I segreti della chiesa della Madonna della Neve
a Pisogne
- Il lato sud
Negli "Acta visitationis" di San Carlo Borromeo [2] questo luogo di culto è appellato Ecclesia Sancte Marie ad Nivem, que appellatur La Madonna della Longa (nome della contrada). In origine non doveva certo avere le forme attuali, che sono la risultante di interventi successivi: verso la metà del XVI secolo furono edificati due porticati sia a Nord che a Sud (cioè a sinistra e a destra per chi guarda la facciata), per accogliere i pellegrini in transito. Nella visita pastorale del 1580, l'arcivescovo Carlo Borromeo diede ordine di reealizzare un convento, a meridione, per insediarvi una comunità di monaci eremiti di Sant'Agostino dell'Osservanza (Agostiniani) [3], arrivati stabilmente nel 1586-'88. In verità la S. Messa nella Madonna della Neve era già officiata da tempo da un padre agostiniano (Angelo da Viadana), che abitava accanto alla chiesa, mantenuto dal Comune e dalla Vicinia. L'intento del cardinale Borromeo era di affermare/consolidare istituzioni per la propaganda della fede e al contempo contrastare il più efficacemente possibile l'eresia e i fermenti luterani che si stavano diffondendo nell'entroterra (Valtellina in primis). Degli "avamposti" all'imbocco della Valle Camonica erano quindi l'ideale e a Pisogne in particolare.
- La Cappella di San Nicola da Tolentino e l'inedito affresco del Romanino nascosto per secoli
- Lato Nord: la rara Madonna dei Mestieri
- Abside
- La facciata e i suoi simboli
Maggiori informazioni https://www.centro-studi-triplice-cinta.com/products/cerretoli-comune-di-pontremoli-ms/
Noi spregieremo adunque li denari, perchè per essi non possiamo campare".
Fig. 11
Noteremo che ciascuno scomparto ospita sette personaggi chiaramente visibili, per un totale di ventuno (senza contare lo scheletro). Conteggiando i personaggi di entrambe le parti, essi sono 43.
La presenza di questo tema -alquanto diffuso in quel periodo - fa presumere alla critica che la chiesa fosse gestita dall'ordine dei Disciplini, come abbiamo già accennato. Va detto che il tema della Danza Macabra è presente anche nella pieve di Santa Maria in Silvis.
Sul signifiicato della raffigurazione abbiamo parlato in altre pagine di questo sito; nello specifico rimandiamo all'opera del Rosa e del Vallardi. La fascia interrompeva la decorazione murale a losanga. Ciò che sembra di dedurre, osservando la facciata da una certa distanza e immaginandola con i colori vivi e splendenti, è che questa chiesa dovesse suscitare ammirazione e monito.
Alzando lo sguardo oltre la lunetta, incontriamo un rosone che presenta tracce di motivi floreali affrescati nella cornice circolare. Importante la vetrata che chiude il rosone, della fine del 1400, che costituisce uno dei rarissimi esempi di tale arte in questo territorio [8]. Superiormente all'oculo si può (con occhio aguzzo ma ancora meglio con un teleobbiettivo) rintracciare la labile presenza di una Madonna con Bambino: si riconosce la punteggiatura dell'aureola e la posa di Gesù, che non è quella classica: "sembra quasi voler fuggire di mano a sua Madre" (Vezzoli). Per il resto l'affresco è quasi scomparso, mentre si vede parzialmente la figura di Dio Padre, sullo stesso asse verticale, al vertice di una fascia che segue lo spiovente del tetto (fig. 12). Alle estremità di tale fascia si trovano due tondi, ma purtroppo anche questi affreschi stanno scomparendo (in pochi decenni).
- L'interno, i dipinti del Romanino e i misteriosi cartigli dei Veggenti
Le scene della Vita di Cristo sono stese in due ordini: il primo dispiegato in rettangoli nella parte inferiore delle tre campate e a destra e a sinistra della controfacciata; l'altro si dispiega nella parte superiore in sei grandi triangoli curvilinei. La controfacciata è occupata da un gigantesco affresco avente come tema la Crocifissione (fig. 19), che va ammirato e osservato attentamente (in questa sede non è possibile approfondire).
- Profeti, Sibille, Veggenti
Varrone, nel I secolo d.C., aveva fornito i nomi di dieci Sibille [15], che lo scrittore cristiano Lattanzio (IV secolo d.C.) ha tramandato nel trattato Divinae Istitutiones. Esse sono:
Sibilla Persica, Sibilla Libica, Sibilla Delfica, Sibilla Cimmeria, Sibilla Eritrea, Sibilla Samia, Sibilla Cumana, Sibilla Ellespontina, Sibilla Frigia, Sibilla Tiburtina. E' interessante che le Sibille non siano state rigettate dal cristianesimo, che ha anzi conferito loro un ruolo importante: quello di annunciare presso i pagani la venuta di Cristo [16]. Nel Medioevo, dimenticati gli oracoli, le Sibille si ridussero a tre (la Cumana, l'Eritrea e la Tiburtina); non ne servivano più tante perchè la funzione annunciatrice potevano farla anche loro; queste tre sono le sibille ancora oggi maggiormente note. Nel XIII secolo era raro che venissero raffigurate mentre verso la metà del XV secolo ricompaiono numerose, accompagnate da cartigli recanti i testi delle profezie. Nel 1465 le "Institutiones" di Lattanzio fu il primo libro ad essere stampato in Italia, a Subiaco, ed ebbe sei ristampe in poco più di dieci anni. Ecco perchè, dopo tale periodo, gli artisti (e/o i committenti) riscoprirono il tema delle Sibille, da accompagnare quasi sempre a quello dei Profeti biblici.
Nel 1481 fu pubblicato a Roma un trattatello intitolato Discordantie sanctorum doctorum Hyeronimi et Augustini: Sybillarum et Prophetarum de Christi vaticinis del frate domenicano Filippo Barbieri, che aumentò molto la popolarità delle Sibille (ne è prova la profusione con cui furono raffigurate, taNto nelle chiese importanti quanto in quelle popolane). "All´interno dell´opera è presente un trattato indirizzato integralmente ai detti delle Sibille e dei Profeti. L´innovazione del Barbieri, che enumera dodici Sibille, si propone come summa e riforma della tradizione antica oracolare, ascrivendo alle Sibille motti di inequivocabile derivazione cristiana, rafforzata dall´associazione con i Profeti canonicamente riconosciuti dalla dottrina della Chiesa, e offrendo un testo guida per le raffigurazioni pittoriche, offrendo dei modelli figurativi e descrittivi ben definiti" (Mazzei, Annarita " L´iconografia della sibilla tra quattrocento e cinquecento: dalla tradizione alla revisione", Il Foglio dell'Arte, 2014). Nel rappresentarle, gli artisti accostarono alle Sibille i cartigli contenenti i testi degli oracoli precedentemente noti in Lattanzio, con altri due che erano stati appositamente allestiti per due nuove Sibille, Europa e Agrippa. "Le sibille, giunte al numero finale di dodici, furono considerate dalla chiesa d'occidente delle figure anticipatrici dei profeti dell'Antico Testamento. La loro codificazione iconografica prevede un attributo comune per tutte, i cosiddetti "libri sibillini" (raccolte oracolari) e un oggetto particolare per ognuna: per la sibilla persica un serpente e un lume, per la libica (o africa) una torcia, per l'eritrea un giglio, per la cumana una ciotola, per la Samia una culla, per la cimmeria una cornucopia, per l'europea una spada, per la tiburtina una mano mozzata, per l'agrippina una frusta, per la delfica una corona di spine, per quella d'Ellesponto chiodi e croce, per la frigia croce e vessillo della resurrezione" (v. Le Dodici Sibille e la nascita di Dio in Terra, traditio.it).
Fig. 24
Ci servirà per capire se riconosceremo le Sibille affrescate da Romanino in questa chiesa, di cui vediamo alcune immagini a corredo del testo. Purtroppo Romanino, da quello che si nota, non inserì il loro attributo, ma queste meravigliose figure sembrano veramente dialogare con il visitatore e qui e là mostrargli curiose pose delle mani, dei corpi, dei cartigli svolazzanti, come invitandolo a seguirle, ad ascoltarle, a spingersi lassù elevandosi dal piano materiale. Sembra di rivedere il pittore che apriva la porta, entrava in quest'aula, posava i suoi strumenti di lavoro, saliva sulle impalcature e rimirava l'opera lasciata il giorno prima. Non ci sorprenderebbe che parlasse con le sue opere d'arte: con Ester, con Salomone, con Adamo, con la sibilla Cumana, con il profeta Isaia...Sono ancora tutti lì con l'espressività che gli diede per sempre il Romanino. Lo immaginiamo ancora, mentre scendeva dal ponteggio, preparava i colori, sceglieva i pennelli e risaliva, iniziando un'altra personale immersione nei temi sacri, che pennellava vigorosamente. Ne eseguì dodici, di Sibille, tante quanti i Profeti; si leggono bene i nomi della Cumana (ritratta con un turbante in testa), dell'Eritrea (vestita d'azzurro) e della Libica (dal portamento elegante, con acconciatura trattenuta da una cuffietta), si presumono quelli della Frigia e della Fenicia (fig. 25) mentre per le altre è impresa ardua.
Fig. 25. Sibilla Fenicia (che nell'elenco classico non esiste. A quale sibilla corrisponde?). A nostro avviso tra le più riuscite figure affrescate da Romanino in questa chiesa: si noti la posa dinamica, il drappeggio delle vesti (non sontuose ma portate con dignità), i piedi scalzi, le maniche del corsetto sollevate fino ai gomiti, le gote rosse, la testa voltata all'indietro...
Scrive il Vezzoli: "Per i nomi delle altre, per gli oracoli e le profezie, è sovente vana fatica, non essendosi curato gran che il Romanino di dare forma precisa agli scritti, bastandogli spesso disporre le lettere dell'alfabeto in sequenze ornamentali, senza un senso preciso, con frammezzate sovente lettere d'un alfabeto tutto suo, che sta a mezza via tra il greco, l'ebraico e il latino" [17]. Il Vezzoli ritiene che Romanino non avesse accanto qualche erudito che lo guidasse nella compilazione corretta dei cartigli ma allora perchè alcuni sono chiari e corretti e altri no? Anche perchè, tra l'altro, Romanino aveva già dipinto lo stesso tema ad Asola "con maggior rispeto ai nomi e ai testi", asserisce il Vezzoli. Perciò non crediamo sia una questione di erudizione. Riprenderemo il concetto a fine testo. E' curioso andare alla ricerca di quei caratteri definiti da alcuni "misteriosi", "Indecifrabili", "enigmatici". E' una ricerca che ci riserviamo di continuare a livello paleografico, per giungere a delle conclusioni chiarificatrici.
I Profeti rappresentati dal Romanino all'interno di S. Maria della Neve di Pisogne riprendono forse qualcosa di quelli affrescati all'esterno nei sottarchi da un artista a lui precedente; Romanino sicuramente vide quei soggetti. Ciascuno dei Profeti è accompagnato, come le Sibille, dal proprio cartiglio e di tutti si può leggere il nome ed è stato riscontrato qualche errore (Giona avrebbe le parole appartenenti a Gedeone). Ma cerchiamo di fare un ripasso anche in merito ai Profeti. "Profeti sono detti quei personaggi che, per ispirazione divina, sono in grado di predire eventi futuri". A queste figure molto importanti sono intitolati sedici Libri nel Vecchio Testamento; quattro Libri sono dedicati rispettivamente a Isaia, Geremia, Daniele ed Ezechiele (considerati i Profeti "maggiori") e dodici ai Profeti "minori": Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia. A questi se ne aggiungono altri, come Elia, Abramo, Mosè, Davide e Giovanni Battista.
Generalmente l'iconografia dei profeti è quella del mezzo busto oppure in piedi, vestiti con tunica e pallio, con sulle spalle gli apostoli, protagonisti del Nuovo Testamento (a ciascun Apostolo era generalmente attribuito un articolo del Credo; ad essi facevano contrapposto altrettanti profeti). Molto frequente trovarli entro medaglioni, come all'esterno di questa chiesa. All'interno invece i Profeti sono a figura intera, accoppiati ad una Sibilla e probabilmente ad un Apostolo che era ritratto nei tondi sottostanti. "Attributo fisso dei Profeti è il libro o il cartiglio con le prime parole di un passo biblico che li identifica, spesso scelto in riferimento alla futura venuta di Cristo. Alcuni di loro, sulla scorta di Mosè, hanno sul capo le corna divenute simbolo di sapienza. L’intento tipologico, cioè di mostrare come nel Vecchio Testamento fossero già prefigurati gli eventi narrati nel Nuovo, guida tutta l’iconografia che riguarda i profeti, detti, per questa ragione, precursori. Le loro storie sono infatti costantemente lette quali “figure” cristologiche" [18].
Fig. 26. La Sibilla Libica e il Profeta Malachia (si leggono bene entrambi i loro nomi)
Fig. 27. Il Profeta Abacuc
Fig. 28. Il Profeta Osea, straordinaria raffigurazione connotata da una posa di grande tensione, con il capo completamente ruotato verso la parete, tanto che è impossibile vederne le sembianze
- Pubblicato in questo sito il 10/03/2020 da Marisa Uberti (testo e foto non possono essere copiati/incollati senza autorizzazione e/o citazione delle fonti)
- Argomento correlato in questo sito: I segreti di S. Maria in Silvis a Pisogne