I segni sulle colonne della cripta del Duomo Vecchio di Brescia
In un precedente articolo risalente a svariati anni fa, avevamo trattato del Duomo Vecchio di Brescia, gioiello medievale della cittò, dalla forma circolare e per questo chiamato "Rotonda". Sorge nell'attuale piazza Paolo VI, adiacente al Duomo Nuovo e, un tempo, costituiva la cattedrale dei bresciani. A pochi metri si ergeva il Battistero, di cui non resta traccia, purtroppo.
Nel 1572 il vescovo Bollani fece togliere le reliquie di S. Filastrio dall'altare del sacello e le fece deporre nella cappella della SS. Trinità nella chiesa superiore. Di fatto fece chiudere la cripta, fece murare uno dei due ingressi e ne vietò il culto, sulla spinta della Controriforma e per il fatto che l'ambiente fosse umido, buio, privo di aria e malsano. Privato anche del suo altare, lo scurolo divenne un deposito temporaneo per i defunti vescovi e il clero. Studi moderni hanno appurato che prima di essere luogo di culto cristiano, la cripta fu edificio pagano: lo testimoniano le suspensurae pertinenti forse a una domus romana com impianto termale (o forse erano collocate qui le terme occidentali della Brixia romana?). Tali elementi, usati negli impianti di riscaldamento romani per mantenere il pavimento sopraelevato e permettere all’aria calda (generata da bracieri o da una stanza adibita a fornace) di circolare riscaldando l’ambiente, furono riutilizzati come riempimento del paramento murario della cripta cristiana.- La cripta
La cripta si raggiunge dal deambulatorio superiore della Rotonda, scendendo una rampa di scale; le rampe -come già detto - sono due, speculari. Arrivando all'interno si è colti da una certa emozione: è il passato che torna a noi dal tunnel del tempo e ci propone una lettura non sempre immediata ma assai affascinante. L'ambiente ipogeo è diviso in cinque navate da tre file di colonnette di marmo, di varie proporzioni, forse per adattarle al luogo e probabilmente impiegando materiale riciclato che gli esperti fanno risalire al massimo al IX secolo e ciò permette di datare la cripta al periodo del vescovo Ramperto e alla traslazione delle reliquie di S. Filastrio (838 d.C.). La sistemazione originaria delle colonne potrebbe tuttavia aver subito modifiche con la costruzione della Rotonda romanica. A dire il vero le navate principali sono tre; le altre due sono due vani estremi più corti che costituivano in origine la continuazione delle scale di discesa e risalita. Queste due navatelle accolgono i pilastri del presbiterio superiore.
I maestri muratori ebbero cura di creare armonia e simmetria nella disposizione delle colonne, anche se diverse tra loro. Le tre navate centrali terminano in altrettante absidi, forse ricollegabili alla struttura primitiva. In quella centrale residuano lacerti di affreschi di epoca incerta. Alzando lo sguardo si incontra una scenografica volta a crociera in cui campeggiano S. Michele Arcangelo e tre vescovi bresciani (tra cui Filastrio e Apollonio) tutti databili al XIII secolo. Nelle due absidi laterali, sull'asse di ogni comparto, si trovano piccole nicchie.

Da qualche tempo (forse dal 2018) chi scende nella cripta può trovare un pannello informativo (che i più non considerano, ma non sanno che si perdono) che dà un tocco di maggiore fascino a questo luogo millenario: attesta infatti la presenza di "segni" incisi su alcune colonne (lettere/ marchi di costruttori), oltre alle croci, ben riconoscibili. Tali segni non si trovano tutti negli stessi punti sulle colonne, ma possono trovarsi sui piedistalli o sulle basi, lungo il fusto o sul capitello. E possono trovarsi ad uno dei quattro punti cardinali, non nella stessa posizione. Una vera e propria caccia al tesoro! Da fare con rispetto, mi raccomando.

Si inizia da sinistra e ammirando le colonne che compongono la prima fila ci si accorgerà che sulla prima non vi sono segni; sulla successiva, inferiormente, ecco il primo (ma non sveliamo com'è); sulla terza i segni sono due, uno sul fusto e uno sul capitello mentre sulla quarta colonna inutile cercare, ne è priva. Si arriva così al quinto pilastrino, all'angolo dell'absidiola di sinistra; conserva un bellissimo capitello in cui risaltano due croci particolari (sono sormontate da corone). Queste non si possono annoverare tra i segni o marchi essendo scolpite con intento simbolico sacro.
Avanti ancora e incontriamo la colonna n. 9; occhi in basso, curvatevi e sulla base, direzione sud, troverete un altro segno! Siamo ora arrivati contro il muro e alla nostra destra c'è la rampa di uscita; guardiamo la colonna situata proprio in questa posizione, la n. 10, che però è priva di segni. Ci spostiamo di pochi passi, tanti ne servono per andare al cospetto della colonna n.11 (di lato alla rampa opposta), dove troviamo - lungo il fusto- un segno più piccolo rispetto agli altri (una sorta di O), ma ben visibile. Continuiamo il percorso dirigendoci verso le absidi; incontriamo la colonna n.12 che reca (lungo il fusto) un segno analogo a quello della colonna 9. Procediamo e sulla colonna successiva documentiamo la presenza di due segni incisi: uno sul fusto e uno sulla base (molto simili tra loro ma collocati verso punti cardinali opposti). La colonna n. 14 è una vera e propria miniera di segni incisi, ben 4, oltre a una bellissima croce (forse di consacrazione?): uno si trova sulla base, uno lungo il fusto e due sono incisi sul capitello. Nella parte inferiore del fusto, in direzione nord, è incisa la bellissima croce. Perchè lasciare tanti "marchi" su un unico manufatto? La spiegazione potrebbe essere che 1) la base non fosse originariamente pertinente all'attuale colonna; 2) sul fusto verrebbe a trovarsi solo la I, se ritenessimo la bella croce un simbolo di consacrazione del luogo (il fusto, in origine, poteva essere al rovescio e dunque la croce poteva trovarsi in alto e non in basso come la vediamo oggi). Resterebbero da spiegare i due marchi (diversi tra loro, una V rovesciata e una sorta di N inversa) sullo stesso capitello. Ma se trovassimo una spiegazione per ogni cosa, che due passi nel mistero sarebbero?

Sul capitello troviamo due croci scolpite sormontate dalla stessa coroncina (una verso ovest e l'altra verso nord). Procediamo lungo il muro perimetrale, dove troviamo le colonne dal 17 al 20, dove si concluderà la "cerca" (anche perchè colonne e pilastri sono finiti). Alla colonna n. 17 non emerge nessun segno; sulla successiva, n. 18, lungo il fusto in direzione nord, spicca una bellissima incisione (forse una lettera L sdraiata e apicata). Non si deve avere fretta di proseguire perchè, prestando attenzione, sul pavimento del gradino accanto alla colonna si noterà un'altra lettera (una M?) o marchio dei costruttori. Le lastre pavimentali sono molto consunte e i segni di usura possono ingannare, ritenendoli a torto intenzionali?
Sulle colonne si possono notare anche altri graffiti, ma non aventi caratteristica di "marchi" come invece hanno quelli descritti fino ad ora: sono probabilmente stati lasciati dai pellegrini o da qualcuno in epoche imprecisate. Sappiamo che la cripta fu chiusa per tre secoli (dal 1572 al 1871. In quel periodo nessuno poteva scendere nello scurolo, anche perchè si era via via riempito di detriti. Dopo i restauri di fine XIX secolo, la cripta assunse l'aspetto odierno; come accennavo all'inizio, nei decenni scorsi la trovai spesso chiusa e a volte con il pavimento allagato. Se qui, in epoca romana si trovava la domus che comunque utilizzava canalizzazioni (come dimostrano le suspensurae), è assai probabile che vi sia acqua al di sotto dell'edificio. Oggi comunque l'ipogeo è stato restituito ai fedeli e ai visitatori che, vistando il meraviglioso Duomo Vecchio, possono scendere e scoprire questo gioiello (la seconda chiesa più antica della città, dopo S. Salvatore in Santa Giulia), in cui è ancora possibile riconoscere gli antichi marchi identificativi dei lapicidi [1]. Un lavoro interessante sarebbe quello di verificare la presenza degli stessi segni in altri edifici di Brescia. Il periodo in cui questi marchi sono stati fatti è ancora un enigma: è verosimile che le colonne siano state collocate in situ già marchiate (i segni potevano servire anche per un preciso posizionamento nella cripta), così come quelli sulle basi e sui capitelli.
Tuttavia è evidente, osservando l'insieme, che base, colonna e capitello non sono nati tutti insieme ma, a causa delle vicissitudini patite dall'ipogeo, è possibile che parti di esse siano state recuperate in epoca romanica dalla primitiva cripta carolingia (se non da un precedente edificio romano); inoltre è ipotizzabile che durante la chiusura dei secoli XVI-XIX e l'accumulo di detriti, alcune potrebbero essere cadute e quando la cripta è stata restaurata le colonne siano state ricollocate a discrezione dell'architetto. Ma questo sarebbe forse facilmente appurabile consultando i disegni dell'esecutore del restauro, arch. Arcioni, che dovrebbero ancora essere conservati negli archivi.- Guardate anche il nostro video, se volete vedere ulteriori dettagli...