A proposito di Alfonso X° di Castiglia
di Enrico Pantalone
Ciudad Real è una città della vecchia Castiglia molto conosciuta e molto interessante dal punto di vista artistico e della cultura grazie anche ad Alfonso X°, il famoso re di questa storica regione spagnola.
Dobbiamo senz’altro ricordare che la città di Ciudad Real per molto tempo é stata in continua lotta con 1'ordine di Calatrava che ne chiedeva l'asservimento feudale, uscendone sempre vittoriosa ed indipendente nel rispetto della Corona.
Come si diceva inizialmente la città è cresciuta grazie a questo monarca che era solito recarsi sulle colline poco distanti dal centro abitato al tramonto per cercare meglio il cielo al fine di comprenderne i movimenti,
Alfonso X° di Castiglia, è nobile figura vissuta nel 13° secolo, nato a Toledo, fu soprannominato El Sabio, il sapiente per le sue doti letterarie o 1'astronomo per quelle scientifiche, questo probabilmente stava a dimostrare la sua grande preparazione in molti campi.
Quando scrutava il cielo al tramonto non amava molto essere disturbato e anche i suoi più vicini collaboratori dovevano avvicinarsi con circospezione per evitare sfuriate anche se in genere egli era circondato da capaci scrivani che riportavano con dovizia tutti i suoi commenti e le sue intuizioni senza disturbarlo troppo.
Egli aveva una nutrita schiera di collaboratori sparsi ovunque sul territorio iberico e non faceva nessuna distinzione tra arabi, cristiani ed ebrei, lui stesso riconosceva che se uno era portato per gli studi in generale lo era per nascita e indipendentemente dalla sua provenienza etnica, ciò gli faceva onore perché gli odi religiosi in quell’epoca prevalevano indubbiamente su altri aspetti sociali.
Ciò era vero per quanto riguardava la cultura, ma la storia e la sociologia insegnano che una cosa è il rapporto con arte e scienza ed un altro è quello con la politica ed il governo: Alfonso X° da quest’ultimo punto di vista non fu diverso dagli altri monarchi castigliani che combattevano militarmente con ogni mezzo i mori per cacciarli dalla regione e utilizzava ogni mezzo ritenesse necessario per debellarli, comprese i più odiosi e sanguinari e ne abbiamo prova durante i vari assedi di città che egli sostenne nel sud della Spagna e nel territorio africano.
Egli in realtà appariva più che altro quello che oggi si chiamerebbe uno snob aristocratico oppure un radical-chic: chi tra ebrei o arabi era avanzato culturalmente veniva considerato un suo pari e come tale trattato, chi era viceversa un commerciante o svolgeva un’attività minore non considerata nella buona società dell’epoca veniva normalmente perseguitato.
In generale comunque Alfonso X° ascoltava tutti coloro che gli presentavano delle istanze a scopo scientifico o giuridico, poi si riservava di decidere quale atteggiamento tenere verso il postulante, cercava sempre nuovi talenti di cui circondarsi e presentarli come sue “scoperte”.
Uno dei migliori esempi della sua politica “accademica” furono senz’altro le Tables Alfonsies pubblicate nel 1252 per rimediare in qualche modo alle dispute sulla staticità delle tavole Tolemaiche.
In questo caso egli si servì solamente di maestri astronomi ebrei ed arabi che nel campo erano al tempo all'avanguardia con un risultato veramente notevole tanto che s’arrivò a due scoperte che sconvolsero le teorie di Tolomeo.
La prima scoperta fu una determinazione più corretta de1l'anno solare che diventò così di 365 giorni, cinque ore, quarantanove minuti e diciannove secondi e la seconda riguardava la processione degli equinozi stagionali, il che sconvolgeva il sistema agricolo del tempo con un grande impatto sociale: c’è da chiedersi se i contadini s’accorsero del cambiamento o come fu loro imposto.
Alfonso X° indubbiamente non aveva paura delle novità, ma queste dovevano rimanere ancorate alla scienza o al massimo all’arte, non dovevano in alcun modo sconvolgere il sistema politico vigente e meno ancora mettere in dubbio la corona.
Insomma, egli assomigliava ad un grande mecenate per il dispendio di risorse umane e finanziarie che lo potessero immortalare definitivamente nell’immaginario collettivo del tempo.
Alfonso X° s’occupata attivamente anche di poesia, letteratura, giurisprudenza, musica ed anche in questo caso i suoi collaboratori furono sempre di prim’ordine ed egli elargì in maniera molto magnanima parecchi denari per costruire le università di Murcia, Siviglia e Salamanca, centri del sapere aperti grazie ad un’accorta politica personale che raccolse grandi consensi ma che appare un po’ troppo costruita a posteriori, teoricamente accessibile a tutti senza limitazioni di censo o di razza: ma sappiamo bene che a pagare i corsi potevano essere certamente pochi studenti, il che ci fa ritornare al discorso che abbiamo affrontato in precedenza sulla vera natura del monarca.
Veniamo ora ad uno sguardo rispetto alla parte letteraria di Alfonxo X°, perché egli scrisse molto, era un penna molto buona e tutte le sue opere sono di elevata fattura.
Seppur non sempre egli riusciva a mettere per iscritto ciò che egli elaborava con la mente, abbiamo per contro, le Cantigas de Santa Maria che sono semplicemente splendide.
Egli per redigerle utilizzò la lingua galiziana, certamente la più elegante e la più adatta per le poesie e per la letteratura, tant’è che egli nel contempo scrisse anche diverse partizioni musicali per armonizzare ed accompagnare la lettura pubblica delle sue opere e liriche.
La storia ci parla di ascoltatori estasiasti da parole e musica, questo può essere sicuramente vero, molti altri autori letterari fecero lo stesso, non dimentichiamo Ildegarda di Bingen ad esempio, ma più indietro nel tempo fecero lo stesso Alessandro Magno, Adriano e Teoderico, i precursori in questo senso.
Le Cantigas parlano di religione pura in piccola parte, mentre per le altri parti le narrazioni sono sulla Vergine Maria, leggende tramandate di generazione in generazione oppure di grazie concesse della Madonna stessa avvenute nella realtà.
Non dobbiamo dimenticare che egli era un re cattolico, un re che aveva la missione della reconquista e quindi un’ottima opera letteraria di carattere religioso lo aiutò molto quando si trattava di battere cassa per armare gli eserciti.
Dal punto di vista giuridico egli personalmente non scrisse nulla, ma affidò il compito di compilare leggi e trattati a tre celebri giuristi di quel tempo: Jacome Ruiz, Maestro Holden e Fernando Martinez.
Alfonso X° pose delle questioni ai giuristi perché egli aveva bisogno di un compendio ordinato di leggi e commentari che potessero interpretare tutto ciò che riguardava la religione, il re, lo stato, i sudditi, la giustizia, i matrimoni, i contratti, i testamenti, i delitti e le pene.
Egli voleva un’opera unica che racchiudesse tutto questo scibile ed il risultato fu notevole, degno della grande giurisprudenza medievale italiana a cui evidentemente ci si era ispirati: Los siete Partidas, perché si decise di dividere il tomo in sette parti distinte per ogni argomento di cui s’era accennato sopra.
Secondo Alfonso X° questo codice doveva essere utile a tutti: al monarca, al letterato, al filosofo oltre che al giurista, ma anche da estendere alle regione intera, opera dunque anche sociale.
Lo sviluppo giuridico degli studi che egli commissionò di fatto metteva in primo piano
il passaggio progressivo dall'auctorictas latina augustea all’autorità medievale, in pratica dalla prassi della verità divina personale ottenuta per consenso unanime all’interpretazione creativa di tutto il sapere conosciuto dalla società civile che determinava la legittimità del potere.
Alfonso X° era anche un grande appassionato della storia e della filosofia ed insieme ai soliti grandi collaboratori stese una grande storia della Spagna titolata Cronica General partendo dalle prime dominazioni della penisola sino alla caduta del re dei Goti Rodrigo, purtroppo non riuscì ad arrivare ai suoi giorni perché morì prima e questo fu certamente un suo cruccio, in punto di morte diede disposizioni per la continuazione certo che qualcuno l’avrebbe portata a termine.
Se di grande rilevanza fu la sua vita dedicata a scienze e cultura altrettanto non si può dire per la sua vita politica e famigliare, forse proprio per questo egli passò alla storia per la sua sapienza da cui prese il soprannome.
Nel governo dello stato non tutto andò per il verso giusto, dopo la prime battaglie che egli aveva combattuto e vinto contro i mori come era di costume per un nobile re cattolico, egli aveva cercato d’acquistare la corona imperiale di Germania alla morte di Guglielmo d'Olanda, a suo giudizio gli spettava di diritto in quanto sua madre era della casa di Svevia e quindi germanica.
Egli vinse l'elezione elargendo somme enormi di denaro per l’epoca e quando vennero i messi imperiali a Burgos per cingerlo con la corona iniziarono i guai, perché i nobili castigliani non l’avevano mai veramente amato, forse perché egli aveva sempre girovagato, forse perché aveva avuto sempre con sé molti ebrei e arabi, forse perche essi non avevano mai compreso realmente la sua passione per le arti e le scienze o più probabilmente egli aveva preferito profondere denaro più che per feste o sfilate inutili in necessarie università ed in osservatori per scrutare il cielo. `
Cosi i nobili castigliani imposero ad Alfonso X° di rinunciare alla corona imperiale ed egli accettò la decisione pensando così di accattivarsi le loro simpatie, ma questo non successe e il re finì per essere accusato anche arbitrarietà dalla stessa nobiltà, proprio lui che aveva fatto stendere, come abbiamo visto, codici importanti per dipanare le diatribe tra re, stato e sudditi.
Ad ogni modo egli era un “debole” e come tutti i deboli con potere, lo esercitava a suo uso e consumo, spesso in maniera irritante e superficiale, non aveva nel sangue la decisione di altri grandi monarchi dell’epoca, non era cattivo ma non concluse sostanzialmente nulla dal punto di vista politico e sociale.
Purtroppo per il re non fu solamente la nobiltà a mancargli di rispetto perché in fondo questo era sostanzialmente un problema giuridico, di funzioni del sovrano o della corte, il peggio doveva giungergli dalla sua famiglia e dai suoi figli, Ferdinando, l’erede al trono e Sancho, il cadetto.
Ferdinando e Sancho non andarono mai d'accordo, Alfonso X° amava entrambi e cercava in qualsiasi modo di pacificarli durante le sempre più numerose liti, il più pesante era il secondogenito che non aveva mai digerito questa realtà e voleva il potere.
Ferdinando avrebbe seguito senz’altro le linee seguite dal padre pur non avendo la sua preparazione, ma egli morì in battaglia prima del padre andando a complicare tutta la situazione dinastica.
Infatti Sancho non accettò nella maniera più assoluta che il figlio del primogenito diventasse l’erede al trono e riuscì a farlo detronizzare mettendosi di fatto in accordo con il padre Alfonso X° che abbandonò il nipote credendo di rimanere in accordo con il figlio, ma questo non avvenne perché Sancho voleva il suo trono.
In un drammatica seduta alle Cortes di Valladolid, Sancho riuscì a deporre il padre grazie ad una maggioranza di nobili a lui asserviti, ma ottenne solamente la scomunica del Papa Martino IV e fu diseredato dal padre perdendo così ogni speranza di succedergli.
Di li a poco il vecchio re non resse a tutto questo e morì lasciando una situazione molto instabile nel suo regno.
Alfonso X° fu un re strano per il suo tempo e per la Spagna, allora terra di frontiera, dove la spada contava più ogni altra cosa, ma i semi culturali che egli aveva fatto gettare attraverso l’impegno d’ingenti risorse finanziarie stavano germogliando e andavano risvegliando la regione iberica che iniziava così ad uscire dal proprio provincialismo estremo occidentale per entrare direttamente nelle lotte politiche centro-europee e diventare potenza sotto ogni aspetto della vita sociale.