Grigioni (Graubunden), terra di frontiera
(di Enrico Pantalone)
Il Canton Grigioni (Graubunden in tedesco) è una tipica terra di confine (militarmente e storicamente parlando la si definirebbe di frontiera), un passaggio obbligatorio per raggiungere, provenendo dall’Italia, la valle del Reno ed aprirsi dunque anche alle pianure centro-orientali dell’Europa danubiana.
E’ un’antico territorio già sotto dominio romano che faceva parte della Rezia, punto strategico per la difesa dell’Impero e quindi densa di ritrovamenti archeologici, che ne testimoniano l’importanza fin dai tempi di Claudio contro le incursioni dei barbari nord-orientali.
Dal punto di vista militare, nei Grigioni non vi erano stanziate ovviamente delle legioni ma parliamo d’insediamenti di limitanei, uomini esperti e ridotti nel numero, pronti ad intervenire in attesa di rinforzi.
Sicuramente uno dei luoghi ove essi erano dislocati era certamente l’attuale capitale dei Grigioni, Coira (Curia) che nella sua conformazione urbanistica rispecchia pienamente quella di una qualsiasi altra città romana del tempo.
L’importanza di Coira è data dall’essere posta al centro di vie di comunicazione che portano alle regioni renane o a quelle danubiane oltre a quelle della penisola italica ovviamente, quindi essa era un crocevia necessario da controllare specialmente se si dovevano muovere degli eserciti.
Si diceva dei Grigioni come terra di frontiera e così, inevitabilmente, essa è anche multi-lingue: infatti per lo stato grigionese, italiano, reto-romancio e tedesco sono lingue ufficiali a tutti gli effetti.
Dal punto di vista sociale i borghi e le città dei Grigioni risentono della loro posizione territoriale che oggi è certamente invidiabile, turisticamente parlando, ma che storicamente creava tanti problemi per le comunicazioni sommarie e la mancanza di ponti adeguati, a fini commercial o militari, per attraversare corsi d’acqua e laghi molto diffusi oltre ovviamente alle impervie e maestose zone montuose.
Così lo sviluppo nei tempi antichi è stato essenzialmente costruito sulle perigliose stradine o meglio sui sentieri che attraversavano le tante montagne che in qualche modo difendevano il territorio naturalmente: l’importanza dei passi alpini era dunque molto sentita dalla gente.
Così, nell’alto medioevo la popolazione del luogo s’era di fatto abituata a poter contare solamente sulle proprie forze una volta che l’esercito romano iniziò il ritiro pressato da nuove e più distruttive forze barbariche provenienti dall’est europeo.
La diocesi di Coira fu a quell’epoca un baluardo contro le invasioni dei barbari meno progrediti, fu dotata da Teodorico, quindi si può supporre anche con l’assenso di Bisanzio, di un Dux che conducesse le forze militari della zona, ma certamente ciò non fermò minimamente gli invasori che peraltro, una volta conquistato il territorio, mantennero in vita le istituzioni e le leggi romane pur adeguandole alle loro (la Lex Romana Wisigotharum fu disegnata per le popolazioni che vivevano per l’appunto nella Rezia conquistata).
Fino alla conquista franca, la diocesi di Coira dipendeva dall’arcivescovo di Milano, ma poi si rese indipendente da quest'ultimo traendo profitto dell'avvento dei nuovi dominatori nell'Impero chiudendo così un'epoca oramai passata e finendo sotto l'arcivescovo di Magonza più in linea con il nuovo centro di potere.
Terra di frontiera si diceva più volte in precedenza e così durante tutto il medioevo, i Grigioni passarono sotto il dominio di innumerevoli grandi signori (sia laici che ecclesiastici) a seconda della posizione e la regione non appariva dal punto di vista etnico omogenea.
A nord e ad est la cultura tedesca aveva il sopravvento soprattutto perché legata alle vicende imperiali mentre nei territori meridionali la convivenza con l'etnia lombarda portava ad una cultura più tipicamente latina.
La storia dei Grigioni medievali meridionali, non contigui ma separati da gruppi montuosi imponenti, è senz'altro legata a quella del ducato di Milano ed ai suoi confini settentrionali ed a quelli occidentali, tutti sotto i Visconti milanesi che arrivavano nel dominio a comprendere anche il territorio della Val Mesoncina oltre al Canton Ticino e la Valtellina.
Possiamo anche affermare che mentre a nord e ad est le comunità grigionesi concentravano i loro sforzi per resistere al più possente nemico imperiale che non perdeva occasione per cercare conquiste in questi territori, a sud le comunità grigionesi spingevano per impossessarsi della ricca e fiorente Valtellina e da questo punto di vista s’aspettava solamente un momento di difficoltà di Milano per invaderla e conquistarla.
Il Canton Grigioni conobbe l’entrata in Confederazione solamente in tempo napoleonico, in precedenza l’unione delle Tre Leghe politico-militari formatasi (sostanzialmente suddivise in tre grandi aree territoriali abbastanza omogenee) pur riconosciuta dalla Confederazione dei cantoni svizzeri era considerata una sorta di entità solamente federata ad essa e libera quindi nelle scelte della propria politica “estera”.
Le Tre Leghe fondatrici erano la Lega Grigia che copriva la parte occidentale dell’attuale cantone e successivamente anche quella della Val Mesoncina, la Lega Caddea o Ca’ di Dio che copriva tutta la parte meridionale (rivolta così verso la Valtellina) confinante con il ducato di Milano (visconteo-sforzesco, poi francese e successivamente spagnolo) e la Lega delle Dieci Giurisdizioni comprendente i territori settentrionali e orientali.
L’unione formale si compì tra la seconda metà del q XIV secolo e la fine del XV, con l’ultima entrata della Val Mesoncina nella Lega Grigia.
Le Tre Leghe fondamentalmente rappresentavano le proprie comunità e quindi gli interessi locali ma in chiave unitaria, in altre parole la base per la perfetta riuscita dell’istituzione comune era la comprensione dei problemi generali che attanagliavano il loro territorio e la relativa risoluzione.
Nel caso vi fosse stato da combattere contro gli eserciti mandati dai grandi signori che rappresentavano l’Impero le Tre Leghe si sarebbero unite senza discussione e questa divenne la loro forza, ovviamente anche quando si trattava di azioni in chiave offensiva valeva lo stesso discorso.
Da buoni elvetici le popolazioni delll’unione delle Tre Leghe cercarono di mantenere sempre rapporti di buon vicinato tanto con l’Impero quanto con i francesi e furono firmati numerosi trattati di garanzia che riconoscevano sgravi finanziari per il passaggio degli eserciti nelle loro terre e forme di compenso per i mercanti che vendevano nelle fiere delle principali città.
Così, se a nord ed a est i problemi non risolti parevano almeno dimenticati per il momento, la volontà di sottomettere la Valtellina rimaneva sempre un punto fermo della politica “estera” ma per riuscirci i rappresentanti delle Tre Leghe dovettero denunciare i trattati di garanzia con la Francia e schierarsi apertamente con le altre truppe inviate dalla Confederazione Elvetica (di tipo mercenario) a fianco delle truppe papaline e imperiali riuscendo così a battere a Pavia nel 1512 i francesi e quindi gli alleati milanesi (sottomessi) che dovettero cedere il Ticino alla Confederazione e la Valtellina con la Val Chiavenna e la Val Poschiavo alle truppe grigionesi delle Tre Leghe.
Una volta conquistati i tanto sospirati territori i nuovi “padroni” si comportarono piuttosto bene riprendendo tutte le leggi già esistenti del ducato di Milano ed integrandolo con le loro leggi ma mai cercarono di prevaricare la popolazione valtellinese, il governatore inviato dai Grigioni aveva ordini ben precisi di mantenere un atteggiamento d’apertura e di consolidare se possibile una concordia durevole.
La paura del ritorno francese (e quindi milanese) era grande, ma una volta sconfitto Francesco I in maniera definitiva a Pavia nel 1525 con il conseguente passaggio nel 1535 dei territori milanesi agli Absburgo essa si risolse e quindi si poterono amministrare i territori valtellinesi con maggior acume considerando anche le nuove realtà religiose.
La maggioranza delle comunità delle Tre Leghe si risolse a seguire la Fede Riformata, lasciando ai territori della Val Mesoncina, della Val Poschiavo, della Val Bregaglia ed altre minori entità quella cattolica anche se rimase sempre la libertà confessionale proclamata nel 1526 dalle autorità della Dieta delle Tre Leghe.
Non dobbiamo mai dimenticarci che in un panorama dominato da Impero e Francia, da grandi monarchie e da potenti feudatari, la Repubblica delle Tre Leghe (perché tale la si deve considerare) doveva apparire certamente innovativa dal punto di vista istituzionale perché costruita su fondamenti di diritto di piena democrazia, cosa del tutto inusuale al tempo, le città su cui gravitavano i poteri istituzionali della regione erano sicuramente Coira/Chur (Lega Caddea), Davos (Lega delle Dieci Giurisdizioni) e Disentis (Lega Grigia).
Questo, se vogliamo, fu anche un punto negativo per la politica delle Tre Leghe perché certamente la dispersione territoriale era evidente e le vie d’accesso tra le valli se da un lato davano una certa sicurezza dall’altra rendevano più difficili i rapporti istituzionali comuni continui, ma anche perché la democrazia su cui si basava la repubblica rendeva ancor più problematica la riscossione dei tributi generali senza alimentare malcontento e reazioni a livello locale: le maggiori problematiche politiche e sociali successive si svilupparono proprio da questi temi.
Il grande vantaggio per le Tre Leghe rimaneva comunque il diritto di esigere il pagamento per il transito degli eserciti sul suo territorio, era economicamente fondamentale per la sopravvivenza della repubblica e su questo “vantaggio” si concentrarono tutti gli sforzi delle autorità cercando sempre accordi intelligenti che potessero evitare seri contrasti specialmente con le truppe imperiali che dal 1535 che provenivano dai domini orientali ed andavano nei loro possedimenti milanesi e viceversa.
Le tre Leghe raggiunsero però anche importanti accordi economici e alleanze con la Francia (1602) e con la Repubblica di Venezia (1603) da cui provenivano numerose merci che dovevano essere successivamente smerciate mentre si continuava a collaborare con le altre regione della confederazione elvetica in modo costruttivo ma mai in modo definitivo.
Ciò non poteva certo piacere agli spagnoli imperiali che da sempre brigavano per evitare di pagare il transito costoso nei passi retici grigionesi e col passare degli anni, facendo leva sulla confessione religiosa si diedero ad aizzare la popolazione valtellinese nei confronti delle autorità istituzionali delle Tre Leghe impedendo, di fatto, anche il piccolo traffico commerciale tra la popolazione di questa valle e le ricche città lombarde con l’esercito schierato al confine e dislocato in numerose fortezze della zona.
Nello stesso tempo anche tra tutte le popolazioni grigionesi delle Tre Leghe crebbe un periodo di incomprensioni e di rivalità economico-politiche e soprattutto di potere, faide interne alle varie località per privilegi e competenze, ricatti religiosi e schieramenti idealistici rispetto alle grandi realtà europee che finirono per distruggere il principio democratico su cui si reggeva l’istituzione regionale indebolendo decisamente la possibilità di creare una politica “estera” comune.
Così, il governatore della Valtellina non poteva essere in grado di gestire il problema con la popolazione locale, indubbiamente molto pesante e che richiedeva tanta pazienza, nel contempo all’orizzonte si stava profilando la drammatica Guerra dei Trent’Anni che avrebbe di fatto rotto ogni restante equilibrio.
I Grigioni furono coinvolti in maniera pesante nella guerra nella sua fase iniziale mentre tutti gli stati della confederazione elvetica ne rimasero in sostanza indenni, questo determinò una serie di atti bellici locali con l’Impero e considerando la mancanza di un esercito comune ciò divenne quasi letale e solamente grazie all’intervento francese s’evitò l’annientamento totale pur con la perdita dei territori valtellinesi mentre le truppe imperiali marciavano vittoriose ovunque.
Proprio nel primo periodo della guerra, si scatenò contro la popolazione grigionese riformata e le autorità rappresentanti delle Tre leghe un pogrom da parte dei maggiorenti valtellinesi in nome della confessione, ma in realtà orchestrata sapientemente da Milano e dal suo governatore spagnolo: centinaia di gente comune fu uccisa nell’atto passato alla storia come Sacro Macello, la Valtellina ritornò per breve tempo così ai suoi antichi padroni.
La pace successiva di Westfalia (1648) alla Guerra dei Trant’Anni ratificò per sempre le caratteristiche geografiche dello stato delle Tre Leghe restituendo i territori valtellinesi pur con il divieto di residenza per chi professava la Riforma ad esclusione ovviamente delle autorità.
Così, pur con qualche aggiornamento il territorio è rimasto sostanzialmente lo stesso sino al giorno d’oggi: con il nome di Grigioni e con la bandiera formata dagli stendardi delle Tre Leghe, lo stato entrò in Confederazione in tempo napoleonico nel 1799 perdendo però la Valtellina in maniera definitiva con la restituzione alla Repubblica Cisalpina voluta da Napoleone
(Autore: Enrico Pantalone. Sito web Storia e Società)
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