Molto interessante prof
Biskupin: una città fortificata dell'Età del Ferro in Polonia,
astronomicamente pianificata
(Adriano Gaspani)
Biskupin si trova in Polonia, nella regione di Paluki, a circa 90 chilometri a nord-est di Poznan, a ovest di Varsavia. La regione di Paluki è percorsa da numerosi fiumi e disseminata da laghi. Il suolo è ricco, con vaste pianure umide e grandi distese boscose. L’Uomo si insediò sin dal paleolitico in quest’area dove abbonda la selvaggina, dove si possono sfruttare numerose cave di argilla e dove le valli sono altrettante vie di comunicazione.
A Biskupin sono state infatti scoperti i resti archeologici degli insediamenti appartenenti a svariate culture, ma la scoperta più importante fra tutte è stata fatta sulla penisola dell’omonimo lago dove le vestigia di una città fortificata attiva nella prima parte dell’età del Ferro attendevano gli archeologi e in epoca successiva gli archeoastronomi. Ma andiamo con ordine. Nel X millennio a.C., grazie al riscaldamento climatico, il nord-est dell’Europa si liberò lentamente del suo pesante manto di ghiaccio. Le pianure che emersero dopo lo scioglimento dei ghiacci erano paludose e disseminate di stagni e laghi; le foreste che si formarono dopo qualche tempo pullulano di branchi di cervi e di cinghiali. Nel corso del VIII millennio a.C., un gruppo di cacciatori fino ad allora nomadi si insediò a sud della Vistola, sulle rive di un lago nascosto nella foresta: il Lago di Biskupin. Quattromila anni più tardi alcuni contadini giunti percorrendo la grande via fluviale del Danubio vi costruirono una grande casa trapezoidale, lunga 30 metri, ed alcune sepolture nelle quali furono rinvenuti alcuni magnifici bracciali in osso, incisi a losanghe di splendida fattura. Durante il I millennio a.C. alcune popolazioni capaci di fondere il bronzo e poi il ferro fecero sorgere sulla penisola che si prolungava nel lago un imponente villaggio fortificato, popolato un migliaio di abitanti.
Durante questo periodo i defunti venivano cremati e le loro ceneri deposte in una serie di vasi di argilla cotta posti nelle necropoli, detti “campi di urne” dagli archeologi. Il sito fortificato di Biskupin, nascosto fra i boschi e le paludi, fu popolato per oltre 300 generazioni e partecipò attivamente alla vita economica del territorio europeo di quel periodo: in questo luogo giungevano i mercanti che scambiavano l’ambra gialla raccolta sulle spiagge del Baltico, il sale dei Carpazi, le perle di pasta di vetro provenienti dal lontano Egitto. La scoperta dell’insediamento fortificato avvenne casualmente: nel 1935 ad opera del signor Schweitzer, maestro di scuola di Biskupin, il quale durante una passeggiata con i suoi allievi, vide alcuni pali di legno che sporgevano dall’acqua del lago. Il proprietario della penisola, da parte sua, aveva già scoperto, scavando la torba da ardere per il riscaldamento domestico, un piano di legno, dei pali, nonché diversi oggetti in argilla. Il signor Schweitzer scrisse immediatamente al Museo Preistorico di Poznan, per darne notizia agli archeologi, senza sapere che essi si stavano interessavano già molto a questa regione tanto che poco tempo dopo il professor Josef Kostrzewski durante un sopralluogo riconobbe le tracce di un insediamento appartenente alla civiltà Lusaziana, risalente alla fine dell’età del Bronzo e all’inizio dell’età del Ferro, cioè collocato cronologicamente tra il 700 a.C. e il 400 a.C.
Nel 1934, una missione archeologica organizzata dall’Università di Poznan e diretta da Josef Kostrzewski e Zdzislaw Rajewski iniziò le prime ricerche e per sei settimane gli archeologi sondano il terreno della penisola accorgendosi immediatamente di trovarsi di fronte ad un sito di eccezionale importanza dal punto di vista archeologico. Sulla base dei primi risultati degli scavi vennero successivamente organizzate molte altre missioni di scavo. In totale dal fango del sito fortificato e nei pressi di Biskupin gli archeologi estraggono più di sei milioni di reperti distribuiti su un periodo di quasi diecimila anni, ma la maggior parte di essi risale all’età del Ferro. I resti di un villaggio fortificato costruito interamente in legno, ben conservato nella torba, hanno permesso di ricostruire non solo la topografia originale del sito ma anche l’aspetto e l’organizzazione delle abitazioni. Dagli scavi emersero due strade bordate da alcune case, un pezzo di “viale circolare”, un frammento di bastione, nonché la porta sormontata da una torre.
Durante la seconda guerra mondiale e la conseguente occupazione tedesca gli scavi vennero continuati da archeologi tedeschi che facevano capo al comando militare tedesco. Purtroppo la documentazione accumulata durante quegli anni fu completamente distrutta in occasione del ritiro delle truppe tedesche dalla Polonia. Le ricerche ripresero nel 1946 e proseguono ancora. Vediamo ora di fare il punto in relazione alla collocazione cronologica e storica della città fortificata. Siamo alla fine del VI secolo a.C. Sulle rive del Mare Mediterraneo, la Grecia vede nascere una brillante civiltà. In Italia, Roma à per ora solo una piccola potenza, e nell’Europa centro--occidentale è in piena evoluzione la splendida cultura celtica di Halstatt, con le sue dimore principesche fortificate e poste in cima alle alture in modo da controllare le più importanti vie di comunicazione.
In Italia è in pieno sviluppo la cultura celtica di Golasecca ed è il periodo durante il quale secondo il resoconto di Tito Livio, Belloveso varca le Alpi con il suo imponente esercito formato dal surplus delle tribù galliche giungendo a fondare il grande nemeton di Medelhanon, nel centro dell’attuale città di Milano. Nei dintorni di Como era attivo il “grande cerchio” ovvero il sofisticato osservatorio astronomico degli Orobi Comenses. Molto lontano, nel cuore dell’attuale Polonia, stavano avvenendo invece altre vicende. Dopo secoli di migrazioni, di invasioni, di cambiamenti improvvisi, queste vicende daranno origine alla storia del popolo slavo. Il popolo che si insediò a Biskupin, probabilmente cacciato dal suo territorio d’origine, posto un poco più a nord lungo il fiume Gasawka, dalle guerre combattute tra le varie tribù locali per il predominio del territorio, cercò un nuovo luogo dove stabilirsi giungendo ad lago in mezzo ai boschi, e un’isola in mezzo al lago (attualmente a causa dell’abbassamento del livello del lago il sito fortificato è su una penisola, ma durante il I millennio a.C. il livello del lago era maggiore tanto che l’isola di Biskupin emergeva di circa 1 metro dall’acqua): non c’era ambiente naturale migliore per costruire una città fortificata.
Il territorio offriva molti vantaggi: non lontano dalle rive del lago sgorgava una sorgente d’acqua pura, indispensabile alla vita della comunità. inoltre le paludi circostanti costituirono efficaci difese naturali, e soprattutto la ricchezza delle foreste fornì tutti i materiali necessari alla costruzione della città fortificata. L’analoisi dei profili batimetrici del lago hanno mostrato che l’isola di forma ovale, misurava circa 200 metri di lunghezza e 170 metri di larghezza ed emergeva solo di 1 metro sul livello dell’acqua e la riva più vicina, sulla terraferma, si trovava a solo 120 metri di distanza. Costruendo il loro villaggio, questi uomini prepararono il loro avvenire per cui la città doveva potere durare a lungo, per loro e per i loro discendenti quindi il legname da opera venne scelto con estrema attenzione: le querce, i pini, i faggi e le betulle.L’isola di Biskupin non è grande, eppure gli abitanti della città fortificata non esitarono a destinare un terzo della sua superficie al sistema difensivo, poiché per loro la difesa era la fondamentale preoccupazione quotidiana. Il pericolo poteva giungere da ogni parte ed era rappresentato soprattutto dalle tribù nemiche insediate sul territorio circostante. Una volta assicurata la protezione dell’isola, a poco a poco sorsero le case, tutte uguali secondo uno schema modulare comune, ampie 10x10 metri, con un vestibolo largo 2 metri, e tutte costruite con una stessa tecnica, secondo uno stesso modello standardizzato: case contigue e disposte in file parallele lunghe e serrate approssimativamente disposte lungo la direzione equinoziale (la est-ovest astronomica) e coperte da un tetto di paglia.
L’ingresso di ciascuna abitazione era orientato verso sud in modo da ricevere i raggi del Sole quando esso si avvicinava al meridiano, infatti l’azimut medio di orientazione degli assi delle porte d’accesso alle case è pari a 149°.
L’orientazione degli ingressi delle singole abitazioni non fu lasciata al caso. La latitudine geografica di Biskupin è circa 52°,5 gradi quindi la massima altezza apparente del Sole, raggiunta al solstizio d’estate, era pari a 61°, agli equinozi si riduceva a 37°,5 gradi, ma al solstizio d’inverno il Sole a mezzogiorno non saliva sopra i 14° al disopra dell’orizzonte astronomico locale e allora l’intervallo tra una fila di case e la successiva avrebbe dovuto essere calcolato in modo che anche d’inverno la luce del Sole al meridiano, anche se basso sull’orizzonte, potesse giungere all’interno delle case, ma non c’era molto spazio sull’isola, e allora la distanza tra una fila e l’altra delle abitazioni fu accuratamente stabilita in modo che l’insolazione fosse ottima
nei mesi intorno al solstizio d’estate raggiungendo un buon compromesso anche al solstizio d’inverno. Le abitazioni erano a due piani con il granaio posto in quello superiore e il locale dove si svolgeva la vita di tutti i giorni era quello sottostante dotato di letti sopraelevati e i focolari posti nel settore orientale della stanza. La disposizione decentrata orientale e standardizzata
del focolare doveva rispondere a qualche criterio rituale legato probabilmente al culto solare diffuso tra gli abitanti di Biskupin durante l’età del Bronzo e tipico della cultura Lusaziana fino alla sua celtizzazione durante l’età del Ferro durante la quale sono le stelle ad essere i marcatori stagionali fondamentali. Il culto solare diffuso tra questa gente è facilmente rilevabile dal fatto che le strade che separavano ciascuna fila di case erano orientate con rilevante accuratezza verso il punto di levata del Sole al solstizio d’estate, mentre la porta d’accesso alla palizzata fortificata e la strada principale che attraversava la piazza principale del villaggio, dove si svolgeva la vita sociale, furono orientate verso il punto di tramonto del Sole al solstizio d’inverno, all’orizzonte naturale locale materializzato dal profilo del paesaggio di sfondo che si elevava di circa 3°,5 rispetto all’orizzonte astronomico locale.
Oltre al culto solare a Biskupin erano venerati alcuni animali sacri; gli archeologi hanno ritrovato numerose figurine che li rappresentano. In particolare sembra che la caccia al cervo non sia stata un semplice inseguimento di cacciagione, ma rappresenterebbe un rito in quanto il cervo era simbolicamente connesso al Sole (questo fatto è stato rilevato anche presso le tribù camune che hanno popolato la Valcamonica, in Italia, durante l’età del Bronzo e del Ferro e quindi più o meno nello stesso periodo dello sviluppo di Biskupin). La struttura sociale a Biskupin dovette essere molto democratica e stabilita all’insegna dell’assoluta eguaglianza tra gli individui ed facile ipotizzare che ad ogni fila di case corrispondesse con grande probabilità un clan. Ogni clan era, di norma, probabilmente diretto dai più potenti dei padri di famiglia i quali nominavano i capi della tribù. Per quanto riguarda il culto dei morti dobbiamo ricordare che la cultura Lusaziana appartiene al cosidetto “Urnenfeld” cioè la cultura dei Campi di Urne, la quale bruciava i suoi morti, raccoglieva le ceneri contenute in particolari vasi di terracotta e le seppelliva in tombe scavate nella nuda terra. Nel caso di Biskupin la necropoli era posta sulla terraferma ad alcuni chilometri più a nord dell’isola, presso una delle cave d’argilla. Questo rito funerario purtroppo non aiuta gli archeoastronomi a mettere in relazione il culto dei morti con eventuali astri o direzioni astronomicamente significative in quanto con la cremazione non rimane molto da misurare tantopiù che nel caso dei Campi di Urne le deposizioni risultano almeno apparentemente disposte in maniera del tutto casuale o per lo meno tanto disordinata da precludere il riconoscimento di direzioni di svilouppo preferenziali e la possibilità di correlarle con le direzioni astronomiche fondamentali locali. Le informazioni che l’archeoastronomia ci permette di ottenere nel caso della cultura Lusaziana che popolò Biskupin sono quasi esclusivamente di tipo utilitaristico, cioè siamo in grado di riconoscere una buona conoscenza del cielo e dei suoi fenomeni soprattutto quelli di tipo solare e forse lunare soprattutto finalizzata al miglioramento della vita quotidiana, ma resta completamente preclusa la comprensione delle idee che correlarono l’osservazione del cielo con il culto, la ritualità e la religione delle popolazioni protostoriche che edificarono e frequentarono il sito fortificato di Biskupin.
(Autore: Adriano Gaspani I.N.A.F. - Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Brera, Milano -adriano.gaspani@brera.inaf.it)