha il fondo cieco (presenta due finestre a occidente e oriente), mentre questa della cripta ha due finestre, che si aprono agevolmente ma si aprono su altre due finestre per ciascuna, le quali si trovano più in alto ed impossibili da aprire, senza una scaletta. Dunque non ci è stato possibile capire se e cosa possano guardare all’esterno. Molto interessanti gli affreschi presenti anche in questa Cappella (realizzati tra il 1499 e il 1514), tra cui ritroviamo ancora un San Cristoforo con Bambino e con le gambe completamente immerse nell’acqua, in cui nuotano dei pesci, come da classica iconografia che lo riguarda. Si trova sopra l'altare mentre un'altra raffigurazione dello stesso santo è sulla parete sinistra, insieme a diversi altri santi e sante, quel San Donnino di cui abbiamo parlato poc'anzi.
Dirigiamoci ora nell’ultima nicchia che, essendo dotata di due finestrelle aperte, forse ci potrà consentire di vedere cosa si veda all’esterno…
Ad una più attenta ricognizione, abbiamo appurato che si vedono le cime delle montagne, dunque un tempo- dato che la situazione urbanistica doveva essere ben diversa – dalla cripta (la chiesa primitiva) si potevano osservare. Prendiamo quindi le misure dell’orientamento della cappelletta (42°, che poco dopo oscillano a 40°...):
Di fronte alla nicchia o cappelletta, si trova il vano “B”, che costituiva la scala abbattuta nel 1798; é una sorta di “sacrario” in pietra, dove veniva smaltita l’acqua benedetta.
Ci chiediamo come fosse in realtà la struttura primigenia della cripta, che era poi la chiesa originaria di epoca longobarda, forse del VI secolo.
Usciamo, adesso, rispettosamente, per capire dove sia la scaletta che si intravvede dalle aperture dell’ultima Cappella che abbiamo visto in questa cripta e per prendere altre misure di orientamenti.
Valori misurati verso Monte Canto (con GE): 286,63°
Questa analisi preliminare, embrionale, sarà da ripetere utilizzando strumentazioni più accurate. Per il momento, siamo lieti di aver fatto conoscere l'importanza storica, artistica e architettonica di questa antichissima chiesa del capoluogo orobico, non scevra di misteri.
- Si ringrazia il prof. Adriano Gaspani.
- Questo studio è frutto di ricerche personali. La documentazione fotografica si riferisce a visite effettuate in diversi periodi. E' gradita ogni ulteriore notizia, chiarimento, precisazione inerente il presente lavoro.
[1] Il Ducato longobardo di Bergamo fu creato intorno al 570 d.C., poco dopo l’invasione capeggiata da Alboino; cessò di essere sede ducale nel 702, divenendo gastaldato, governato direttamente dal re attraverso propri uomini di fiducia. In quel periodo si ebbero lotte sanguinose per la conquista del potere tra vari pretendenti al trono del regno longobardo. Nel 774 l’Italia settentrionale venne conquistata da Carlo Magno, che fece di Bergamo una contea.
[2] “ Basilice Beatissimi Sancti archangeli Michaelis foris muro civitate Bergomate” (Pergamene archivi Bergamo 1988)
[3] L’esiguità dei resti ha impedito agli studiosi moderni di giungere ad una concorde ipotesi ricostruttiva (v. Ragioni difensive che giustificano i diversi assetti fortificati che si sono succeduti nei secoli, Università degli Studi di Bergamo)
[4] Da una mia ricerca in tal senso, sembra di capire che questo manufatto sia andato perduto. Si trattava di una lapide o meglio, di un’ara che era stata dedicata da Cajo Valerio Valente a Giove Ottimo Massimo e ad altre divinità (tra cui Vulcano). Nel XVI secolo era ancora conservata nella chiesa di S. Michele al Pozzo Bianco (dove la videro alcuni storici come lo Zanchi, che la descrisse), ma non era stata trovata lì, bensì. E qui si apre un altro “giallo”: da dove proveniva, quell’ara importante? Scrive il Cav. Can. Giovanni Finazzi Ne “Le antiche lapidi di Bergamo” (Tipografia Pagnoncelli, 1876) “Secondo certe memorie d'un nostro Canonico, Tonino Bongo, vedute dal Calvi (Eff. tom. 11. p. 52), e ultimamente possedute dal cav. Conte Francesco Brembati, e da lui mostrate al Rota, si ha che in origine questa lapide non era, come fu dopo, presso la Chiesa del Pozzo Bianco, ma entro la Rocca, e di qui più tardi, forse per occasione di ricostruzioni, trasportata appresso o nell'interno della suddetta Chiesa, situata appunto a' pie' del colle di Rocca. Su di che il Rota trova di rinforzare la congettura, da lui creduta a molto probabile “che quivi, cioè nel recinto di questa Rocca fosse già un Campidoglio”, che, come nota tra gii altri il Casanbono, spesso fu scambiato con Rocca, ed ebbe nome comune […] Secondo il Burzio «quamlibet editanti arcem capitolium dicebant"». Poteva dunque esservi un grande Tempio (un Capitolium) dove ora sorge la Rocca di Bergamo? Il Finazzi ed altri Autori giustamente sostenevano che proprio il Campidoglio era la sede degli dei, dove venivano venerati Giove e le altre divinità, come Giunone e Minerva, le tre sovrane Deità. Situata ai piedi della collina della Rocca, che in epoca romana era forse un Campidoglio, la chiesa di San Michele al Pozzo Bianco che cosa potrebbe celare sotto le sue fondamenta? O che cosa potrebbe essere stata, prima di diventare edificio cultuale cristiano? Un santuario pagano “accessorio” al grande Tempio sull’altura?
[5] Questa notizia, inserita anche nel IBCCA (Inventario dei Beni Culturali, Ambientali e Archeologici del Comune di Bergamo) sarebbe in contrasto con il fatto che dal 795 all' 812 la sede episcopale di Reims era vacante
[6] Unione di cittadini legati da vincoli di vicinato e di parrocchia; tra gli obblighi vi erano quelli di mantenere la chiesa e gli arredi sacri; concorso ai riti funebri dei Vicini; associazione a sollievo dei poveri del Vicinato.
[7] Mazzi, Angelo “Le Vicinie di Bergamo” (Tipografia Pagnoncelli, 1884), scaricabile in Internet Archive
[8] Porta che oggi prende il nome di S. Agostino.
[9] Rosa, Gabriele, "Statuto di società pia in Bergamo nel 1266 ed altri statuti inediti del secolo XIII", in Archivio storico italiano Ser. NS, Bd. 14, 1 (1861) S. 26-31
[10] Fonte Bergamo Ortodossa, le fede dei nostri padri nella nostra terra. San Michele al Pozzo Bianco
[11] https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/BG020-00114/
[9] Gaspani, corrispondenza privata. La rilevazione dell’Azimut geodetico di orientazione è 37,24°. Dopo opportuni calcoli (Az= 0.1 x D/d), l’errore sull’azimut (dovuto all’operatore) è risultato pari a 0.33578...
[10] Per una approfondita trattazione degli affreschi si veda “L’aldilà prima della fine dei tempi: proposte iconografiche per la controfacciata di San Michele al Pozzo Bianco a Bergamo”, a cura di Paolo Riva (Jaka Book, 2006)
[11] Mazzoleni, Barbara “Bergamo. L’eccezionale ritrovamento nella Chiesa del Pozzo Bianco” (L’Eco di Bergamo, 14 marzo 2004)
Argomento: San Michele al Pozzo Bianco
la sirena bicaudale
ricky | 21.10.2018
la sirena bicaudale presente nella cripta (e anche sulla facciata esterna dell'edificio adiacente alla chiesa) è il simbolo della famiglia Carrara (presente nella loro araldica), famosa famiglia committente bergamasca del periodo.
complimenti per l'indagine
R: la sirena bicaudale
Due passi nel Mistero | 02.02.2019
Grazie, Ricky, commento utile e interessante. In questo contesto però la sirena sembra avulsa da contesti araldici, e affrescata a sé come simbolismo a sé stante!
R: R: la sirena bicaudale
Claudia | 01.02.2020
Riky ha ragione.
Si tratta del simbolo dei Carrara. Avevano un'abitazione in quella zona della città.
Anche in sant'Agostino vi era la loro cappella.
Poco più avanti sulla via è affrescato il loro stemma
R: la sirena bicaudale
Due passi nel Mistero | 03.02.2019
Grazie, Ricky, commento utile e interessante.