Astronomia e simbolismo cosmico delle popolazioni  neolitiche

                                  delle Isole Solovetsky

                                                                 (Adriano Gaspani)

 

  •    Introduzione

 

L’arcipelago, delle isole Solovetsky, chiamato anche più semplicemente Solovki, appartiene alla regione di Arkangelsk in Russia. Esso è costituito da un’isola maggiore,  5 isole di medie dimensioni e da una settantina di isole minori. Poste nel golfo di Onega, nella parte occidentale del Mar Bianco, tra il Mare di Carelia e la costa d’Estate. L’arcipelago delle Solovetsky è attraversato dal 65-simo parallelo nord e si trova a soli 164 km dal Circolo Polare Artico. Le coordinate geografiche dell’isola maggiore: la grande Solovki sono le seguenti:  = 65° 05’ 00” N;   λ = 35° 43 00” E riferite all’ellissoide geocentrico WGS84. La superficie complessiva dell’arcipelago è dell’ordine dei 320 kmq e l’estensione delle 6 isole di maggiori dimensioni è la seguente: Isola Bolshoy Solovetsky (la Grande Solovetsky) è dell’ordine dei 247 kmq, l’isola di Anzer è caratterizzata da una superficie dell’ordine dei 47 kmq, l’isola Bolshaya Muksalma (la Grande Muksalma): 18 kmq, l’isola Malaya Muksalma (la Piccola Muksalma): 0,57 kmq, l’isola Bolshoy Zayatsky (la Grande Zayatsky): 1,25 kmq e l’isola Malaya Zayatsky (la Piccola Zayatsky): 1,02 kmq. La distanza delle isole dalla costa di Carelia è pari a circa 60 km, mentre la distanza dalla città di Arkhangelsk, posta poco più a nord sulle rive del Mar Bianco e centro di riferimento per tutta la zona, si aggira intorno ai 360 km.

 

                 

                         

Tutte le isole sono caratterizzate dal possedere un profilo molto basso sull’orizzonte; esse emergono di pochi metri dalla superficie del Mar Bianco. Le coste sono molto frastagliate, ricche di insenature e piccoli golfi, l’interno è coperto da fitte foreste di conifere ed il territorio è disseminato  da centinaia di laghi, posti a quote variabili rispetto al livello del mare. La più importante delle isole, la Grande Solovetsky, è famosa in Russia per essere sede di uno dei più antichi monasteri ortodossi edificati partendo da XVI secolo in poi, ed è oggi meta di continui pellegrinaggi effettuati da fedeli provenienti da tutta l’ex Unione Sovietica. La vicina isola di Muksaìma è collegata alla Solovetsky da una diga realizzata in pietra, in passato era luogo privilegiato per la pastura degli animali domestici. Un’altra isola, l’isola di Anzer, divenne anch’essa sede di un monastero indipendente un paio di secoli fa. La piccola isola di Zayatsky  è molto ricca di reperti archeologici realizzati disponendo numerosissime pietre sul terreno a cielo aperto. Dal punto di vista archeologico, l’arcipelago delle Solovetsky registra inequivocabili tracce di presenza umana molto antiche. I primi insediamenti umani archeologicamente documentati sulle coste del Mar Bianco sono collocabili cronologicamente dal 6000 a.C. e la frequentazione è durata, secondo varie modalità culturali, fino al 1500 a.C. Questa cultura di tipo neolitico, di cui si conosce molto poco, ha lasciato numerose tracce di sé sul territorio. Durante il periodo che si stende grosso modo dal 3000 a.C.  fino al 1500 a.C. si assiste, ad un fiorente sviluppo di cosiddetti “santuari in pietra”, come sono stati definiti dagfli archeologi russi, il quali  sono praticamente presenti ovunque nella regione. Essi sono composti da numerose pietre sovrapposte ad arte, talvolta in modo tale da realizzare alcune particolari configurazioni. Questi manufatti sono presenti non solo sulle isole Solovki,  ma ovunque sulle coste del Mar Bianco, sia in Carelia che sulla penisola di Kola, oltre che altri caratteristici insediamenti sulle altre isole del Mar Bianco, in particolare sulle isole Kuzova. Sulle isole Solovki l’insediamento primitivo più importante archeologicamente documentato è quello rinvenuto sulla Grande Zavatsky. Fino ad oggi sono stati censiti oltre 1.200 manufatti realizzati in pietra a secco. Si tratta di circoli litici realizzati disponendo sul terreno pietre di medie dimensioni, resti di antichi insediamenti, mucchi di pietre allineate secondo particolari direzioni, che in ultima analisi potrebbero rivelarsi astronomicamente significative. Questa cultura, definita “cultura dei santuari” dagli archeologi russi, secondo i risultati delle analisi al radiocarbonio dei reperti, ebbe un repentino declino e la sua definitiva scomparsa, durante la seconda metà del II millennio a.C. Attualmente le ragioni  della improvvisa  scomparsa di questa cultura sono tutt’altro che chiare. Successivamente si registra un
intervallo di “oscurità archeologica”, che si stende dalla seconda metà del II  millennio a.C. fino al I secolo d.C., testimoniato del ridottissimo numero di reperti archeologici collocabili cronologicamente a questo periodo. Dal I secolo al XV sec. d.C., le risorse ittiche delle isole vengono sfruttate delle tribù stanziate sull’arcipelago; dal X secolo in poi si registrano le prime esplorazioni effettuate dagli Scandinavi nel Mar Bianco, e poco dopo anche l’arrivo dei primi coloni russi. Nel XV sulla Grande Solovetsky viene fondato un monastero ortodosso. Da questo momento e fino all’inizio del XX i monaci fonderanno altri monasteri: a loro si deve lo sviluppo di una forte e indipendente economia ed il monastero si impone come potere alternativo e autonomo rispetto al potere statale centrale russo. Sei secoli di duro e intenso lavoro svolto dai monaci hanno cambiato radicalmente la topografia dell’isola: sull’arcipelago si registrano oggi più di 250 monumenti storici e architettonici riconducibili all’operosa attività monastica.

 

  •    I reperti archeologici

 

 Sulle sei isole maggiori che compongono l’arcipelago delle Solovetsky sono presenti numerosissimi reperti archeologici i quali si dividono grosso modo in quattro distinte categorie. La prima comprende i petroglifi e le incisioni rupestri che abbondano sulle rocce distribuite su tutto l’arcipelago; la seconda categoria include i cosiddetti “seids” cioè dei grossi e pesanti i massi posti in equilibrio su una serie di piccole pietre che li sostengono. La terza categoria include i numerosi labirinti realizzati disponendo opportunamente e con grande regolarità numerose grosse pietre in modo da realizzare le tipiche configurazioni curvilinee le quali possono raggiungere anche rilevanti dimensioni. L’ultima categoria, che sembra essere la più elusiva e di difficile interpretazione è rappresentata da numerosi cumuli di terra e pietre di origine antropica i quali sono stati allineati in lunghe file parallele secondo particolari direttrici che sono risultate essere astronomicamente significative. Il presente articolo si occuperà proprio di quest’ultimo aspetto dell’archeologia delle  isole Solovetky,  rinviando ai lavori successivi l’analisi archeoastronomica delle altre tipologie di reperti archeologici presenti sulle isole che fanno parte dell’arcipelago.

 

 

  • I cumuli di pietre

 

Sul territorio della isola maggiore sono presenti numerosi cumuli di terra e pietre, di altezza variabile da qualche decina di metri, fino a 80 metri sul livello del mare. Si ritiene che si tratti di monti sacri alle popolazioni neolitiche stanziate sulle isole e probabilmente sedi di culto.  Essi sono realizzati tutt'intorno a un monte centrale, denominato M in questa sede, e poco più alto degli altri, e potrebbero essere allineati astronomicamente verso i punti di levata e di tramonto di alcuni astri visibili all’orizzonte naturale locale, la cui altezza angolare apparente è molto prossima all’orizzonte astronomico locale lungo tutti i 360° su cui si snoda profilo del paesaggio locale, raggiungendo al massimo l’altezza angolare apparente  di 1° rispetto alla linea dell’orizzonte astronomico locale.

 

 

 

             

La grande Solovky con l’ubicazione dei cumuli di pietre e terra la cui altezza supera i 10 metri. Le lettere latine indicano alcuni manufatti che furono anticamente edificati sopra alcuni di questi cumuli oppure nelle immediate vicinanze.

 

La configurazione appare come un’altura centrata nel punto M, posto al centro di essa, che da una quota di 80 metri s.l.m. digrada dolcemente verso l’esterno in tutte le direzioni, con la presenza di varie alture artificiali la cui altezza diminuisce gradualmente in tutte le direzioni allontanandosi radialmente dal punto M. Da informazioni legate al luogo, il periodo storico che vide lo sviluppo della cultura che ha edificato le piccole alture potrebbe essere collocato cronologicamente tra il 2.500 a.C. ed il 1.300 a.C., ma forse anche prima. Dopo il 1300 a.C. e fino al 1500 d.C. di registra una pressoché completa mancanza di reperti archeologici di qualsiasi tipo. Si ritiene probabile sia che la cultura qui sviluppatasi abbia raggiunto il sito tra il 2500 a.C. e il 2000 a.C., ma anche prima, per poi raggiungere maturità tra il 2.000 a.C. e il 1300 a.C. Il sito è molto deteriorato dal tempo, e appare evidente che molti cumuli di terra e pietre hanno subito l’effetto erosivo del tempo e degli agenti atmosferici, per cui le loro quote attualmente misurate risultano sicuramente inferiori a quelle originali. I cumuli di terra sono organizzati secondo linee parallele che si sviluppano lungo alcune direttrici lunghe svariati chilometri partendo dal monte centrale M, la cui quota è dell’ordine degli 80 mt., privilegiando però alcune linee ben strutturate e facilmente riconoscibili.

 

                   

 

Su alcuni dei cumuli di maggiore dimensione e quota sono presenti resti di antichi edifici che sono cronologicamente collocati ufficialmente intorno al 1500 a.C. le cui fondazioni potrebbero però essere molto più antiche risalendo addirittura al 1300 a.C. Tali siti sono indicati in questa sede con le lettere dell’alfabeto latino, mentre ciascun cumulo privo di strutture è identificato con un codice numerico corrispondente alla sua quota altimetrica.

 

 

  •  Il popolamento antico delle Isole Solovetsky

 

Prima di procedere all’analisi archeoastronomica della distribuzione dei “monti sacri” sul territorio è necessario prendere in esame il popolamento, in epoca preistorica, del territorio facente parte dell’arcipelago delle Solovetsky ed in particolare dell’isola Solovky. La presenza umana sulle isole che fanno parte dell’arcipelago è archeologicamente attestata già intorno al 6000 a.C. Nel periodo che si stende dal 6000 al 1500 a.C. le condizioni climatiche erano decisamente differenti da quelle attuali ed il clima era molto più mite. La temperatura media annuale era più alta di quella attuale di diversi gradi e le piogge erano frequenti e abbondanti. La fauna era abbondante e la flora rigogliosa e le popolazioni stanziate sulle isole avevano abbondanti mezzi di sussistenza. Le favorevoli condizioni climatiche favorirono lo sviluppo della civiltà, inizialmente sulle rive del Mar Bianco e successivamente sulle isole Solovetsky. Gli archeologi distinguono la preistoria locale in due periodi: un primo periodo si stende mediamente dal 6000 al 3000 a.C., ed è caratterizzato da una lenta, ma graduale colonizzazione dei paesi posti a nord, da parte delle popolazioni mesolitiche provenienti dalla regione dell’Alto Volga, le quali si  insediano progressivamente sulle rive del fiume Divina, del lago Onega e del Mezena  sviluppando successivamente una cultura neolitica locale dalle connotazioni archeologicamente molto ben definite. Questo periodo è successivo all’ultima importante glaciazione del Nord Europa, quando il livello del Mar Bianco era abbondantemente superiore almeno di 25 metri rispetto a quello attuale tanto che a quei tempi la maggior parte delle isole era sommersa e solo la cima più alta dei monti affiorava dalle acque. Con il passare dei millenni il livello del mare si abbassò toccando un minimo nel 3500 a.C. e gradualmente le isole affiorarono. A questo periodo risalgono numerosi reperti ritrovati dagli archeologi soprattutto sulle coste del Mar Bianco, si tratta soprattutto di manufatti ad uso ornamentale realizzati con selce scheggiata e lavorata che riproducono figure di animali, soprattutto marini. Un secondo periodo, che indicativamente si stende dal 3000 a.C. alla seconda metà del II millennio a.C., è  caratterizzato dall’arrivo di una nuova popolazione sulle rive del Mar Bianco, nuova sia per caratteristiche antropologiche che culturali. Questa popolazione è chiamata dagli archeologi “cultura del Mar Bianco”, ed è quella che ha poi lasciato numerose tracce anche sulle isole Solovetsky, tra cui con molta probabilità i cumuli di terra e pietre oggetto di questo studio. Le prime tracce dei loro insediamenti sull’arcipelago risalgono appunto a questo periodo, e raggiungono l’apice verso il II millennio a.C. Sulle vicine isole di Anzer e di Zayatsky sono stati trovati numerosi insediamenti umani: tracce di villaggi, siti sacri, sistemi di irrigazione, monumenti religiosi e funerari, diversi allineamenti composti da massi anche di rilevanti dimensioni , circoli di pietre, tumuli realizzati con massi accatastati e disposti su file irregolari, che datano dal III al  II millennio a.C. Negli ultimi 30 anni gli archeologi sono stati in grado di scoprire più di 50 insediamenti umani distribuiti lungo tutto l’arcipelago. Gli insediamenti erano prevalentemente situati sulle coste, anche se fino ad ora solamente il 10% dei siti è stato studiato con sistematicità dagli archeologi. Inoltre poco o nulla è stato scoperto all’interno dell’isola maggiore, la quale quindi rimane per lo più inesplorata in molti suoi punti, soprattutto a causa del suo terreno paludoso, ricco di torba e impregnato di acqua, che ostacola gli scavi archeologici. I 50.000 reperti archeologici, tipici della cultura materiale, ritrovati fino ad ora hanno permesso ai ricercatori russi di studiare nel dettaglio i primi abitanti delle isole Solovki e avere una chiara idea degli usi e costumi di queste popolazioni. I risultati di questi studi hanno mostrato con molta chiarezza che gli abitanti di allora non erano stanziali e raggiungevano l’arcipelago solo durante la stagione estiva. Erano quindi nomadi che vivevano in capanne costruite con pelli di renna, facilmente smontabili e trasportabili, ed erano abituati a spostarsi dove risultava più facile procacciarsi il cibo. Tra i vari reperti trovati, sono stati individuati molti tipi differenti di vasellame finemente decorati: spesso la terracotta è cesellata con punti e linee che formano disegni astratti di grande originalità. La popolazione nomade non viveva di sola caccia, ma anche la pesca giocava un ruolo fondamentale ai fini della sopravvivenza delle comunità locali. La tipologia e le dimensioni delle imbarcazioni utilizzate dagli esponenti di questa cultura suggeriscono che le popolazioni appartenenti alla “Cultura del Mar Bianco” fossero molto abili nell’affrontare viaggi in mare anche su rilevanti distanze, fatto questo che obbligava a disporre di sistemi di orientazione basati sulla conoscenza degli astri visibili nel cielo e dell’avvicendarsi delle stagioni. Per ciò che riguarda le credenze e i riti di questi antichi abitanti, sulla base dei reperti archeologici rinvenuti la scienza ufficiale conferma la presenza del culto degli antenati, del totemismo e della fertilità, la venerazione del Sole quale fonte di calore e di vita, l’inumazione dei defunti preferibilmente sulle isole, i sacrifici di animali fossero stati pesci o selvaggina, l’iniziazione ai riti magici ed una concezione tripartita dell’Universo che si concretizzava nella credenza dell’esistenza di un mondo inferiore, un mondo terreno e uno superiore. Le ultime tracce archeologiche della presenza della Cultura del Mar Bianco sulle isole Solovki risalgono alla seconda metà del II millennio a.C. Si tratta di numerosissimi manufatti realizzati in pietra, non dissimili da quelli presenti in Carelia, sulla penisola di Kola e sulle vicinissime isole Kuzova, ma che sulle Solovki raggiungono una elevata numerosità. Si tratta di campi, luoghi di lavoro, resti di insediamenti, tombe, oggetti simbolici, cumuli di sassi, circoli di pietre e pietre sovrapposte che ancora attendono una completa spiegazione sulla loro reale funzione. Per questi motivi gli scienziati russi ritengono che l’arcipelago delle Solovetsky rivestissero particolare importanza presso le popolazioni anticamente stanziate sulle rive del Mar Bianco: le isole dovevano essere il centro di un qualche culto non meglio definito, ma con grande probabilità di tipo animistico, svolto nei numerosi luoghi sacri distribuiti sul territorio delle isole. Con il finire del II millennio a.C. terminano anche i reperti archeologici, o almeno quelli caratteristici di questa cultura. La Cultura del Mar Bianco sembra sparire di colpo, forse a causa del peggioramento climatico. Sembra che questo evento, o qualche altro evento più disastroso abbia cambiato radicalmente le abitudini degli abitanti delle isole Solovki e di tutto il bacino del Mar Bianco costringendo le popolazioni ivi stanziate ad abbandonare definitivamente questi luoghi. Prima di poter parlare di insediamento storico stabile sulle isole occorre attendere il 1400 d.C.; di fatto le isole registrano 3000 anni di inspiegabile mancanza di reperti archeologici che testimonino la presenza stabile dell’Uomo sul loro territorio. Dopo aver adeguatamente discusso la problematica archeologica inerente all’arcipelago delle Solovetsky, ritorniamo  allo studi archeoastronomico delle lunghe file di cumuli di terra e pietre che costituiscono l’argomento del presente lavoro.

 

 

  • Siti particolarmente rilevanti

 

Alcuni siti antichi, che sono risultati archeologicamente significativi, posti sulle varie isole che compongono l’arcipelago rivestono particolare importanza. La tabella seguente fornisce, nella prima colonna, il codice identificativo, nella seconda colonna è indicata un breve descrizione, nella terza e nella quarta colonna sono riportate le coordinate geografiche, nella quinta è indicata la quota altimetrica e l’ultima colonna riporta la denominazione del manufatto attualmente presente in quel luogo. 

 

 

Prendiamo ora in esame dettagliatamente alcuni di questi siti posti sulla Grande Solovetsky; l’isola maggiore di tutto l’arcipelago.

 

 

  •   Il Monte Centrale (sito M)

 

Il sito M che rappresenta il cumulo di maggior quota è sicuramente il manufatto di maggior importanza nel luogo. Esso sembra essere il punto focale dell’intera struttura formata dalla distribuzione spaziale dei cumuli più bassi. Esso e’ posto nel punto altimetricamente più elevato dell’area esaminata raggiungendo gli 85 metri di quota.

  • Il Monastero  Maggiore

 

Un punto molto importante della mappa è il Monastero Maggiore, corrispondente al punto K, posto circa 9,5 Km più a sud della Monte Centrale (sito M) e si trova accuratamente sulla direzione del meridiano geografico passante per M: in questo punto si trovano i resti di alcuni antichi  edifici, e una struttura con una pianta a forma di “V” che forse poteva anche avere al centro almeno una torre alta che svettava sul territorio per una trentina di metri.

 

  •  Il Monte Sekinaya 

 

Dal Monastero Maggiore parte una linea orientata secondo un azimut astronomico pari a  327°, che raggiunge un altro monte molto importante posto a poco più di 10 Km di distanza verso nord-ovest: il monte Sekinaya. Questo monte è il secondo più alto della zona dopo il Monte Centrale , ed è l’unico ad essere caratterizzato da un pendio estremamente ripido sul versante settentrionale. Dal monte Sekinaya si vede il Monte Centrale, posto a poco meno di 6 Km di distanza nella direzione caratterizzata da un azimut astronomico pari a 70° ed il Monastero Maggiore secondo un azimut pari a 147°; su questa direttrice si incontra anche il Giardino Botanico, corrispondente al sito B, posto a circa 6700 metri di distanza dal Monastero Maggiore.

 

  • Il triangolo “MSK”

 

Il Monte Centrale, il Monastero Maggiore ed il Monte Sekinaya risultano essere i tre manufatti più importanti dell’area, quindi la struttura più importante è rappresentata dal triangolo determinato dalla distribuzione dei tre cumuli più elevati cioè quello delimitato dalle linee congiungenti il Monte Centrale, con il Monastero Maggiore posto a sud e con il monte Sekinaya posto ad ovest. Tale triangolo è orientato con il lato che congiunge il Monastero Maggiore con il Monte Centrale lungo la linea del meridiano astronomico locale passante per entrambi i siti.

 

 

                  

 

Gli azimut geodetici di orientazione stabiliti dalla disposizione dei lati del triangolo MKS sono quindi i seguenti:

 

Lato MK : Az = 180° - dal  Monte Centrale al Monastero Maggiore

Lato KM : Az = 0°     - dal Monastero Maggiore al Monte Centrale

Lato MS  : Az = 250° - dal Monte Centrale al Monte Sekinaya

Lato SM  : Az = 70°   - dal Monte Sekinaya al Monte Centrale

Lato SK   : Az = 147° - dal Monte Sekinaya al Monastero Maggiore

Lato KS   : Az = 327° - dal Monastero Maggiore al Monte Sekinaya

 

Essi saranno esaminati dal punto di vista archeoastronomico al fine di verificare l’esistenza o meno di linee astronomicamente significative correlate con il sorgere e il tramontare di particolari astri all’orizzonte naturale locale elevato di circa 1° rispetto a quello astronomico locale.

 

 

  • Allineamenti principali

 

Oltre agli allineamenti stabiliti dal triangolo composto dai segmenti che congiungono il Monte Centrale, il Monastero Maggior ed il Monte Sekinaya, va tenuto presente che nell’area esaminata esistono alcune direttrici lungo cui si allineano, in file pressoché parallele, i cumuli di terra e pietre. Le due direttrici fondamentali di sviluppo spaziale dei cumuli sono pressoché ortogonali tra loro. La prima direttrice orientata lungo la linea che va da nord-ovest a sud-est è caratterizzata da un azimut astronomico pari nuovamente a 147° verso sud-est e 327° verso nord-ovest. Tale direttrice è esattamente parallela e coincidente con la direzione che va dal Monte Sekinaya al Monastero Maggiore passando per il Monastero di Macario, già citata in precedenza; l’altra direttrice è ortogonale a questa e si sviluppa lungo una direzione il cui azimut astronomico è pari a 57° nel verso che  va da sud-ovest a nord-est e 237° nel verso opposto. Tutta la distribuzione spaziale dei cumuli di terra e pietre sembra essere regolata da queste due linee fondamentali in quanto essi si distribuiscono per svariati chilometri lungo linee parallele orientate secondo le direzioni di azimut astronomico mediamente pari a 57° - 237° e 147° - 327° rispettivamente. Esistono anche alcuni allineamenti apparentemente di minor rilevanza i quali si sviluppano secondo le direzioni il cui azimut astronomico è pari a 81° (261° nella direzione opposta) e 135° (315° nella direzione opposta); in queste direzioni o si trovano cumuli di terra più alti, oppure vi sono resti di edifici antichi. La direzione orientata ad 81° è determinata dalla congiungente  il Monastero Maggiore con l’Eremo di San Filippo, posto a poco più di 2 Km di distanza verso est, mentre la direzione orientata a 135° è definita dalla linea congiungente il sito  IS ed con il Monte Centrale, quest’ultimo posto a poco più di 5 Km di distanza verso sud-est.

 

 

  •  Accuratezza della valutazione degli azimut

 

La rilevazione degli azimut geodetici non è stata eseguita mediante rilievi topografici eseguiti sul terreno bensì mediante il calcolo sulla base delle coordinate geografiche dei punti occupati dai cumuli di terra e pietre o dai resti degli antichi edifici. E’ noto che la rilevazione degli azimut di orientazione delle linee congiungenti coppie di punti risente dell’errore di posizione di ciascuno dei due punti in modo tale che:

  

                                       e(Az) = 28°,6 (e1 + e2) / d

 

in cui e(Az) rappresenta l’errore sull’azimut dell’allineamento congiungente  due generici punti P1 e P2 posti a distanza pari a d e la posizione geografica di ciascuno dei quali è nota con un’incertezza lineare e1 ed e2 rispettivamente. Nel presente caso l’entità delle incertezze sulle coordinate di ciascun punto non è nota. Una valutazione ragionevole dell’incertezza media su ciascuna determinazione  di azimut geodetico ha condotto ad una valore stimato pari a ±1°.  Tale valore è stato utilizzato durante la presente analisi archeoastronomica.

 

 

  • Culminazione dagli astri alla latitudine geografica delle Solovky

 

La latitudine geografica dell’arcipelago delle Solovky, che sono prossime al circolo polare artico, è visibile il 71,3% della Sfera celeste e l’astro di declinazione minima teoricamente visibile al di sopra della linea dell’orizzonte astronomico locale meridionale è posto alla declinazione d = -25° questo significa che al solstizio d’inverno a malapena il Sole può salire al di sopra dell’orizzonte astronomico locale e questo avveniva anche nell’antichità durante la quale il valore dell’Obliquità dell’Eclittica era più elevato di quanto non sia attualmente. Le altezze apparenti h* raggiungibili dagli astri, rispetto all’orizzonte astronomico locale, dipendono dalla latitudine j del luogo e dalla declinazione d* dell’astro ad una data epoca. In generale l’altezza raggiungibile da un astro di declinazione d* rispetto all’orizzonte astronomico locale è pari a:

                        

                                              h* = 90° - j - d*

 

e devono essere corrette per gli effetti della rifrazione astronomica. Nel caso del Sole, la sua altezza apparente varia in continuazione durante l’anno a causa della continua variazione della sua declinazione tra gli estremi +e al solstizio d’estate e -e al solstizio d’inverno, passando per il valore zero agli equinozi (e è l’obliquità dell’eclittica ad una determinata epoca).

Alla latitudine geografica (=65°) dell’arcipelago delle Solovetsky,  le altezze estreme raggiunte dal Sole durante l’anno sono le seguenti. Al solstizio d’estate l’altezza massima dell’astro diurno raggiunta al mezzogiorno vero e locale è pari a 49° 08’, mentre al solstizio d’inverno l’altezza massima raggiunta alla culminazione è pari solamente a 1° 47’ rispetto all’orizzonte astronomico locale, materializzato dal profilo orizzontale della superficie del mare.

 

              

                                        

Tenendo presente che l’altezza dell’orizzonte naturale locale rispetto a quello astronomico locale è pari a circa 1° e che il diametro apparente del disco solare è dell’ordine di 30’ d’arco, allora al solstizio d’inverno il disco del Sole sorgerà circa 1 ora prima del mezzogiorno astronomico locale ad un azimut pari a 170°, transiterà praticamente tangente all’orizzonte naturale locale al mezzogiorno e poi, dopo  circa 1 ora, tramonterà a 190° di azimut astronomico.

 

              

 

Alla latitudine geografica di j=65° le altezze estreme raggiunte dalla Luna durante l’intero ciclo lunistiziale di 18,61 anni solari tropici  sono le seguenti.

Al lunistizio estremo superiore l’altezza massima raggiunta alla culminazione dell’astro è pari a 54° 19’, mentre al lunistizio estremo inferiore l’altezza massima raggiunta alla culminazione è pari a -3° 34’ rispetto all’orizzonte astronomico locale, quindi la Luna alla sua minima declinazione non può  salire al di sopra dell’orizzonte astronomico locale e nemmeno, ovviamente al di sopra di quello naturale locale elevato di circa 1° rispetto a quello astronomico.

 

  • Analisi archeoastronomica

 

La presente analisi archeoastronomica del sito si pone l’obbiettivo di verificare se i cumuli di terra e pietre sono esclusivamente la conseguenza della particolare conformazione del territorio e della sua particolare storia geologica, a causa di fenomeni del tutto naturali, oppure se sia possibile avanzare l’ipotesi di una loro origine antropica e che quindi possano essere messi in relazione con gli astri che in epoca antica sorgevano e tramontavano sull'orizzonte naturale locale. Uno dei possibili elementi discriminanti potrebbe essere proprio la regolarità con cui le “montagne sacre” sono disposte sul territorio: una regolarità elevata è usualmente, ma non sempre, un sintomo di origine antropica, poiché il livello di entropia della configurazione dei cumuli risulta essere molto basso. Nel caso di origine del tutto naturale, generalmente l’entropia misurata per la configurazione, risulta invece piuttosto elevata e quindi generalmente maggiore rispetto a quella di una configurazione di origine antropica. Successivamente è necessario ottenere una valutazione, seppur approssimativa, della collocazione cronologica dei cumuli di terra e pietre; poi verranno presi in esame gli allineamenti rilevati nel sito e, sulla base del calcolo dei fenomeni astronomici e della ricostruzione del cielo antico visibile dall’arcipelago,  verrà verificato se tali direzioni risultano o meno astronomicamente significative cioè correlate con il punti di levata e/o di tramonto degli astri più luminosi ed appariscenti visibili alla latitudine di 65° N all’epoca risultante dalla ottimizzazione della collocazione cronologica.

 

 

  • Ottimizzazione della collocazione cronologica

 

Prima di procedere all’analisi archeoastronomica è necessario affrontare il problema che non è nota la collocazione cronologica dei manufatti oggetto dell’indagine archeoastronomica. Le ipotesi archeologiche spaziano da prima del 3000 a.C. fino al 1500 d.C. anche se nel caso dell’erezione dei cumuli di terra è possibile ragionevolmente limitarsi ad un intervallo temporale che termina inferiormente intorno al 1300 a.C. Generalmente l’esecuzione dell’analisi archeoastronomica richiede la preventiva conoscenza di una datazione ragionevolmente affidabile in modo da poter ricostruire l’aspetto del cielo visibile in quel luogo per una data epoca che generalmente si riferisce al periodo di frequentazione di quell’area da parte di qualche cultura antica, nel presente caso si tratta della “Cultura del Mar Bianco”la quale risulta archeologicamente abbastanza ben definita. Non resta quindi che eseguire l’analisi archeoastronomica della distribuzione spaziale dei cumuli di terra, numerose volte ad intervalli temporali regolari tra il 3000 a.C. ed il 1300 a.C. verificando per quale epoca si ottiene il miglior accordo tra le direzioni rilevate sul terreno e le direzioni astronomicamente significative pertinenti ai punti di levata e di tramonto dei vari astri. Il processo di ottimizzazione così costruito cercherà di ottimizzare la datazione minimizzando una funzione di merito basata sul livello di entropia differenziale pertinente alla soluzione ottenuta assumendo una determinata collocazione cronologica. Questo modo di procedere permette anche la valutazione dell’intervallo di incertezza sulla collocazione cronologica ottimale ottenuta. Il metodo utilizzato é descritto in dettaglio in: “Cernuti S., Gaspani A., 2006, "INTRODUZIONE ALLA ARCHEOASTRONOMIA: NUOVE TECNICHE DI ANALISI DEI DATI", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, vol. LXXXIX, 190 pp. Edizioni Tassinari, Firenze,  2006”, a cui si rimanda per i dettagli matematici. Il punto di partenza sono stati i seguenti allineamenti rilevati nel sito (i codici identificativi dei vari siti sono dati nella tabella I).

 

                                                  Tabella II

 

Codice    Azimut     Allineamento

linea       (gradi)

 

(0; 1)       180°,0            K®M

(0; 2)           0°,0            M®K

(1; 1)      147°,0             S®B®K, Direzione SE delle linee dei cumuli di terra

(1; 2)      327°,0             K®B®S, Direzione NW delle linee dei cumuli di terra

(2; 1)        57°,0             Direzione NE di sviluppo delle linee dei cumuli di terra

(2; 2)      237°,0             Direzione SW di sviluppo delle linee dei cumuli di terra

(3; 1)        70°,0             S®M

(3; 2)      250°,0            M®S

(4; 1)        81°,0             K®I

(4; 2)      261°,0             I®K

(5; 1)      135°,0            IS®M

(5; 2)      315°,0            M®IS

(6; 1)      135°,0            S®IM® I     

(6; 2)      315°,0            I®IM®S           

 

L’errore e(A) con cui ciascun azimut è stato ritenuto noto è stato ragionevolmente assunto pari a: ±1° e l’altezza apparente media dell'orizzonte naturale locale rispetto a quello astronomico locale è stata ragionevolmente fissata ad: ho = 1°,0 lungo tutto il circolo apparente dell’orizzonte astronomico locale. Il sistema di calcolo tiene conto anche di tutta una serie di parametri pertinenti all’ottica atmosferica locale in modo da ricostruire gli effetti perturbatori delle osservazioni astronomiche dovuti alla presenza dell’atmosfera della Terra. Il modello atmosferico standard, adottato in questa sede, prevede i seguenti parametri:

 

Temperatura media: 10 °C

Pressione atmosferica: 1010 Millibar

Magnitudine visuale limite allo Zenit : 6,0

Coefficiente di estinzione atmosferica: 0,2 mag./unità di massa d’aria

Fattore di trasparenza atmosferica: 0,832

 

Già dai primi risultati del calcolo è risultato evidente che le direzioni più importanti dal punto di vista archeoastronomico erano quelle identificate dai codici identificativi (2;1) e (1;1) secondo lo schema seguito dal processo di ottimizzazione ed indicato nella tabella II, i cui azimut erano pari a:

 

                                          (2;1) : Az = 57° ±

                                          (1;1) : Az = 147° ±

 

Tali linee apparivano correlate senza ombra di dubbio con i punti di levata delle stelle Spica nella costellazione della Vergine, la linea (2;1) e Sirio nella costellazione del Cane Maggiore, la linea (1;1), i quali apparivano essere stati quindi gli astri più importanti per la cultura che costruì ed allineò i cumuli di terra e pietre. Altre linee astronomicamente significative sono risultate essere la (3;2), che prevede il Monte Centrale come punto si stazione ed il Monte Sekinaya come punto di collimazione. Questo allineamento corrisponde ad un azimut pari a 250°, la quale è la direzione opposta della linea il cui azimut è pari a 70°. Il “target” astronomico più probabile è il punto di tramonto della stella Antares nella costellazione dello Scorpione. La direzione (4;1), che si stende dal Monastero Maggiore fino all’Eremo di San Filippo, caratterizzata da un azimut astronomico pari ad 81°, ha mostrato un’ottima correlazione con il punto di levata della stella Procione nella costellazione del Cane Minore, mentre la stessa linea prolungata nella direzione opposta (codice (4;2) corrispondente ad un azimut astronomico pari a 261°) intersecava l’orizzonte in prossimità del punto di tramonto  della stella Aldebaran nella costellazione del Toro. La contemporanea presenza degli allineamenti diretti verso i punti di tramonto di entrambe le stelle rosse Antares ed Aldebaran è un fatto di notevole importanza dal punto di vista archeoastronomico, poiché la loro presenza alternata nel cielo, di fatto, stabilisce l’alternanza stagionale in quanto nei mesi invernali nel cielo notturno brilla Aldebaran, mentre durante quelli estivi è Antares ad essere presente nel cielo. L’allineamento identificato dal codice (5;1) corrispondente ad un azimut astronomico pari a 135°, risulta molto ben correlato con il punto di levata delle stelle Mintaka, Alnitak e Alnilam, che fanno parte della “Cintura di Orione” all’orizzonte naturale locale.

Dal punto di vista solare invece non sono state rilevate orientazioni  astronomicamente significative che potessero essere correlate con gli allineamenti rilevati sul territorio della Grande Solovky. Anche dal punto di vista lunare non si rilevano allineamenti astronomici di rilievo lungo tutto il periodo temporale coperto dalle simulazioni del cielo antico e dalla verifica degli allineamenti.

 


                   

 

 

A questo punto, una volta determinati i targets stellari che furono importanti per la cultura che fiorì sulla Grande Solovky e sulle altre isole facenti parte dell’arcipelago delle Solovetsky, a cui ascriviamo la costruzione dei cumuli di terra e pietre, si è provveduto ad eseguire il processo di ottimizzazione simultanea sia dei targets stellari sia della loro collocazione cronologica ottenendo quale datazione ottimale quella che prevedeva il miglior accordo globale tra gli allineamenti rilevati nel sito ed i punti di levata e di tramonto degli astri. Il risultato del processo di ottimizzazione non lineare è stato che il miglior accordo si ottiene per un’epoca pari a:

 

                                             To = -2587 ± 40 anni

 

che corrisponde al 2588 a.C. con un errore teorico di 40 anni in più ed in meno, con un livello di probabilità pari al 63%, mentre desiderando un livello di probabilità pari al 95% allora l’incertezza sulla collocazione cronologica ottimale sale a ±69 anni. Questo risultato implica che con un livello di probabilità pari al 95% la collocazione cronologica ottimale degli allineamenti astronomici presenti sul territorio della Grande Solovky può essere stabilita intorno alla metà del III millennio a.C. con un errore di 69 anni in più ed in meno: quella è l’epoca in cui le linee astronomicamente significative presenti nel sito funzionavano meglio, quindi le linee formate dai cumuli di terra e pietre furono costruite da individui appartenenti alla Cultura del Mar Bianco.

 

  • Analisi archeoastronomica ottimale

 

Una volta determinata l’epoca ottimale di miglior accordo tra gli allineamenti e i punti di levata e di tramonto di alcune stelle, l’analisi archeoastronomica è stata ripetuta per tale epoca ottenendo la soluzione finale la quale mostra che dei 12 allineamenti presenti sulla Grande Solovky, 9 si sono dimostrati astronomicamente significativi e correlati esclusivamente con la levata oppure il tramonto di alcune stelle luminose e visibili ad occhio nudo. La tabella III seguente elenca i risultati dell’analisi archeoastronomica: nella prima colonna è mostrato il codice identificativo dell’allineamento, nella seconda è riportato l’azimut astronomico di orientazione con accanto la barra d’errore stimata per ciascun azimut; nella terza colonna è sono riportati i codici  identificativi dei cumuli di terra e pietre che stabiliscono i vari allineamenti e nell’ultima colonna è elencato il “target” astronomico risultato dall’analisi archeoastronomica eseguita per il 2588 a.C.

 

                                             Tabella III

                                                                                                               

Codice       Azimut      Allineamento     Target Astronomico

linea           (gradi)

 

(0;1)       180°,0  ± 1°         K®M            Culminazione degli astri

(0;2)           0°,0  ± 1°        M®K             Polo Nord Celeste (a Draconis – Thuban)

(1;1)      147°,0   ± 1°         S®B®K       Sorge Sirio (a Canis Majoris)

(1;2)      327°,0   ± 1°         K®B®S        ----

(2;1)        57°,0   ± 1°                               Sorge Spica (a Virginis)      

(2;2)      237°,0   ± 1°                                ---- 

(3;1)        70°,0   ± 1°         S®M             Levata Eliaca di Spica (a Virginis)

(3;2)      250°,0   ± 1°        M®S              Tramonta Antares (a Scorpii)

(4;1)        81°,0   ± 1°         K®I               Sorge Procione (a Canis Minoris)

(4;2)      261°,0   ± 1°          I®K              Tramonta Aldebaran (a Tauri)

(5;1)      135°,0   ± 1°        IS®M             Sorgono Mintaka, Alnilam, Alnitak

(5;2)      315°,0   ± 1°        M®IS              ----

(6;1)      135°,0   ± 1°        S®IM® I      Sorgono Mintaka, Alnilam, Alnitak

(6;2)      315°,0   ± 1°         I®IM®S       ----

 

 

 

 

I risultati dell’analisi archeoastronomica mostrano quindi l’esistenza di 10 linee astronomicamente significative sui 14 allineamenti rilevati nel sito e studiati. Vediamo ora di esaminare e discutere, caso per caso, i risultati ottenuti.

 

 

  • Analisi delle linee astronomicamente significative

 

In primo luogo prendiamo in esame la direzione (0;1), in quella direzione, cioè la direzione meridiana (Az = 180°), era possibile vedere gli astri salire sulla Sfera Celeste raggiungendo la loro massima altezza rispetto all’orizzonte astronomico locale ed anche rispetto a quello naturale locale.

 

               

 

A causa della differente orientazione dell’asse della Terra, nel III millennio a.C., nonostante l’elevata latitudine geografica a cui l’arcipelago delle Solovetsky è posto, le stelle della costellazione del Centauro si elevavano al di sopra dell’orizzonte naturale locale e potevano essere osservate basse sull’orizzonte lungo la direzione meridiana. A quell’epoca la costellazione di Orione transitava al meridiano astronomico locale ad un’altezza di una decina di gradi rispetto all’orizzonte astronomico locale. La stella Sirio culminava ad un’altezza di 3° 57’ rispetto all’orizzonte astronomico locale. Poco dopo transitava anche la stella Procione ad un’altezza apparente di circa 30°.

 

 

               

 

Occupiamoci ora della direzione opposta, quella corrispondente ad un azimut pari a 0°; quella è la direzione polare, cioè quella diretta verso il Polo Nord Celeste il quale, nel 2588 a.C. era posto, per effetto della Precessione Lunisolare, nei pressi della stella Thuban (a Draconis).

 

 

               

 

A causa dell’elevata latitudine geografica a cui l’arcipelago è ubicato, l’altezza apparente del Polo Nord Celeste, rispetto all’orizzonte astronomico locale settentrionale, è pari a 65° circa. L’elevata latitudine geografica fa si che il cerchio dell’eclittica possa in alcuni giorni dell’anno essere posizionato quasi parallelamente all’orizzonte  astronomico locale, ed in talune circostanze, coincidere con esso.

Prendiamo ora in esame la linea di codice (1;1), corrispondente alla direzione lungo cui sono posti il Monte Sekinaya, il Giardino Botanico ed il Monastero Maggiore, la quale è orientata secondo un azimut astronomico pari a 147°. Lungo quella direzione, nel III millennio a.C., era visibile il sorgere della stella Sirio, la più luminosa visibile nel cielo. Un osservatore posto sulla sommità del Monte Sekinaya poteva osservare la levata della stella all’orizzonte naturale locale partendo da un mese prima dell’equinozio di autunno oppure 2 mesi dopo il solstizio d’estate, nella direzione del Giardino Botanico e del Monastero Maggiore che avrebbero potuto rivestire la funzione di collimatori. La direzione opposta (1;2) di azimut pari a 327° che si sviluppa lungo il Monastero Maggiore, il Giardino Botanico ed il Monte Sekinaya, non ha mostrato, invece, alcuna significatività astronomica.

 

              

 

Prendiamo ora in esame l’allineamento definito dallo sviluppo delle linee di cumuli di terra lungo la direzione (2;1) orientata secondo un azimut astronomico pari a 57°. In quella direzione nel III millennio a.C. poteva essere osservata la levata ordinaria (quella visibile ogni notte) della stella di prima grandezza Spica (a Virginis) la quale diveniva visibile dalla data della sua levata eliaca che avveniva 1 mese ed 1 settimana prima dell’equinozio di Autunno.

 

            

 

La direzione opposta (2;2), che è caratterizzata da un azimut di orientazione pari a 237°, non mostra traccia di “targets” astronomicamente significativi. La levata eliaca della stella Spica risulta peraltro marcata della linea (3;1), allineata secondo un azimut astronomico pari a 70°, la quale congiunge il Monte Sekinaya con il  Monte Centrale, quindi la prima levata annuale della stella poteva essere osservata da un punto di stazione posto sulla sommità del Monte Sekinaya utilizzando il Monte Centrale come punto di collimazione. Nella direzione opposta (3;2) corrispondente ad un azimut pari a 250° era possibile osservare il tramonto della stella rossa Antares (a Scorpii), nella costellazione dello Scorpione, la quale poteva essere vista tramontare all’orizzonte naturale locale da un osservatore posizionato sulla sommità del Monte Centrale utilizzando il Monte Sekinaya come punto di collimazione.

 

 

               

 

Prendiamo ora in esame la direzione (5;1) la quale è materializzata dalla posizione reciproca dal cumulo IS ed il Monte Centrale di cui IS costituisce il punto di stazione ed il Monte Centrale il punto di collimazione. Tale allineamento è allineato lungo una direzione di azimut astronomico pari a 135°. In questa direzione, nel III millennio a.C. era possibile osservare la levata delle stelle Mintaka (d Orionis), Alnitak (e Orionis) e Alnilam (z Orionis), che fanno parte della Cintura di Orione. Lungo la stessa direzione è posto, leggermente più a Nord il cumulo X. Nella direzione opposta, la (5;2) orientata secondo un azimut astronomico pari a 315° non si registra alcun “target” astronomico di rilievo. Lo stesso allineamento verso la levata delle stelle della Cintura di Orione, è rilevabile esaminando la linea (6;1),  corrispondente all’allineamento che partendo dal Monte Sekinaya, passa per l’Eremo si Sant’Isacco e per l’Eremo di san Filippo, parimenti di azimut astronomico pari a 135° e su cui sono allineati 3 cumuli di terra e pietre: S, IM, I su cui sono sorti in epoca recente i siti religiosi ortodossi citati. Anche in questo caso ponendosi sulla sommità del Monte Sekinaya era possibile osservare la levata delle 3 stelle della Cintura di Orione nella direzione stabilita dalla posizione planimetrica dell’Eremo di Sant’Isacco  e di quello di San Filippo.

 

            

 

Rimane ora da esaminare l’ultimo allineamento astronomicamente significativo e cioè quello denominato (4;1), corrispondente alla linea che passa per il Monastero Maggiore e l’Eremo di San Filippo, orientato verso un punto dell’orizzonte naturale locale il cui azimut astronomico è pari ad 81°. Lungo quella direzione, materializzata dai cumuli di terra K ed I, nel III millennio a.C., era visibile la levata della stella di prima grandezza Procione (a Canis Minoris).

 

             

 

Nella direzione opposta (4;2) di azimut astronomico pari a 261°, stabilita dalla congiungente i cumuli I e K, era visibile il tramonto della stella rossa di prima grandezza Aldebaran (a Tauri), nella costellazione del Toro, all’orizzonte naturale locale.

 

 

               

 

  • Analisi Probabilistica

 

L’analisi archeoastronomica di un sito archeologico non può prescindere dall’esecuzione della corrispondente analisi probabilistica finalizzata a fornire una valutazione dell’affidabilità dei risultati ottenuti.  Gli allineamenti materializzati dai cumuli di terra e pietre presenti sulla Grande Solovky sono complessivamente 14 dei quali solo 10 sono risultati astronomicamente significativi. La Teoria della Probabilità ci dice che se in un sito rileviamo un certo numero r di linee astronomicamente significative su N complessivamente esistenti e ciascuna di esse è caratterizzata da una probabilità p di essere dovuta solamente al caso, allora la probabilità di rilevare casualmente r allineamenti astronomicamente significativi su un totale di N presenti sul territorio segue la seguente distribuzione Binomiale (o di Bernoulli):

 

                       

                               

 

Nel nostro caso r=10, N=14 e la probabilità p è stata valutata in: p @ 0.6%. Il calcolo ci mostra che la probabilità P(r,N) che 10 linee su 14 esaminate possano risultare astronomicamente significative solamente per via di una combinazione di fattori casuali è talmente ridotta da essere completamente trascurabile, quindi dobbiamo accettare la significatività astronomica degli allineamenti presenti sulla Grande Solovky, con un livello di probabilità pari praticamente al 100%.

 

  • Conclusione

 

Le isole che fanno parte dell’arcipelago delle Solovetsky, posto ad una latitudine geografica j = 65° N, è caratterizzato dalla presenza di 14 allineamenti derivanti dalla peculiare distribuzione spaziale di numerosi cumuli di terra e pietre di origine molto antica presenti sul territorio dell’isola di maggiori dimensioni; su molti dei quali in epoca medioevale sono sorti alcuni monasteri e luoghi di culto ortodossi.  Queste linee si sviluppano lungo alcune direzioni di orientazione particolarmente interessanti. L’analisi archeoastronomica di questi allineamenti ha mostrato che 10 direzioni su 14 totalmente presenti sul territorio della maggiore delle isole che compongono l’arcipelago, sono astronomicamente significative.  La massima significatività astronomica si verifica in un’epoca collocata cronologicamente alla metà del III millennio a.C. durante la quale dovrebbero essere stati edificati i cumuli di terra e pietre più elevati e quelli di altezza minore organizzati secondo 2 direzioni astronomicamente significative ortogonali tra loro, secondo le direzioni di levata delle stelle Spica nella costellazione della Vergine e Sirio nel Cane Maggiore, le quali sembrano essere stati astri molto importanti per gli esponenti della Cultura del Mar Bianco che in quell’epoca edificarono i manufatti e li disposero ordinatamente sul territorio. La direzione orientata secondo un azimut astronomico pari a 147° risulta essere la più importante in quanto oltre ad essere quella di sviluppo della distribuzione dei cumuli di minori dimensioni è anche materializzata da tre cumuli principali allineati (S, B, K). Tale direzione, come già messo in evidenza, è molto ben correlata con il punto di levata della stella Sirio, la più brillante visibile nel cielo, all’orizzonte naturale locale, la quale è probabilmente l’astro più importante per la Cultura del Mar Bianco che nel III millennio a.C. fiorì sul territorio delle isole Solovetsky. Su tale linea che parte dal Monte Sekinaya sono ora presenti manufatti costruiti dalla comunità dei monaci ortodossi i quali sono stati edificati proprio in corrispondenza dei manufatti più antichi. Tutte le direzioni risultate astronomicamente significative sono correlate con “targets” di natura stellare, mentre sono completamente assenti le direzioni solari e lunari, segno questo che tali astri non furono tenuti in grande considerazione dagli esponenti della Cultura del Mar Bianco, almeno dal punto di vista rituale, relegandoli forse al ruolo di elementi con valenza puramente utilitaristica finalizzata alla pratica della caccia, ed alla pianificazione dell’organizzazione della pesca. Va notata la presenza simultanea, ma distinta, degli allineamenti diretti verso il punto  di levata eliaca della stella Spica, nella costellazione della Vergine, marcata dall’allineamento stabilito dal Monte Sekinaya e dal Monte Centrale, e la direzione di sviluppo secondo una linea orientata secondo un azimut astronomico pari a 57° che materializza la direzione della levata ordinaria della stessa stella quando l’astro non era in levata eliaca: a quanto pare questa stella era il secondo astro più importante per la cultura del Mar Bianco che costruì i cumuli di terra. Nel III millennio a.C. la levata eliaca di Spica avveniva circa una quarantina di giorni prima dell’equinozio di autunno. In quella occasione il Sole transitando all’equatore celeste si elevava nel cielo fino a raggiungere un’altezza meridiana pari a (90°-j) quindi pari a +25° rispetto all’orizzonte astronomico locale, localmente materializzato dall’orizzonte marino. Un’altra direzione importante è quella corrispondente al punto di levata delle stelle che fanno parte della cosiddetta Cintura di Orione: Mintaka, Alnilam ed Alnitak; tali stelle erano note e ritenute importanti in tutto il mondo antico. Tale direzione è marcata da ben 2 allineamenti paralleli stabiliti da 2 coppie di cumuli di altezza rilevante. Da menzionare i 2 allineamenti diretti verso i punti di tramonto delle stelle rosse Antares ed Aldebaran le quali sono poste da bande opposte della Sfera Celeste, quindi il tramonto dell’una avviene in prossimità della levata dell’altra e viceversa. Il dualismo Toro-Scorpione fu molto importante nell’ambito delle tradizioni astronomiche delle antiche popolazioni e fu sempre rappresentativo di particolari usanze e tradizioni sacre nella remota antichità. Importante è anche la levata della stella Procione.

Un’altra direzione di fondamentale importanza è quella polare-meridiana materializzata nel sito dalla posizione reciproca del Monte Centrale e del Monastero Maggiore. Un osservatore posto sulla cima del Monte Centrale poteva vedere culminare gli astri sopra il cumulo K su cui ora sorge il Monastero Maggiore: in particolare, poiché sia la costellazione di Orione che la stella Sirio culminavano basse rispetto all’orizzonte naturale locale, potevano essere collimate dalla sommità del Monte Centrale usando il cumulo K come una sorta di “mirino”. D’altra parte per un osservatore posto sulla sommità di K, il Monte Centrale rappresentava la direzione del Polo Nord Celeste la quale, con grande probabilità, assumeva un rilevante significato sacrale per le popolazioni locali del III millennio a.C. Per concludere bisogna ricordare che l’analisi probabilistica, che deve accompagnare e completare qualsiasi analisi archeoastronomica, ci assicura che con un livello di probabilità pari praticamente al 100%, le direzioni astronomicamente significative rilevate nel sito e quindi anche il posizionamento planimetrico sul territorio dei cumuli di terra e pietre che le definiscono è da ritenersi deliberatamente deciso dagli esponenti della Cultura del Mar Bianco presente sulle isole durante il III millennio a.C., anche se le reali motivazioni del perché questo sia avvenuto per ora ci sfuggono completamente, salvo invocare alcuni motivi legati alla sacralità del luogo in rapporto alla divinità e agli elementi naturali primi tra tutti, i fenomeni celesti. Tali allineamenti, materializzati sul territorio, durante il III millennio a.C., dalle antiche popolazioni appartenenti alla Cultura del Mar Bianco, sono rimasti intatti per i successivi 5000 anni ed intorno al XV secolo vennero riutilizzati per disporre i monasteri della chiesa ortodossa ed i manufatti ad essi collegati in quanto le elevazioni del terre3no fornirono le posizioni ideali per edificare tali manufatti. Attualmente, a causa del cambiamento di posizione delle stelle dovuto alla Precessione Lunisolare, le correlazioni stellari non sono più così precise, ma ancora si possono intuire. Il risultato di questa ricerca è triplice: in primo luogo è stato possibile metter in evidenza che la Cultura del Mar Bianco teneva in grande considerazione il cielo e gli oggetti celesti in esso visibili, in particolare le stelle, eseguendo osservazioni astronomiche e materializzando in modo permanente sul territorio le linee che permettevano di ricordare la posizione di levata e di tramonto delle stelle ritenute più importanti per quel tipo di società neolitica. In secondo luogo osserviamo che contrariamente al resto dell’Europa neolitica, la Cultura del Mar bianco non ebbe in gran conto l’osservazione del Sole e della Luna, preferendo le stelle e questo è facilmente giustificabile con l’elevata latitudine a cui sono poste le Isole Solovetsky. Il terzo risultato è stato il mettere in evidenza che i siti importanti per l’antichissima cultura neolitica sono stati riutilizzati quali sedi per la costruzione dei monasteri ortodossi e dei manufatti ad essi correlati. 

 

 

  •  Bibliografia    

 

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(Autore: Adriano Gaspani, I.N.A.F. (Istituto Nazionale di Astrofisica); Osservatorio Astronomico di Brera (MI) adriano.gaspani@brera.inaf.it)

Argomento: Isole Solovetsky

Possibile fare un confronto?

Don Paolo Andrea Natta | 13.11.2023

Mi chiedo, a questo punto, se sia possibile fare un confronto tra popoli del terzo millennio a.C. per vedere quali avessero in onore le stesse stelle...

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