Io sono, Io vengo --> SATOR (HATOK) <-- Bundi o SSO di Delhi
Angelo, o Messaggero --> AREPO (AKERO) <-- Equilibrio
Dottrina, o Ordine, o Credo, o Verbo --> TENET <-- Dottrina, o Ordine, o Credo, o Verbo
Equilibrio --> OPERA (OREKA) <-- Angelo, Messaggero
Bundi, o SSO di Delhi --> ROTAS (KOTAH) <-- Io sono, Io vengo
"Per non dubitar de' lupi"
(Fabrizio Pagani e Carlo Alessandro Pisoni)
Nella vastissima bibliografia relativa al difficile rapporto che sempre intercorse tra uomo e lupo, o tra uomo e cane inselvatichito al punto da diventar pericolo pubblico, un segno maledetto che sempre marca indelebilmente il lupo è quello del terrore che accompagna le sue incursioni nei sistemi antropizzati; scontato quindi il fatto che sin dall’antico si cercasse di porre riparo ai danni che esso arrecava alle comunità, con una precisa serie di disposizioni statutarie. Sul Verbano un caso interessante, da poco riscoperto, è quello di Viggiona.
Gli statuti fine-cinquecenteschi del villaggio imponevano ai capifuoco di fornire alla comunità un membro per famiglia al fine di cacciare il lupo (e pure l’orso, nonché similes alias bestias ferinas), quando avvistato o nel caso esso avesse arrecato danni agli armenti; se poi si fosse gridato “al lupo” senza motivo, e dunque ingenerando scompiglio e terrore nel paese, l’incauto sarebbe stato multato pesantemente: «Quodque omnes vicini et habitatores dicti loci Viggionae et eius territorii teneantur et debeant et quolibet eorum debeat ire ad depellendum lupos et ursosac similes alias bestias ferinas si fuerit eis vel ei preceptum aut audiverint ad hoc campanam aut habuerint nuntium vel alio modo aliquam notitiam et hoc intelligatur de illis personis habilibus et maioribus annos quindecim usque ad annos sexaginta, et non ultra, sub pena soldorum decem pro qualibet persona et qualibet vice et consul teneatur inquirere procedere et condemnare. Et consul ille qui in estivo tempore esse reperietur teneatur et debeat perquiri facere ad rotam lupos et lupetos in toto territorio de Viggiona et in quolibet alio territorio circumvicino in montibus et in plano, et hoc fuit omni anno et possit de predictis quelibet precepta facere et exinde inquirere procedere et condemnare. Omnis et quelibet persona etiam forensis teneatur et debeat statim et quanto citius fieri poterit dare notitiam consuli et vicinis dicti loci si aliquem lupum vel lupos aut uts. viderit in d.o territorio vel circumvicino uts. et quando vidit et si expedire videbitur consuli ipsi vel vicinis teneatur talis persona ire ad illum locum confestim ubi erat quando vidit uts. Et que contrafecerit solvat soldos decem imper. Comuni ipsi de menda et idem consul teneatur inquirere procedere et condemnare. Sed si calumniose dixerit consuli vel vicinis ipsis quod vidit lupos vel uts. qut quod eant vel currant ad lupos vel lupum, aut uts. depellendum vel quod ipse non viderit aut missum vel nuntium certum de predictis non habuerit et sic quod dixerit minime verum esse repertum fuerit solvat de menda soldos triginta imper. Ipsi comuni pro qualibet vice et damna ac expensas restituat in duplo pacienti et consul teneatur inquirere et uts».
Talora non bastavano neppure le norme di “pubblica sicurezza”. Si ricercava allora la protezione divina; non radi sono cappelle e santuarietti, edicole, immagini, ed ex voto dedicati alla Madonna, protettrice degli armenti e dei pastori: i toponimi della “Madonna della Lupera”, “Madonna del Bosco” restituiscono l’eco lontana di antichi timori, e ancor più antichi miracoli o salvifici interventi divini. La superstizione da sempre accompagna l’uomo medioevale: ciò dai tempi suoi, sino a oggi, a dire che non molta è la differenza tra pellegrino dell’Anno Mille, homo sapiens del Seicento, studioso dell’Età dei Lumi, od homo sapiens sapiens technologicus…
E dunque, se oggigiorno il lupo non desta più quel terrore atavico del passato, e si temono piuttosto altri oscuri nemici, nel Seicento era cosa comune portarsi appresso un ulteriore presidio contro la minaccia: un foglietto consistente in una preghiera (non sappiamo quanto riconosciuta e tollerata dalle istituzioni ecclesiastiche), che a tutto si attaccava, pur di risultar efficace. Di qui l’ennesimo impiego del quadrato magico del “Sator”, che, conosciuto da centinaia di anni, trovava applicazione anche a favore di «ciascheduna persona che dubita de’ lupi o vero che fusse morduto da cane rabioso». Il “quadrato del Sator”, iscrizione latina composta da cinque parole che formano un palindromo (cioè leggibili in entrambi i sensi, e non solo da destra a sinistra, ma pure dall’alto al basso…), fascinoso per la propria costruzione, è tuttora irrisolto quanto a significato e senso, nonostante siano state formulate più ipotesi per la soluzione.
È difficile dare un significato letterale alla frase che se ne può costruire. AREPO non è termine latino, anche se esisteva un carro celtico chiamato arepos, latinizzato in arepus (che nel quadrato avrebbe una funzione di ablativo, che porterebbe alla traduzione il seminatore, col suo carro, tiene con cura le ruote), ma si è anche ipotizzato che il termine sia il nome proprio di un seminatore (Arepo, il seminatore, tiene con cura le ruote) e allude a pratiche agricole.
La presenza dell’iscrizione in numerose chiese medievali lo innesta però nella cultura cristiana: SATOR , il seminatore, viene quindi identificato come il Creatore (Mt 13, 3-23, Mt 13, 31-32) e qualche studioso ha proposto l’interpretazione il Creatore, l’autore di tutte le cose, mantiene con cura le proprie opere. C’è anche chi ha inteso il quadrato come una crux dissimulata, un simbolo nascosto che usavano i primi cristiani durante le persecuzioni. Un ritrovamento a Pompei lo porta ad essere collegato all’Apocalisse dell’apostolo Giovanni.
La A e la O poste ai lati della croce, sarebbero un riferimento all’alfa e l’omega dell’Apocalisse: «Io sono l’alfa e l’omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine» (Ap 22, 13). Se Pater noster si incrocia sulla lettera N (come il quadrato si incrocia sulla N di TENET), cancellando come in gioco enigmistico le lettere del quadrato magico, rimangono due A e due O che vengono poste ai lati della croce. Anche il quadrato magico contiene una croce greca dissimulata, costituita al centro dalla parola TENET (che tra l’altro è l’unico palindromo di se stesso nel quadrato). Inoltre, il carattere T era usato dai primi cristiani e non solo per indicare la croce (basti pensare ad alcune splendide miniature dei messali medievali del Te igitur, l’inizio della preghiera eucaristica I, il canone romano: «Te igitur, clementissime Pater, per Iesum Christum, Filium tuum, Dominum nostrum, supplices rogamus ac petimus», «Padre clementissimo, noi ti suplichiamo e ti chiediamo per Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore»).
Anagrammando le lettere del Sator, si possono ottenere alcune invocazioni (O Pater, ores pro aetate nostra: O Padre, prega per il nostro tempo; Ora, operare, ostenta Te, Pastor: Prega, opera e mostrati, Padre; Retro Satana, toto opere asper: Arretra Satana, crudele in tutte le tue opere).
Una spiegazione più semplice sostiene, basandosi sulle abitudini medievali, che anche l’impiego cristiano del quadrato magico avesse comunque finalità apotropaiche (come ad esempio avvenne per Abracadabra o Abraxas).
Nel caso del foglietto che qui si riproduce, la reiterata invocazione per la protezione dai lupi formulata nei confronti della Trinità, viene associata al magico quadrato del “Sator”: sospettiamo soltanto per infondere al tutto una maggior aura di mistero e sacralità, che perfino i gesti (suggeriti al malcapitato oggetto dell’attacco da parte della bestia) contribuiscono a mantenere e aumentare: «sopra una crosta di pano scriva le litere quali sono nel ditto quadro»; il tutto condito con un po’ di misteriosi e difficili termini, cavati in direttissima dal greco, dal latino, e perfino dall’ebraico: «+ Christus Vincit + Christus Regnat + Christus ab omni malo me defendat + O Theos a furore tuo me liberet + O Adonay + O Thethagramaton». Ci “avesse pigliato” o no la sequela di giaculatorie (che tanto rammentano l’«ab ore leonis libera nos Domine»), a ulteriore scanso di equivoci l’anonimo estensore della ricetta suggeriva comunque, per liberarsi dello sgradito e mordace nemico (ma – curiosamente – anche di coloro che «cascavano del male brutto»: l’epilessia, temutissima perché considerata punizione divina per presunti terribili peccati), di tirar una pietra o bastone contro il lupo: «Aiutati, che il Ciel t’aiuta»… e scappa gambe in spalla!
[Archivio Borromeo Isola Bella, Culto – Preghiere;
Archivio Borromeo Isola Bella, Comuni, Viggiona]
- Il presente articolo si pubblica per gentile concessione; esso è tratto da "Vallintrasche 2011" . Si ringrazia il Magazzeno Storico Verbanese e l'Archivio Borromeo Isola Bella per averne concesso la pubblicazione, nonchè Fabio Copiatti.
- I collegamenti ipertestuali alla nostra pagina dedicata al quadrato magico del Sator sono nostri.
- Si suggerisce la lettura del nostro prgresso articolo "Il Sator di Todi e le sue implicazioni magico-cristiane", dove la correlazione con la pratica magico-apotropaica cristiana è evidente.
Argomento: Sator Isolabella
Quadrato magico sator
Andrea | 07.10.2015
quadr. sator
de Martin Piero Prof. Dot. Parigi -Sorbona, Consulente Aggregato Bologna | 08.09.2015
perche no "arrepo" con r soppreso ? a-repo ? mi infilo .per l'opera
LUX
KETER _ STEPHANOS | 01.05.2015
Vexilla Regis Prodeunt Inferni verso di noi, ma dianzi mira.