La Canonica di San Niccolò a Montieri (GR)
(Paolo Galiano)
Copertina del libro dell'Autore, uscito nell'estate 2015, contenente le ricerche sull'argomento esposto in questo articolo (v. nota 1)
Gli archeologi dell’Università di Siena, sotto la direzione della Prof.ssa Giovanna Bianchi, hanno riportato alla luce, grazie alla segnalazione di un gruppo di giovani di Montieri guidati da Oriano Negrini, i ruderi di un insediamento sul Poggio di Montieri (GR), a circa 2 km ad ovest di questa cittadina delle Colline Metallifere situata tra Massa Marittima e Siena: le operazioni di scavo, iniziate nel 2008 e completate nella prima fase nel 2014, hanno rivelato l’esistenza di un piccolo centro costruito su di un terrazzamento artificiale, la Canonica di San Niccolò, di cui si era perso anche il ricordo, costituito da alcuni edifici destinati a lavorazioni artigianali, un’area adibita a cimitero ed una chiesa di pianta esapetale. La parte più importante della scoperta è stata la chiesa, in quanto essa presenta una rara pianta circolare su cui si aprono sei absidi disposte radialmente, rientrando così nella tipologia delle chiese definite per la loro forma “chiese esapetali” o “esaconche”, di cui costituisce un esemplare per ora unico nel suo genere in Italia e poco adoperato in tutta Europa, dall’Italia al Caucaso[1].
Visuale aerea del complesso (fonte Internet)
In attesa della pubblicazione ufficiale e completa del ritrovamento è interessante presentare alcune notizie su di esso, in quanto una pianta così insolita suscita numerose domande sulle sue origini, sui suoi committenti e sulle maestranze che l’ha costruita, ma anche sul significato della particolare struttura.
Le fonti scritte medievali dànno notizia della Canonica solo a partire dalla prima metà del XII secolo e fino alla metà del XIV, senza nulla dire circa la data della sua costruzione: gli elementi al momento disponibili indicano che la chiesa esapetale è stata costruita nella prima metà dell’XI secolo, ma il sito è stato frequentato fin dall’antichità, visto che nello scavo è stata recuperata una punta di freccia del tipo detto “di Rinaldone”, periodo preistorico che si fa risalire al IV-III millennio a.C., e vi sono segni di un primo insediamento di IX-X secolo, desumibili dai reperti ceramici e da altri elementi ritrovati nello scavo, ma troppo scarsi per poter definire forma e funzione di questo primo abitato[2].
La pianta a sei petali della chiesa di San Niccolò (da Internet)
La struttura architettonica della chiesa esapetale costituisce “il solo esempio di questo genere in Italia”[3] e viene definita “un unicum nel panorama italiano… e, vista la regolarità delle absidi e della loro disposizione spaziale, possiamo ipotizzare che la chiesa venne costruita in conformità a un progetto di alto livello elaborato secondo precise regole geometriche”[4]: le maestranze che la edificarono non potevano consistere in semplici lavoratori locali ma dovevano essere “di alto livello tecnico”, lapicidi che utilizzarono “pietre ben squadrate di medie dimensioni disposte in maniera regolare lungo filari orizzontali[5]. Chi fossero le maestranze che eressero la Canonica è possibile solo congetturarlo, e, data la presenza nella regione già nei secoli precedenti dei cosiddetti “Maestri Comacini”, architetti e lapicidi di grande valore che lavorarono in Italia e in tutta Europa, forse potrebbero essere stati essi i costruttori dell’edificio liturgico. I suoi committenti sono altrettanto ignoti, ma si doveva trattare di personaggi di particolare rilievo, considerati i costi di un’opera del genere. Diverse le possibili ipotesi (i Vescovi di Volterra? i conti della Maremma, quali i Pannocchieschi, i Gherardeschi o gli Aldobrandeschi?), ma è anche possibile pensare a qualche esponente della piccola ma potente aristocrazia terriera locale, di diretta discendenza dai Longobardi che fin dal VII secolo avevano preso possesso della Tuscia.
Tra gli elementi ancora misteriosi emersi dagli scavi occorre citare in particolare la piccola fossa scoperta nel pavimento della chiesa esapetale, scavata quasi di fronte all’ingresso principale, contenente nello strato superficiale residui carboniosi (resti di un fuoco rituale?) misti con i frammenti di un calice di vetro (oggetti di vetro sono frequenti nelle necropoli longobarde come segno di distinzione sociale[6]) e più in profondità uno splendido gioiello, ora esposto alla Pinacoteca di Siena, una fibula del tipo “ad umbone” o forse un filatterio pettorale, gioiello di eccellente fattura in oro, smalti, paste vitree e pietre semipreziose, la cui origine non è al momento nota[7].
Ancora più importante è stato il ritrovamento in un ambiente quadrangolare, annesso ad uno degli absidi della chiesa e comunicante con essa tramite una porta, contenente lo scheletro di un personaggio maschile: la sepoltura è di sicuro precedente la costruzione dell’edificio liturgico (gli archeologi la fanno risalire con la tecnica del C14 al 1030 circa), e questo indica che la chiesa è stata costruita allo scopo di onorare e proteggere la tomba dell’ignoto. Si tratta di un’usanza molto frequente fin dal periodo delle tombe dei Martiri cristiani e che proseguì per tutto il Medioevo, e, considerata la storia della regione in cui la Canonica si trova, molto caratteristica delle necropoli dei Longobardi. Bisogna precisare che nulla di riferibile al mondo longobardo è stato trovato negli scavi della Canonica e quindi si tratta solo di un’ipotesi, per altro suffragata dalla presenza almeno fino al pieno Medioevo a Montieri (come nel resto della Toscana) di una classe signorile, i “Lambardi” o “Lombardi”, di sicura origine longobarda.
Intorno alla chiesa sono state trovate le sepolture di almeno trecento individui[8] i cui resti, con il test del C14, possono essere datati tra seconda metà dell’XI e il XIII secolo; quindi il cimitero avrebbe iniziato a formarsi in un’epoca di poco posteriore alla prima sepoltura privilegiata e sarebbe perdurato a lungo nel tempo, segno dell’importanza della Canonica come luogo di culto.
Il mistero che avvolge il personaggio per cui la chiesa venne costruita non trova alcun riscontro scientifico che possa darne spiegazione, ma alcune leggende tuttora presenti a Montieri e in alcuni paesi limitrofi, incentrate su di un Cavaliere e un tesoro che egli porta con sé, possono aprire qualche spiraglio di luce. L’analisi di esse, per mezzo delle indicazioni formulate dal russo Propp e dall’americano Campbell nello scorso secolo[9] sulle cosiddette “fiabe di magia”, consente di riconoscerne i caratteri, trasformati in favola dal passaggio nel folklore popolare, di un mito e di un rito iniziatico, che presentano tutte le caratteristiche presenti in miti e riti analoghi.
Secondo il testo riassunto da Negrini[10] un Cavaliere giunge a Montieri in pericolo di morte, “gravemente ferito e grondante sangue” secondo le parole della leggenda, e “fu ridestato dalla sua catalessia”, stato che si può interpretare come il momento culminante dell’iniziazione, in cui si deve attraversare (e non solo metaforicamente) il Regno dei Morti, solo grazie alla cura di alcune donne, entità femminili capaci di “guarire” che possono essere identificate con entità “angeliche” protettrici, quali le Lasa etrusche o meglio le Fravashi iraniche, considerando che i Longobardi avevano la loro lontana origine nel mondo indoiranico. Con la sua guarigione il Cavaliere dona alle “donne” i tesori che ha portato con sé, donazione che potrebbe significare, come insegna Campbell[11], che l’eroe è arrivato al di là della condizione “angelica”, cioè della condizione intermedia tra l’essere umano e il suo Principio, per cui può “arricchire” il mondo angelico con la sovrabbondanza del suo “stato glorioso”.
La complessità dei significati contenuti nella chiesa di Montieri può trovare una spiegazione nella pianta stessa della chiesa, costruita sulla base di una serie di semplici intrecci di cerchi nei quali si ravvisa però una sapienza profonda, che apre la strada a molteplici meditazioni sul simbolismo geometrico di essa. Come si vede dalla figura, i sei cerchi che descrivono le sei absidi vanno a formare il cosiddetto “Fiore della Vita”, che costituisce uno degli elementi iconografici presente nell’arte di tutto il Medioevo europeo (e che non costituisce, come si crede, un motivo iconografico esclusivo dell’Ordine dei Cavalieri Templari), formato da sei “mandorle”, la figura geometrica entro la quale viene raffigurato il Cristo o la Madre sul portale delle chiese, nei mosaici o nei dipinti. La mandorla, o vesica piscis (con riferimento anche al Cristo il cui acronimo in greco dava la parola ΙXΘΥΣ, pesce), costituiva nel Medioevo il simbolo per eccellenza della “porta di passaggio” dal divino all’umano, dall’invisibile al visibile, dal sacro al profano, una porta di transizione fra i due mondi attraverso cui il divino si manifesta e al tempo stesso consente all’umano di divinizzarsi.
Disegno di F. Agostini
A sua volta l’esagono inscritto nel cerchio di base determina la formazione, per mezzo del prolungamento dei suoi lati, di un doppio triangolo incrociato, il Sigillo di Salomone, immagine dell’unione del Maschile e del Femminile, la “punta” maschile e il “vaso” femminile, in Alchimia il simbolo dell’unione del Fuoco e dell’Acqua.
L’analisi completa del simbolismo della chiesa a sei petali porterebbe il discorso al di là dei limiti di un articolo, ma quanto detto forse è sufficiente a stimolare la curiosità dei lettori più attenti di conoscere un luogo ricco di storia, di fascino e di magia qual’è la Canonica di Montieri.
[1] La chiesa esapetale di Montieri e le costruzioni simili presenti in Europa nonché l’analisi del possibile simbolismo della pianta a sei absidi sono oggetto di un saggio pubblicato da GALIANO Le chiese del Fiore, ed. Adytum, Lavarone (TN) 2015, dal quale sono tratte le informazioni qui esposte.
[2] BENVENUTI, BIANCHI, BRUTTINI, BUONINCONTRI, CHIARANTINI, DALLAI, DI PASQUALE, DONATI, GRASSI, PESCINI Studying the Colline Metallifere mining area in Tuscany: an interdisciplinary approach, in “IES yearbook”, 2014 pagg. 261-287.
[3] FERDANI e BIANCHI 3D survey and documentation in building archaelogy, in “Institute of Electrical and Electronics Engineers”, Ottobre 2013.
[4] FALLERI Archeologia delle architetture del complesso ecclesiastico medievale della Canonica San Niccolò: analisi degli elementi architettonici, Università di Siena, tesi di Dottorato anno accademico 2010-2011 pag. 30.
[5] FALLERI Archeologia delle architetture cit. pag. 23.
[6] PAROLI La necropoli di Castel Trosino: un laboratorio archeologico, in L’Italia centro-settentrionale in età longobarda, Atti del Convegno, Ascoli Piceno, 6-7 Ottobre 1995, Firenze 1997.
[7] Prossima la pubblicazione di BIANCHI, MITCHELL, AGRESTI, OSTICIOLI, SIANO, TURBANTI MEMMI, PACINI La fibula di Montieri (GR). Indagini archeologiche alla Canonica di S. Niccolò e la scoperta di un gioiello medievale, in “Prospettiva”, ed. Centro Di, Firenze, fasc. 155-156
[8] BENVENUTI et al. Studying the Colline Metallifere mining area in Tuscany cit.
[9] PROPP Morfologia della fiaba (ed. Newton Compton, Roma 1992 – I edizione russa 1928); Id. Le radici storiche dei racconti di magia (ed. Bollati Boringhieri, Torino 1985 – I edizione russa 1945). CAMPBELL L’eroe dai mille volti, ed. Guanda, Parma 2000 (I edizione USA 1949).
[10] NEGRINI La leggenda del Re Minatore, ed. Effigi, Arcidosso (GR) 2014 pagg. 52-53 e pag. 61.
[11] CAMPBELL L’eroe dai mille volti cit. pag. 41.
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