Sarebbe interessante accertare se il menhir avesse avuto funzionalità gnomonica. Tuttavia può essere stato collocato non al posto originario. Tutte le costruzioni antiche funzionavano un po' come "meridiane architettoniche" ma occorre tener conto, studiandole, della precessione degli equinozi e di eventuali spostamenti della zolla su cui sorgono i monumenti- Sarebbe anche possibile verificare se i lati di pianta declinanti rispetto al meridiano abbiano riferimento con gli azimut solstiziali del posto.
Svelato il mistero di Monte d'Accoddi?
(di Adriano Gaspani)
[Nota del Webmaster: pubblichiamo con piacere questo elaborato, perchè ci siamo occupati della straordinaria struttura dopo averla visitata nell'estate del 2007. Al nostro articolo rimandano i collegamenti ipertestuali].
La recente pubblicazione del volume “Monte d’Accoddi. La dimenticata nave di una patria perduta” ad opera del dott. Eugenio Muroni, funzionario della soprintendenza Archeologica della Sardegna, che ha visto la luce nel 2008, nel quale viene proposto che la simmetria della struttura del sito riprodurrebbe le stelle della Croce del Sud, intorno al 3000 a.C. ha riaperto il dibattito intorno a questa singolare struttura megalitica risalente alla Cultura prenuragica di Ozieri, sviluppatosi in quell’area della Sardegna nordoccidental a partire dalla seconda metà del IV millennio a.C., e preceduto da tracce di frequentazione riferibili al neolitico medio. Il sito megalitico di Monte d'Accoddi, conosciuto per la sua forma anche come "ziqqurath di Monte d'Accoddi", talvolta scritto anche come "Akkoddi", è un monumento megalitico scoperto nel 1954 presso Sassari, in Sardegna, a 11 km dalla città sulla strada che conduce a Porto Torres, le cui coordinate geografiche sono 40° 479 27.93: N e 8° 269 56.08: E. Il dibattito riguarda soprattutto l’interpretazione archeoastronomica del monumento in quanto la sua archeologia è attualmente ben nota per merito soprattutto degli archeologi Giovanni Liliu, Ercole Contu, che eseguirono gli scavi tra il 1954 ed il 1958, e successivamente Santo Tinè, che operò tra il 1979 ed il 1990 ed interpretarono i risultati.
Il monumento di Monte d’Accodi è caso unico in tutto il bacino del Mediterraneo anche per il fatto che nelle sue vicinanze sono presenti un insediamento, una necropoli con tombe ipogeiche a domus de janas e un probabile santuario con menhir, lastre di pietra per sacrifici e sfere di pietra, tutti prodotti dalla Cultura di Ozieri, le cui genti costruirono una piattaforma sopraelevata, a forma di tronco di piramide quadrata di 27 metri di lato e di circa 5,5 m di altezza, alla quale si accedeva mediante una rampa che si sviluppa lungo la direzione meridionale. Sulla piattaforma venne eretto un ampio vano rettangolare rivolto approssimativamente verso sud, conosciuto come "Tempio rosso", in quanto la maggior parte delle superfici sono intonacate e dipinte utilizzando prevalentemente ocra rossa; le misure lineari sono 12,50 metri di lunghezza e 7,20 metri di larghezza ed è stato interpretato dagli archeologi come un luogo di culto.
Il monumento di Monte d’Accoddi ripreso da satellite il 25 ottobre 2006
All'inizio del III millennio a.C. la struttura fu abbandonata ed intorno al 2800 a.C. venne completamente ricoperta da un colossale riempimento, costituito da strati alternati di terra, pietre e di un battuto di marna calcarea locale polverizzata. Il riempimento è contenuto da un rivestimento esterno in grandi blocchi di calcare. In questo modo venne creata una seconda grande piattaforma tronco-piramidale a sezione rettangolare, a gradoni, di 36 metri di lunghezza, 29 metri di larghezza e di circa 10 metri di altezza, accessibile per mezzo di una seconda rampa, lunga 41,80 metri, costruita sopra quella più antica. Questo secondo santuario, conosciuto anche come "Tempio a gradoni" è stato attribuito alla cultura di Abealzu-Filigosa. L'edificio conservò la sua funzione di centro religioso per diversi secoli e venne abbandonato intorno al 1800 a.C., durante l’età del Bronzo antico e successivamente lasciato andare in rovina salvo essere utilizzato saltuariamente quale luogo di sepoltura. Il monumento negli anni '80 è stato oggetto di un pesante intervento di restauro, purtroppo con scavi, rimozioni di materiale, ricostruzioni arbitrarie sulla rampa e posizionamento di alcuni reperti rinvenuti nell'area, tanto che lo studio archeoastronomico del sito può solamente riguardare la struttura in generale la quale, nonostante i restauri, conserva ancora l’orientazione originale rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali.
La rampa d’accesso al sito preistorico sardo di Monte d’Accoddi. Sulla destra è visibile la pietra altare
Il rilievo archeoastronomico fu eseguito nel 1986 dai proff. Edoardo Proverbio e Giuliano Romano i quali misero in evidenza che il monumento
non era accuratamente allineato lungo le direzioni cardinali, con lo sviluppo della rampa d’accesso nella direzione di culminazione degli astri, ma esisteva una deviazione media di 6°,3 in senso orario rispetto alla direzione del meridiano astronomico locale. La stessa rampa non mostrava un andamento rettilineo concorde con il valore dell’azimut astronomico misurato, ma deviava ripetutamente a “zig-zag” in modo tale che l’azimut di l’orientazione degli assi che costituivano i vari segmenti fosse compreso tra i 4°,0 e gli 8°,5.
Gli azimut di orientazione dei lati della base della grande piramide risultarono essere pari a 108°,9 per il lato trasversale settentrionale e 189°,4
per il lato orientale. L’asse del tempietto posto sulla sommità del manufatto piramidale è orientato secondo un azimut astronomico pari a 107°,2. La situazione dal punto di vista interpretativo era, ed è, tutt’altro che semplice. Romano e Proverbio individuarono alcune possibili orientazioni lunari, ma di tipo minore. Nel 2008 Eugenio Muroni ha sostenuto nel suo libro “Monte d’Accoddi. La dimenticata nave di una patria perduta” che la simmetria del manufatto riprodurrebbe le stelle della Croce del Sud, oggi non visibile dal sito di Monte d'Accoddi, ma che 5000 anni fa, a causa della precessione degli equinozi, era sicuramente visibile nel settore nord-occidentale della Sardegna.
Ricostruzione dell’ipotetico aspetto del monumento preistorico di Monte d’Accoddi. L’asse del tempio posto sulla sua sommità era allineato verso il punto di levata delle stelle della Cintura di Orione durante il II millennio a .C.
L’ipotesi avanzata da Muroni è molto suggestiva e molto interessante dal punto di vista del simbolismo del cielo e della sua trasposizione sulla terra, tipico delle popolazioni che edificarono il grande tempio di Monte d’Accoddi, ma come avviene immancabilmente in questi casi, se analizzata dal punto di vista del “pattern recognition”, essa risulta poco probabile, come quasi tutte le associazioni visuali tra la morfologia dei manufatti antichi sulla terra e la disposizione delle stelle entro le costellazioni nel cielo. Non dobbiamo dimenticare che non basta che le forme si somiglino per stabilire un rapporto di causa ed effetto, senza precise, sicure ed esplicite fonti documentarie. L’ipotesi avanzata avrebbe potuto anche corrispondere alla realtà, il problema è che non siamo in grado, per mancanza di strumenti, di dimostrarlo in maniera quanto meno ragionevole. La spiegazione dell’orientazione dell’antico manufatto sardo sembra invece essere decisamente più semplice. Secondo le misure eseguite da Romano e Proverbio gli azimut di orientazione più importanti sono quelli della base della piattaforma, pari a 108°,9 per il lato trasversale settentrionale e 189°,4 per il lato orientale e l’asse del tempietto posto sulla sommità del manufatto, orientato secondo un azimut astronomico pari a 107°,2. Queste direzioni durante il II millennio a.C. puntano verso il punto dell’orizzonte naturale locale in cui sorgevano le stelle della Cintura di Orione. In particolare l’accordo tra le direzioni misurate ed il punto di levata delle stelle diviene pressoché perfetto tra il 2300 a.C. ed il 2200 a.C. Poiché questa direzione corrisponde all’asse maggiore del tempio posto sulla sommità, questo sembra essere stato l’allineamento più importante, sia per la cultura di Ozieri che per la successiva di Abealzu-Filigosa, quello che ha condizionato la disposizione e forse anche la morfologia dell’intero manufatto. Conosciamo perfettamente che la costellazione di Orione fu sempre tenuta in gran conto dalle popolazioni antiche e a quanto pare anche le antiche popolazioni sarde non fecero eccezione.
Bibliografia
- Eugenio Muroni , 2008,“Monte d’Accoddi. La dimenticata nave di una patria perduta”, Cagliari, 2008
- Zeppegno L. e Finzi C. Alla scoperta delle antiche civiltà della Sardegna Roma : Newton Compton, 1977, SBL0158332
- Aa.Vv., Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica, Milano 1981
- G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all'età dei nuraghi, Torino 1988
- E. Contu, Monte d´Áccoddi (Sassari). Problematiche di studio e di ricerca di un singolare monumento preistorico, Oxford 1984
- S. Tinè, S. Bafico, T. Mannoni, Monte d'Accoddi e la Cultura di Ozieri, in "LaCultura di Ozieri: problematiche e nuove acquisizioni", Ozieri 1989, pp.19-36
- S. Tinè (a cura di), Monte d'Accoddi. 10 anni di nuovi scavi, Sassari 1992
(Autore: Adriano Gaspani, I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astronomico di Brera - Milano. adriano.gaspani@brera.inaf.it)
Argomento: Svelato il mistero di Monte d'Accoddi?
Cronologia radiicarbonica
Charles Grassi | 11.09.2016
Ma, mi si consenta di evidenziare l'aspetto fondamentale, le datazioni sopra riportate non sono più attendibili ! Infatti ben 5 datazioni radiocarboniche calibrate (cioè "corrette" attraverso il raffronto con la dendrocronologia) hanno stabilito ormai in modo diretto - e possiamo dire "certo" - che il monumento della prima fase (CD Tempio Rosso) risale ad anni intorno al 3900/3800 aC ed è stato usato fino al 3300 circa; la seconda struttura, che ricoprì la prima, fu innalzata intorno al 3300 e restò in uso fino al 2900/2800 aC circa...
Agli inizi del Bronzo Antico (intorno al 2000 aC circa) anche i ruderi del secondo monumento ormai ridotto ad una collinetta persero per sempre ogni connotazione "sacrale"
Precisazioni
Charles Grassi | 11.09.2016
Buongiorno
Avendo lavorato per anni nel sito come archeologo mi permetto di segnalare alcune imprecisioni presenti nel testo.
1- Il Lilliu NON ha MAI SCAVATO né lavorato personalmente nel sito; se n'è occupato come altri Autori ma lo scavo è stato effettuato da Contu negli anni 50 e successivamente dal Tine'
2- La grafia Akkoddi con la K è del tutto fantasiosa e mai documentata in nessun documento IGM o catastale o comunque da fonti cartografiche ufficiali: in anni recenti onde avvalorare alcune ipotesi fantarcheologiche e finto glottologiche alcuni burloni hanno iniziato a denominarlo così ma creando un vero e proprio apocrifo