La cripta della chiesa di S. Calocero a Civate
(Marisa Uberti)
Dopo la visita al magnifico complesso di San Pietro al Monte, è suggeribile raggiungere il centro storico di Civate, dove si trovano diversi edifici strettamente connessi con l'abbazia alpestre, fin dalla sua fondazione. Uno di questi edifici cultuali è la chiesa di San Calocero, nella omonima piazza. Oggi il complesso monastico è stato adibito a Casa di Riposo per ciechi e anziani; sono state recuperate l’interessante cripta, la chiesa e anche il chiostro è visitabile.
Nel IX secolo il complesso di San Pietro al Monte e San Calocero nel paese costituivano un unico nucleo monastico benedettino. E’ ipotizzabile un più piccolo edificio di origine longobarda, poi ingrandito successivamente. Per ribadirne l’importanza il vescovo di Milano Angilberto II (824-859) avrebbe fatto traslare le reliquie del santo titolare da Albenga. (ricorderemo che Lecco non ha mai avuto diocesi e dipende tutt'ora da quella milanese).
I documenti citano la chiesa di San Calocero dal 1018, durante l’episcopato di Ariberto, cui alcuni storici attribuiscono il trasporto delle reliquie di san Calocero a Civate. A differenza della chiesa al Monte, però, che riuscì a salvarsi dai rifacimenti, cosa che avvenne già nel XIII secolo (in decadenza), durante cui subì pesanti rimaneggiamenti. Invitiamo a seguirne la storia qui.
Abbiamo visitato la cripta, che è preceduta da resti di epoca romana emersi durante gli scavi (si tratta probaiblmente di una necropoli).
Gli archi e le volte della cripta sono medievali (XII sec.); i lavori di sistemazione e riscoperta dell’apparato pittorico sono recenti (dal 2008). L’ambiente appare suddiviso in tre navate di uguali dimensioni, ripartite da sette colonne per parte (quattordici totali), alla base delle quali sono stati lasciate visibili le fondamenta.
Il numero sette sembra qui preponderante: infatti sono sette anche le nicchie sulle due pareti laterali. A sinistra sono dipinti sette santi mentre a destra le nicchie sono oggi ridotte di numero per apertura di porte ma dovevano esservi sette sante (ne restano quattro).
Gli affreschi delle nicchie sono di epoca barocca. Rappresentano sante e santi, e crediamo che in ciascuno si possano celare dei simbolismi ermetici, non palesi, magari dietro ai loro nomi o all’allegoria delle loro vicende. Inseriamo soltanto alcuni tratti caratteriali, per poi lasciare libera riflessione al lettore. Ricordiamo che i santi e le sante cristiani sono spesso radicati nelle divinità del mondo cosiddetto pagano. A volte un dio è divenuto femminile nell'agiografia cristiana, che ne però sincretizzato la valenza, sotto altre forme, come palesemente espresso in questo articolo di Roberto Renzetti. Se il simbolismo sotteso è identico, però, è a quello che si deve guardare, perchè le "mentite spoglie" con cui un soggetto si presenta è l'involucro, sta all'intelletto grattare sotto la superficie.
Eleganti le volte a crociera con volte affrescate e decisamente interessante la sinopia dipinta nella volta sopra l’altare, scoperta dai restauratori: si tratta di un perduto affresco che raffigura il Tetramorfo (i quattro evangelisti raffigurati dagli animali corrispondenti Giovanni/aquila; Luca/bue; Marco/leone; Matteo/angelo; al centro, l’agnello immolato).
- Le sante
Ciascuna è presentata da un cartiglio nella parte superiore della nicchia, sulla parete destra della cripta.
Nella prima nicchia (ma sarebbe la seconda, poichè nella prima è stata ricavata la porta) troviamo Santa Maria di Magdala (Maddalena), che regge in mano il calice e ha un ventre particolarmente rigonfio come fosse gravida, e sulla quale non ci soffermiamo perché le abbiamo dedicato diversi articoli in questo sito; ci limiteremo a far notare la curiosa posizione delle dita che sorreggono il calice e appunto il ventre voluminoso. Altrove in questo sito abbiamo accennato alla non casualità della gestualità mostrata nelle iconografie sacre, che potrebbe ricondursi alle mudra. Sul ventre che dire? Potrebbe essere la veste che, trattenuta con un legaccio sotto il diaframma, lo fa arrotondare ma già ci sembra di sentire i commenti dei seguaci della linea di sangue del Graal. Santa Maddalena si festeggia il 22 luglio.
A seguire incontriamo Santa Ursula (il cui nome significa piccola orsa) che da noi è nota come Orsola; si tratta di una santa vissuta nel IV secolo probabilmente, di origine bretone e di nobili origini , essendo stata la figlia del re della Britannia. E’ una santa poco nota; secondo la tradizione venne martirizzata per la sua fede cristiana da Attila, attraverso colpi di frecce. Viene rappresentata iconograficamente come una principessa in abiti regali, generalmente con la corona in testa (attributo che mostra anche qui nella cripta di Civate); può essere accompagnata dalla palma del martirio, dalla freccia che la uccise, da un vessillo bianco con croce rossa (segno di vittoria sulla morte per mezzo del martirio), da una barca (natante con cui avrebbe raggiunto, in compagnia di altre dieci compagne, la città tedesca di Colonia, di cui è compatrona). È possibile che nella leggenda di sant'Orsola ci sia un lontano ricordo di un mito pagano relativo alla dea Freyja che, col nome di Horsel od Ursel, accoglieva le fanciulle defunte nell'oltretomba. Secondo Lynn Picknett ("La storia segreta di Lucifero", Newton Saggistica) Ursula (Ursel) sarebbe il sincretismo cristiano della dea Artemide. Spesso è anche raffigurata secondo lo schema di Maria madre di misericordia (wikipedia). Sotto la sua invocazione si mettono le ragazze (specie le nubili, per avere un matrimonio felice), le scolare, gli orfani. Si festeggia il 21 ottobre.
Proseguendo, dopo Sant’Ursula troviamo Santa Barbara (che significa straniera, non romana), venerata sia dalla Chiesa Cattolica che da quella Ortodossa, vissuta nel III- IV secolo d.C. Per la sua fede cristiana, sarebbe stata decapitata dal padre Dioscoro, che lavorava per l’imperatore Massimiliano Erculeo. Nell'atto di ucciderla, il padre sarebbe stato colpito mortalmente da un fulmine. Questa santa è invocata contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa da fuoco. I suoi simboli sono la palma (del martirio), la Torre (dove il padre la rinchiuse), le lunghe piume (prima di venire decapitate, Barbara avrebbe subito feroci torture, dapprima con verghe che, secondo la leggenda, si tramutarono in piume di pavone), le proprie mammelle (dopo la tortura del fuoco, le avrebbero tagliato i seni). Su questa santa aleggiano dei misteri perchè sembra che dietro la sua figura si celi un "segreto antico, pagano, da custodire affinché la nuova religione cristiana non se ne appropri. S. Barbara è una dea che nasconde un'altra divinità di cui non si può pronunciare il nome. Così nel medioevo si nascondevano nelle allegorie cristiane antiche conoscenze misteriosofiche che il Cattolicesimo considerava diaboliche" (a questo link una trattazione del culto segreto di Santa Barbara).
La santa è anche la controparte cattolica e femminile di una divinità maschile della mitologia yoruba, Changò o Shangò, dio della virilità, della mascolinità, del fuoco, di fulmini e tuoni, della guerra, della danza e della musica. A questa divinità viene accostato talvolta anche San Gerolamo. S. Barbara è patrona di molte categorie: minatori, armaioli, di chi maneggia esplosivi, è protettrice dei montanari, degli stradini, dei cantonieri, degli artisti sommersi, dei campanari, dei geologi, della Marina Militare Italiana, dei Vigili del Fuoco, dell’Artiglieria e del Genio. Protettrice anche di torri e fortezze, si festeggia il 4 dicembre.
Dopo Santa Barbara troviamo Santa Apollonia,(che significa “sacra ad Apollo”), vissuta nel III sec. d.C. e suicidatasi gettandosi nel fuoco, per evitare forse i dolori delle torture (questo gesto, nel medioevo, non mancò di suscitare polemiche e discussioni). il suo attributo nell’iconografia è una tenaglia che tiene stretto un dente; può avere anche un giglio. La tradizione narra che i suoi persecutori le colpirono la mascella provocando la fuoriuscita dei denti oppure, secondo un’altra versione, le vennero strappati con una tenaglia. Da tempi remoti è considerata la protettrice dei denti e delle malattie ad essi correlate; dal Medioevo in poi si moltiplicarono i suoi denti-reliquie miracolosi, venerati dai fedeli e custoditi nelle chiese e oratori sacri dell’Occidente. Fin quando papa Pio VI (1775-1799), che era molto rigido su queste forme di culto, fece raccogliere tutti quei denti che si veneravano in Italia, li fece mettere in un bauletto (pesavano circa tre kg) e li fece buttare nel Tevere. Tutti noi da piccoli abbiamo, almeno una volta, messo il dentino deciduo sotto una tazza affinchè Sant'Apollonia, la mattina, lasciasse un soldino al suo posto, propiziando la crescita di un nuovo dente sano. Secondo alcuni, Apollonia deriverebbe da una divinità romana, Bellona (v. qui). Nella mitologia romana, Bellona era la dea della guerra (bellum) e veniva assimilata alla dea greca Enio, e in seguito identificata con la dea asiatica Mā. Si festeggia il 9 febbraio.
Non possiamo sapere chi fossero le altre tre sante dipinte nelle nicchie scomparse.
- I santi
Nelle sette nicchie di sinistra sono stati rappresentati: San Carlo, San Benedetto, San Gregorio, San Pietro martire, San Calocero, San Barnaba, San Pietro Apostolo.
San Carlo Borromeo, tra tutti questi santi e sante, è quello più recente (1538-1584) ed è un po’ avulso dagli altri, a nostro avviso. Il suo attributo è il bastone pastorale e si festeggia il 4 novembre.
San Benedetto (che significa “augura il bene”) lo incontriamo nella seconda nicchia. E’ il patriarca del monachesimo occidentale, cui è dedicato l’oratorio sul Monte Cornizzolo, accanto alla basilica di San Pietro al Monte (l’intero complesso era dedicato a lui). Nacque a Norcia (Umbria) nel 480 e morì nel 547 d.C.; i suoi attributi sono il Bastone pastorale, una coppa (con cui alcuni monaci tentarono di avvelenarlo) e il corvo imperiale (che avrebbe strappato dalle mani del frate il boccone avvelenato, dopo che egli l’aveva benedetto, salvandogli la vita). Si festeggia il 21 marzo e l’ 11 luglio. E' protettore di Monaci, Speleologi, Architetti, Ingegneri. In questa cripta è rappresentato con un libro aperto nella mano destra.
San Gregorio (che significa “colui che risveglia”) è ritratto nella terza nicchia. Siccome di santi con questo nome ne esistono parecchi, dobbiamo vedere che attributi ha accanto il personaggio, in questo dipinto nella cripta di San Calocero: ha una colomba bianca vicino e regge un libro aperto, e soprattutto sfoggia il triregno. Ha anche un'ombra riflessa dietro di lui. Si tratta di Gregorio Magno, che fu papa dal 590 al 604. Lo abbiamo visto rappresentato anche nella basilica di San Pietro al Monte, in una scena dell’ingresso, mentre accoglie i fedeli. E’ considerato Dottore della Chiesa, uno dei più grandi Padri nella storia della Chiesa. Viene raffigurato con una colomba vicino o posata sulla spalla, perché la tradizione narra che il volatile gli parlava all’orecchio. “Il Medioevo, che ammirava gli scritti di questo pontefice come le melodie “gregoriane”, era convinto ch’egli fosse vissuto in permanente ascolto dello Spirito Santo e avesse scritto sotto la dettatura dello stesso Spirito, così la sua iconografia perpetua tale graziosa leggenda, che probabilmente risale a una vita di S. Gregorio scritta da un oscuro monaco anglosassone del convento di Whitby verso il 713, dove per la prima volta si parla dell’apparizione della colomba al santo, intento a scrivere il “Commento a Ezechiele”. In seguito essa venne diffusa dalla biografia del papa, scritta da Paolo Diacono nella seconda metà del 700 d.C.” (Storia). La sua memoria liturgica è il 3 settembre nella chiesa cattolica, il 12 marzo in quella ortodossa.
San Pietro Martire. Il nome Pietro significa pietra, sasso squadrato; esistono diversi santi con questo nome, ma accompagnato da "martire2 si intende San Pietro da Verona. E’ un santo nato da genitori eretici manichei ma divenuto ben presto un fervente cattolico e in seguito monaco domenicano (pare che l’abito glielo desse proprio Domenico di Guzman), persecutore degli eretici. Nel 1242 divenne Inquisitore Generale per la Lombardia, finché fu ucciso per mano di coloro che perseguitava, come egli aveva predetto, a Meda, sulla strada da Como a Milano. È solitamente rappresentato con l’abito domenicano, con la palma del martirio in mano e con il falcastro sul capo, che è un tipo di falce (roncola) con cui un certo Carino gli spaccò la testa, immergendogli anche un lungo coltello nel petto. A volte, a seconda dell’artista, Pietro martire può essere raffigurato con una ferita sanguinante sulla fronte, con un pugnale nel petto o nel fianco. E’ sepolto nella splendida arca marmorea nella Cappella Portinari all’interno della basilica di Sant’Eustorgio a Milano. Si festeggia il 6 aprile (un tempo il 29), i domenicani lo ricordano il 4 giugno.
San Calocero (“bel vecchio”, “di bella vecchiaia”, nelle fonti anche Caio) non è da confondere con San Calogero di provenienza diversa. Il nostro Calocero – titolare di questa chiesa- era originario di Brescia ed era un soldato romano, vissuto nel II sec. d.C. e martirizzato nei pressi di Albenga sotto l’imperatore Adriano, tramite decapitazione per trascinamento con cavalli. Si era infatti convertito al cristianesimo; tuttavia non si sa come mai si recò ad Albenga, in provincia di Savona (Liguria), probabilmente per evangelizzare. Ciò che è certo è che nel luogo del suo martirio è emerso un grande complesso archeologico del IV- V sec., a lui dedicato. Esso doveva accogliere le sue spoglie (sul luogo sorse poi un convento di Benedettine e Clarisse), che sarebbero poi state trasferite nella chiesa principale di Albenga. Oggi la sua presunta tomba è conservata nel Museo Civico Ingauno di Albenga, mentre nel Museo Diocesano della città è esposto il busto-reliquiario e nella Cattedrale di San Michele è conservata l'urna con le reliquie del Santo. Ma la tomba di san Calocero è anche qui a Civate! Si narra che dapprima le sue reliquie venissero portate a san Pietro al Monte ma poi definitivamente conservate nella basilica dedicata al santo, quella in cui ci troviamo. Un mistero? Per chi volesse saperne di più, vedasi qui. Iconograficamente è rappresentato vestito da militare romano, con la palma del martirio. In questa cripta è mostrato con un'ascia nella mano destra e, oltre alla palma, nella sinistra regge un altro oggetto poco chiaro. La memoria liturgica si celebra il 18 aprile.
San Barnaba (“figlio della consolazione”), originariamente era chiamato Giuseppe di Cipro. E’ annoverato tra gli apostoli e diffusore del Vangelo, al tempo degli altri apostoli più noti. E’ santo sia per la chiesa cattolica che per quella ortodossa. I suoi attributi sono il Bastone del pellegrino, il ramo di Palma (del martirio) e il Vangelo di Matteo perché, secondo la leggenda, Barnaba venne lapidato a Salamina (dove esiste il Santuario a lui dedicato), da alcuni giudei nell'anno 61 d.C. e sembra che al momento del martirio avesse in mano una copia del Vangelo di Matteo.
San Pietro Apostolo (che significa “pietra”, “sasso squadrato”). E’ notoriamente il successore designato da Cristo per fondare la sua Chiesa. I suoi attributi sono le Chiavi, la Croce rovesciata, la Rete da pescatore. Le chiavi (una d’oro e l’altra d’argento) possono essere incrociate, sovrapposte e in questa cripta le ritroviamo in posa insolita: una ricade lungo il fianco destro del santo, l’altra (quella d’oro) è saldamente tenuta nella mano e sollevata in alto. Abbiamo visto nell’articolo dedicato al complesso di San Pietro al Monte il significato ermetico rivestito da questa figura fondamentale nella religione cristiana, ma anche in Alchimia dove (detto molto sinteticamente) incarna la metafora del solve et coagula…
Si festeggia il 29 giugno, insieme a san Paolo, nel giorno di una ricorrenza pagana che esaltava le figure di Romolo e Remo, i due mitici fondatori di Roma, come i due apostoli Pietro e Paolo sono considerati i fondatori della Roma cristiana. San Pietro è accostato a Giano, il dio pagano bifronte di importanza capitale nella simbologia esoterica. Giano aveva le chiavi come attributo, perchè sovrintendeva alle porte, quindi alla Juana Coeli, alla porta del cielo.
A questo punto ci possiamo chiedere a cosa è stata legata la scelta del committente di far eseguire i dipinti di questi santi e sante? A parte San Calocero, che è il titolare, San Pietro, cui è dedicato il complesso benedettino strettamente connesso con questa chiesa, potremmo anche capire la presenza di San Carlo Borromeo, che nelle sue “ispezioni” pastorali in Lombardia fece attuare numerosi cambiamenti nelle chiese locali civatesi. Ma (e questo dovremmo domandarcelo ogni volta che visitiamo un luogo sacro) devono trovare un senso anche le altre figure mostrate nelle nicchie, perché è poco ritenerle frutto del caso o di un semplice gusto dell’artista.
Argomento: Cripta San Calocero
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