Gli antichi Acquedotti di Bergamo
Conferenza di Massimo Glanzer (Gruppo Speleologico Bergamasco "Le Nottole" del 25/05/2016
(report di Marisa Uberti)
Alla presenza di un folto pubblico di interessati, si è tenuta mercoledì sera alle ore 21 presso la "Sala Curò" di P.zza Cittadella a Bergamo Alta la conferenza dello speleologo Massimo Glanzer nell'ambito del "Maggio Archeologico", rassegna culturale dedicata all'Acqua e organizzata dal Civico Museo Archeologico di Bergamo, dall'Ass. ne Amici del Museo ed altri sponsor.
Massimo Glanzer in un momento della conferenza
La ricerca delle tracce degli antichi acquedotti di Città Alta a Bergamo appartiene alla branca della Speleologia Urbana, che va ad esplorare le cavità artificiali (create dall'Uomo). Tale indagine è iniziata alcun idecenni fa ed è stata svolta dal GSB "Le Nottole" su due fronti, quello delle fonti d'archivio e quello direttamente sul posto, introducendosi nei condotti ipogei, laddove possibile, per una adeguata esplorazione e successiva mappatura. Fondamentali sono i lasciti dei fontanari, cioè di coloro che erano addetti alla manutenzione degli acquedotti e delle fontane. Lasciti che scarseggiano poichè i fontanari erano gelosi della loro attività e delle loro conoscenze e tendevano a tenere nascoste molte cose, anche per evitare che intrusi potessero fare danni. Alcune relazioni d'archivio sono state di grande aiuto per l'indagine da parte del GSB, di cui fondamentale è la relazione del fontanaro Carlo Milani del 1728 che fu stilata su richiesta del Comune di Bergamo il quale, nel 1822, decise di far pagare una bolletta a chi usufruiva dell'acqua, che fino a quel momento era stato un bene pubblico. Troppi "allacciamenti" abusivi, più che altro prelevamenti, indussero il Comune a tassarla.
Sono state tante e talmente interessanti le notizie fornite dal Glanzer, che meritano di essere riassunte e divulgate anche per coloro che alla conferenza non hanno potuto partecipare. Oggi l'acqua entra nelle case dei bergamaschi attraverso tubatute in pressione, mentre un tempo ci si avvaleva di condotte, vasche di decantazione, cisterne, fontane, pozzi. Dalle Mura Venete uscivano poi canali di scarico che smaltivano le acque reflue.
L''acqua non è mai mancata in Città Alta poichè le colline su cui sorge sono sempre state ricche di sorgenti, anche se si tratta di colline di modesta altura. Non dimentichiamo, poi, che i Romani avevano le Terme, le cui tracce si sono individuate in piazza Mercato del Fieno, dove è emersa una porzione di edificio absidato del I sec. d. C. provvisto di suspensurae, mentre un'iscrizione di LUCIO CLUVIENO della tribù cremonese ANIENSE, ricorda che egli donò alla città i bagni e la canalizzazione per portarvi le acque. Ma quali acque? Da dove le attingevano? Questo è ancora un mistero. Non bastavano quelle delle sorgenti, data la mole idrica necessaria per il funzionamento di un impianto termale.
Il tracciato degli acquedotti di epoca romana, seppure poco noto, è probabilmente rimasto invariato perchè la pianta urbana della città non è cambiata. Naturalmente nei secoli sono stati svolti lavori che consentissero di portare l'acqua alle fontane, ai pozzi, alle abitazioni civili, militari e religiose.
Il relatore ha illustrato i quattro acquedotti che il GSB "Le Nottole" ha esplorato nel corso degli anni (si riportano solo quelle pertinenti a Città Alta e ai suoi Colli):
- ACQUEDOTTO DEI VASI O DI CASTAGNETA
- ACQUEDOTTO DI SUDORNO O DI SAN VIGILIO
- ACQUEDOTTO MAGISTRALE
- ACQUEDOTTO DI PRATO BAGLIONI
Ha anche ricordato che quello Magistrale è tutt'ora in fase d'indagine, perciò abbiamo ricevuto anche delle anteprime.
- L'Acquedotto dei Vasi (detto anche di Castagneta) è stato indivduato e ricostruito nel suo tracciato dopo molti mesi di lavoro sia d'archivio che lungo l'antico sentiero dei Vasi [1]. Si trova nella zona collinare a NO di Bergamo, alle pendici settentrionali del Monte Bastia. Dalla Sorgente della Noce a 435 m s.l.m. (nel bosco sopra Via Ramera) arriva fino a Porta S. Alessandro, con un tragitto di 3.800 m e una pendenza di 1,9 per mille. Lungo questo percorso all'interno delle Mura Venete, raccoglieva l'acqua delle sorgenti che incontrava. L'Acquedotto, di probabile origine romana, era già esistente nel 1200 e quindi molto prima della realizzazione delle Mura Venete (XVI secolo). In questo caso è stata preziosa la relazione del Milani (1728), che ha consentito la ricostruzione precisa del percorso del canale, che in più punti è andato perduto. Ma lungo il Sentiero dei Vasi è ancora oggi possibile rinvenire alcuni manufatti (cisterne e parti del vecchio condotto) e gli speleologi hanno potuto percorrerlo in sotterraneo per una buona parte (larghezza circa 60 cm, nel cunicolo ispezionabile 90 cm d'altezza). Era dotato di tre cisterne per regolare il flusso idrico, come riserva e per far decantare le impurità. Dopo aver attraversato Porta S. Alessandro (365 m s.l.m.), l'Acquedotto dei Vasi si univa a quello di Sudorno, all’interno del baluardo di S. Alessandro; copriva dunque un dislivello di 70 m. L'unione dei due acquedotti dava origine all'Acquedotto Magistrale. Dei condotti spesso si perdevano le tracce e si rivelavano utili delle pietre che recano incise le iniziali "A. Q." (Acquedotto), le quali aiutavano a capire dove fosse effettivamente il condotto!
A sinistra, un tratto del canale esistente sotto gli orti delle case in frazione "Gallina", lungo via Castagneta. A destra, il primo punto di ispezione, chiamato uschiolo: da qui si accede al canale ed alla vasca di decantazione, all'inizio del Sentiero dei Vasi
Al di sopra della Porta S. Alessandro si può vedere traccia della canalizzazione dell'acquedotto
- L'Acquedotto di Sudorno, detto anche di San Vigilio perchè originava dal colle omonimo della città, snodandosi lungo le pendici meridionali del monte Bastia e del monte S. Vigilio. Scendeva quindi lungo via San Sebastiano, via Torni e via Sudorno sino al baluardo di S. Alessandro, e qui si univa con l’acquedotto dei Vasi. Il percorso totale era di 2.245 m e il dislivello era di 58 m. Era costituito da un canale di piccole dimensioni ed era alimentato da due sole sorgenti: quella dell'Acqua Morta (lungo via S. Sebastiano), molto antica, già attestata in documenti del 1158 e ancora visibile, e del Gavazzolo, ora in proprietà privata, lungo l’antica via del Gavazzolo. Da questo punto in poi l'acquedotto proseguiva in salita, verso lo Scorlazzone dove si può ancora vedere l'accesso di servizio per l'ispezione (uschiolo). Questo acquedotto riforniva il convento di san Gottardo e transitava poi su un ponte (non più esistente) che collegava Via Sudorno con il baluardo di Sant'Alessandro attraverso un canale di rame, come attesta la relazione Milani del 1728.
A sinistra, Fontana dell'Acqua Morta, a destra quella del Gavazzolo, parzialmente interrata (in proprietà privata)
- L'Acquedotto Magistrale era dato, come abbiamo visto, dall'unione dei due precedenti e rappresentava il sistema di distribuzione dell'acqua all'interno della cinta veneta, rimasto in funzione fino alla fine del 1800. Su quest'opera idraulica esistono molte documentazioni presso l'Archivio Storico del Comune di Bergamo (Biblioteca Civica A. Mai o presso l’Archivio di Stato di Bergamo) sottoforma di descrizioni, note, disegni redatti dai Magistrati alle Acque, fontanari, tecnici del Comune. Da questi si apprende tra l'altro che vi erano strutture antecedenti la costruzione delle mura venete, che vennero in tal modo distrutte. Per poterlo studiare sempre meglio, gli speleologi del GBS "Le Nottole" stanno tutt'oggi chiedendo autorizzazioni a privati ed Enti per entrare nei cunicoli che si vengono a trovare in diverse proprietà private. In alcuni punti questo acquedotto era percorribile sotto i giardini di Vicolo della Ghiacciaia; molto interessante è stata l'indagine del cosiddetto "Partitore del Vescovado", cui si accede tramite un cunicolo posto sulla strada attigua al Seminario Vescovile. La Curia ha concesso gentilmente il permesso per questa ricerca e così si è potuto esplorare questo importante "partitore", l'unico che si è mantenuto dei tre che esistevano. Avevano la funzione di far derivare le acque verso canalizzazioni minori (fontana di San Michele all'Arco, il Fontanone, la fontana di Antescolis, il palazzo della MIA, il convento di Santa Grata e alcune utenze interne alla Curia stessa. Altra scoperta molto interessante è stata fatta nel sotterraneo della sacrestia di S. Maria Maggiore, per gentile concessione della MIA (Consorzio di Misericordia Maggiore). In questo piccolo ipogeo passano il canale Magistrale ed il condotto per il Fontanone.
Speleologo delle "Nottole" all'interno del "Partitore del Vescovado"
Sotterraneo della sagrestia di S. Maria Maggiore
- Acquedotto di Prato Baglioni. Per tempo si è ritenuto che fosse una derivazione dell'Acquedotto dei Vasi ma grazie al lavoro del GBS "le Nottole" si è appurato che è una struttura indipendente. Originava dall'unica sorgente nei prati sotto Colle Aperto, riforniva la zona della Boccola, della Fara, di S. Agostino alimentando le fontane di S. Agostino e di Osmano. Il canale inoltre, proseguendo all’esterno delle mura venete in via Pignolo, alimentava la fontana del Delfino. Sono risultate molto utili le relazioni del già citato Milani (1728) e dell'ing. Albani (1885)., per ricostruire il tracciato di questo acquedotto, che captava acqua anche da un'altra fonte, il sopravanzo della fontana del Vagine e della fontana della Boccola. Solo in due punti si poteva percorrere il canale, dove le dimensioni lo permettevano. Probabilmente l'acquedotto fu costruito nella seconda metà del XVI secolo, durante l'erezione delle Mura Venete.
All'interno del cunicolo di un tratto dell'acquedotto che corre dietro le case di S. Agostino
Il relatore ha poi illustrato alcune delle antiche cisterne, come quella di Piazza Mercato delle Scarpe, la seconda più capiente della città alta, con i suoi 1800 mc d'acqua. Risale al 1486 e ha le seguenti dimensioni: 22 metri in lunghezza, 7 metri in larghezza ed è alta 9 metri. Dall'Acquedotto Magistrale l'acqua arrivava in via Donizetti, passava in piccole vasche disposte in successione in modo tale che depositasse le impurità e quindi nella cisterna principale (in parte, in altra parte proseguiva verso Via Porta Dipinta). La struttura è stata ben studiata nel 1992 da questo Gruppo Speleologico.
Al centro della Cisterna è possibile vedere la tromba del pozzo che permetteva di attingere l’acqua dalla piazza, prima che fosse costruita la fontana con relativa pompa a stantuffo nel 1795, fontana rivolta verso via Porta Dipinta
La Cisterna di di Piazza Mascheroni è anch'essa molto capiente (1.400 mc di acqua) ed era alimentata originariamente (XVII secolo) dalle acque piovane e da una piccola sorgente che sgorgava sul lato occidentale della Cittadella; solo in seguito venne fatta derivare una tubatura dal'Acquedotto Magistrale per garantire maggiore portata d'acqua. Nel 1763 il prefetto Marino Cavalli fece realizzare un pozzo ottagonale perchè gli abitanti potessero attingere l'acqua.
La tromba del pozzo, situata al centro della cisterna
Il termine della conferenza è stato coronato da una serie di domande, segnale del vivo interesse suscitato negli astanti e naturalmente in noi, che qualche tempo fa avevamo potuto seguire un tour guidato proprio dalle "Nottole" per alcuni sotterranei di Bergamo, tra cui un tratto dell'Acquedotto Baglioni e la Fontana del Lantro, davvero bellissima.
Non mancheremo di andare alla ricerca delle pietre riportanti "A" o "A Q", e riconoscere, così, dove si cela parte del percorso sotterraneo degli antichi acquedotti. Qualche traccia di dove siano localizzate già l'abbiamo...
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[1] E' stato descritto, insieme ad altri, nel volume “Gli antichi acquedotti di Bergamo” (B. Signorelli e N. Basezzi, G.S.B. le Nottole) edito dal Comune di Bergamo, Assessorato all’Urbanistica, 1992. Il libro è esaurito e si trova solo nelle Biblioteche.
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