LITERNUM e dintorni
All’arrivo del Cristianesimo divenne sede vescovile (Ecclesia Liternina o Patriensis), fino all’VIII secolo, dopo di che decadde definitivamente e venne abbandonata. Era già stata infatti quasi interamente distrutta quattro secoli prima dai Visigoti di Alarico. Alluvioni e incuria portarono la popolazione a spostarsi verso l’attuale Giugliano. Nell’area pianeggiante nei dintorni di Liternum si stabilirono i Benedettini, nel Medioevo.
Dell’antica colonia non si tornò più a parlare fino al XIX secolo, con la scoperta di alcune lapidi; soltanto tra il 1932 e il 1937 vennero avviati scavi da parte del Maiuri per riportare alla luce la villa e la tomba di Scipione l’Africano (di cui parlava una epistola di Seneca, oltre che T. Livio). Quale fu la sorpresa di scoprire, invece, una città vera e propria! Foro, templi, edifici civili, la basilica e il teatro, nonché una necropoli (con la maggior parte delle sepolture databili all’età imperiale). Il tutto attraversato dalla Via Domitiana, non è certo poco! Agli inizi del 1990 sono stati ripresi nuovi scavi archeologici che hanno individuato strutture sommerse a nord del Foro (verso il canale che collega il lago al mare); gli ambienti presentano pavimenti musivi e pareti affrescate, forse delle Terme risalenti al I secolo d. C. e utilizzate fino al V secolo. Ma le meraviglie non sono finite: sotto il livello di falda sono stati individuati altri ambienti con poderose volte, ascritti a magazzini di epoca Repubblicana ai quali si sovrappose un’area sacra con un portico (II secolo d.C.). Alla base di questa struttura sono venuti alla luce reperti molto più antichi e databili alla fine del IV- inizio III millennio a.C. e dell’Età del Bronzo. A meridione del Foro (vicino all’attuale SS Domitia) sono state scoperte insulae, botteghe e strade cittadine. Nella parte orientale della città sono state individuate due ville, parzialmente esplorate. Molto importante è il ritrovamento dell’Anfiteatro risalente al II-I secolo a.C. Esso aveva dimensioni simili a quello di Cuma e si ergeva su un terrapieno naturale di sabbia in prossimità del mare. Subì un allargamento e restauri che ne attestano l'uso almeno fino al IV secolo d.C. Un patrimonio storico e culturale che è stato istituito come Parco Archeologico dal 2006 ma che oggi risulta impraticabile!
Una buona notizia arriva però dall'apertura della sala dedicata a Liternum e ai reperti ivi ritrovati durante le campagne di scavo, nel bellissimo Museo Archeologico dei Campi Flegrei allestito nel Castello Aragonese di Baia (Bacoli, NA). Quando ci siamo recati in loco, un paio di giorni dopo avere visitato (seppure da fuori) l'antica Liternum, abbiamo integrato le informazioni con le testimonianze presenti nel Museo, dove si trovano alcuni manufatti rappresentativi; un frammento musivo a motivi geometrici in tessere calcaree bianche e nere, che doveva appartenere ad un tempietto situato sulla sommità dell'area sacra a N-O del Foro cittadino, in prossimità del lago e di fonti (non si conosce la divinità a cui fosse dedicato, ma si ritiene legata a culti delle acque o protettrice dei naviganti); una bellissima "Mensa con dedica al Collegio degli Augustali", del II-III sec. d.C., fatta fare da L. Flavius Anthus Maximianus come ringraziamento per aver ricevuto il titolo di patronus; l'Albo degli Augustales di Liternum, che erano deputati al culto dell'Imperatore (II sec. d.C.); varie lastre con iscrizioni dedicatorie (a Marco Aurelio, 162 d.C., a Caracalla, 211-212 d.C., a Salonino Cesare, 258-260 d.C. In particolare è ricordato anche il beneficio concesso dall'Imperatore Traiano delle provvidenze alimentari ai fanciulli, di cui anche Liternum beneficiò [2]); interessante è una lastra riferibile al culto della Magna Mater e un'altra con simboli del sacrificio alla stessa divinità. Inoltre sono esposte alcune statue, altre iscrizioni, corredi ed epigrafi provenienti dalla necropoli, elaborati grafici e fotografici. Consigliata la visita.
Spostiamoci adesso in una località vicina a Lago Patria, Varcaturo, dove andiamo a visitare un luogo contornato da un alone di mistero: la Torre degli Incurabili. Si tratta di una curiosa costruzione a base ottagonale che si eleva a forma di tronco di piramide con un’altezza di 15 m. Due ingressi caratterizzano il piano terra mentre i piani superiori mostrano grandi finestre; all’interno doveva essere suddivisa in piani da solai lignei. Certo incute una certa suggestione perché, essendo attualmente abbandonata, si è ammantata di fatti enigmatici e leggendari: i consueti fantasmi ma anche testimonianze di fenomeni sicuramente insoliti. Si racconta che un cacciatore (trent’anni fa) avrebbe avuto la sensazione di essere seguito, mentre percorreva la strada di campagna che costeggia la masseria; avrebbe udito distintamente dei passi dietro di sé e, giratosi, avrebbe visto una sagoma femminile. Giunto all’altezza della torre, inseguito a passi sempre più svelti, si sarebbe nuovamente girato impaurito da un forte rumore come di battito d’ali e avrebbe visto un enorme uccello librarsi in volo. La donna era scomparsa e quell’animale volante non era identificabile con nessun uccello che egli conoscesse. Secondo credenze popolari la sagoma femminile sarebbe lo spettro di una donna sposata vissuta nel mulino tanto tempo fa: vittima della propria lussuria, sarebbe condannata a vagare per l’eternità in cerca di un uomo con cui commettere adulterio e l’uccello sarebbe lo spirito del marito della donna, che vigilerebbe per impedire questo.
Le origini dell’edificio si perdono un po’ nel tempo ma era esistente sicuramente nel 1700 (come da documenti catastali), insieme alla masseria di cui è parte integrante. Era infatti usata come un mulino a vento per la macinazione del grano, e si qualificherebbe come un residuato di archeologia industriale del periodo borbonico, quando Napoli e la Campania erano all’avanguardia industriale e tecnologica. Situata in un punto in cui confluiscono venti provenienti da diverse direzioni e rivolta verso la pianura che digrada verso il mare, era parte integrante (insieme ad altre masserie) di un vasto sistema produttivo agrario del territorio giuglianese. Dismessa come mulino a vento, la Torre accolse gli appestati o persone affette da altre gravi malattie contagiose come la tubercolosi; inoltre si ritiene che qui venissero confinati pazzi e moribondi. Proprio nel periodo in cui divenne un centro di igiene mentale di sarebbero sviluppate le leggende con protagonisti fantasmi e spiriti malefici. Per la sua forma che unisce geometrie architettoniche particolari è stata anche suggerita una sua possibile valenza esoterica.
Ma ora, prima di proseguire i nostri due passi nelle meraviglie dei Campi Flegrei, godiamoci un po’ di relax su questo litorale, andando sull’ampia spiaggia sabbiosa della Marina di Varcaturo, dove la presenza di numerosi lidi attrezzati, il mare color cobalto e dai fondali bassi ne fanno una delle più ambite ( e soprattutto pulite) di questo tratto di costa domitia.
[1] "Silentium deinde de Africano fuit.Vitam Literni egit sine desiderio urbis; morientem rure eo ipso loco sepeliri se iussisse ferunt monumentunque ibi aedificari, ne funus sibi in ingrata patria fieret" (Livio, XXXVIII, 53). (Trad.: "Dell'Africano non si parlò più. Visse a Liternum senza nostalgia dell'Urbe; si dice che sul punto di morire avesse ordinato di essere seppellito nello stesso posto in campagna e che gli fosse eretto lì un monumento, affinchè non gli fossero resi onori funebri nell'ingrata patria")
[2] Questa istituzione imperiale prende il nome di Tabula Alimentaria Traianea e fu ritrovata nell'antica Velleia; è conservata nel Museo Archeologico di Parma, dove l'abbiamo documnetata tempo fa